La nostra intervista a Michele Giannone, cofounder della software house romana Invader Studios. Nel prequel la storia di Dalila Reyes alle prese con il paranormale nell’Area 51
«Abbiamo già un’idea di come finirà , con il terzo capitolo. Ci piace pensare al prodotto come al nostro punto di vista sulla tecnologia e sul modo in cui l’uomo la utilizza per il controllo delle persone. Abbiamo dato libero sfogo all’immaginazione». Michele Giannone, cofouder di Invader Studios, ci ha raccontato dell’ultima fatica della software house romana. Daymare 1994 Sandcastle è il seguito di Daymare 1998, survival horror che nella scelta di quella prima annata voleva indirettamente omaggiare due IP come Resident Evid 2 e Metal Gear Solid, usciti proprio due anni prima della fine del millennio. Con questa nuova avventura, il gamer entra in un ambiente dalle aspettative parecchio alte. Cosa potrà mai succedere di ordinario nella famigerata Area 51?
Daymare 1994 Sandcastle è il prequel di 1998, ambientato va da sè quattro anni prima dei fatti vissuti nel primo titolo. La protagonista si chiama Dalila Reyes, attiva nell’unità H.A.D.E.S e non propriamente una recluta. La incontriamo nei primi istanti di gioco, in cui veniamo informati della missione delicata di estrazione in una sezione dell’Area 51. Se il videogioco che ha inaugurato la trilogia aveva più di un difetto, dovuto anche al budget ridotto, il secondo episodio mostra fin da subito le migliorie tecniche apportate dalla software house.
«All’inizio eravamo in cinque al lavoro su un gioco ambizioso. Oggi siamo in 15 e ci siamo spinti a 20 prima della pubblicazione di Daymare 1994 Sandcastle», ci spiega Giannone, il quale ha rivendicato un progetto videoludico con un’asticella della qualità fissata molto in alto. «Non si possono fare ovviamente i paragoni con titoli tripla A. E neppure con quelli doppia A in termini di budget». Invader Studios ha peraltro scelto di proporsi in un genere, quello dei survival horror, in cui competitor come Capcom (Resident Evil) spesso divorano la concorrenza.
La storia di Daymare 1994 Sandcastle è ovviamente collegata ai fatti del primo capitolo. Con doppiaggio in inglese e sottotitoli in italiano, il gamer affronta l’avventura in ambientazioni tecnicamente efficaci, nel senso che i lunghi corridoio al buio e gli spazi stretti sono quello che senz’altro occorre per tenere alta la tensione. Come survival horror non infila però jump scare continui e inserisce spesso fasi di esplorazione e risoluzione di enigmi per proseguire lungo il percorso.
Senz’altro i modelli poligonali sono migliorati rispetto al capitolo Daymare 1998. Pure le espressioni facciali mostrano un lavoro più curato. «Sapevamo che i limiti erano dovuti al budget e al numero di persone che hanno lavorato al primo capitolo. Conoscevamo bene i problemi tecnici evidenziati da pubblico e critica. Così per quest’ultimo titolo siamo partiti dalle animazioni facciali e dalle cut-scene».
La storia in sè è ben sceneggiata e gli amanti del genere horror con tocchi di paranormale troveranno situazioni da panico. Senza ovviamente fare spoiler le creature da sconfiggere sono animate, potenziate e resuscitate da una misteriosa carica elettromagnetica. «La nostra Area 51 non è una base superficiale nel deserto, ma una città sotterranea. E questo ci ha permesso di dar libero sfogo alle ambientazioni».
La versione PC che abbiamo provato sembra essere la più efficace per quanto riguarda il combat system, elemento invece giudicato carente in console per una questione di lentezza della protagonista e di difficoltà di gestione dei movimenti tramite pad. La software house ha scelto di inserire animazioni scriptate quando un nemico si scaglia contro Dalila. A quel punto scatta un QTE per liberarsi dalla loro presa assassina. Su questo aspetto ci si potrebbe senz’altro attendere una maggiore fluidità nel terzo e ultimo capitolo della saga.
In ultima analisi Daymare 1994 Sandcastle è un prodotto che ha fatto indiscutibili passi avanti rispetto al primo titolo della trilogia. Il team allargato ha giocato un ruolo decisivo perché ha generato un’esperienza più matura e convincente, segno di un percorso di crescita fondamentale in un mercato così competitivo.