Alcune lo tutelano, altre lo valorizzano
Oggi, lunedì 11 aprile, è la Giornata Nazionale del mare. L’occasione, lato innovazione, è preziosa per passare in rassegna le startup e capire quali sono le tecnologie, i prodotti e le mission che le singole aziende sposano per proteggere un ecosistema fondamentale. Non c’è transizione ecologica senza mari e oceani. Purtroppo sappiamo quanto nei decenni l’uomo e l’inciviltà diffusa li abbiano fatti ammalare, con tonnellate di rifiuti e isole di plastica che galleggiano. Ancora prima dei Fridays for Future, tante startup hanno raccolto l’impegno per cambiare le cose, un passo alla volta. Noi che raccontiamo l’innovazione ogni giorno vogliamo celebrare questa giornata presentandovi quattro delle tante startup che con il mare lavorano.
zeroCO2
Partiamo dalla più insolita delle quattro startup del mare che abbiamo selezionato. Di recente zeroCO2, startup guidata da Andrea Pesce, ci ha raccontato il suo ultimo progetto: piantare posidonie sott’acqua a Golfo Aranci, in Sardegna. L’azienda è impegnata da anni in un business model che guarda prima di tutto alle piante: chiunque può acquistarne una e adottarla per farla crescere in giro per il mondo. L’iniziativa sarda vuole dunque lanciare un messaggio e una provocazione: è senz’altro impensabile il progetto di piantare sott’acqua per restituire ossigeno all’ambiente. Motivo in più per renderci conto del fatto che siamo arrivati a un punto critico. La crisi climatica richiede azioni tempestive e strategiche.
Ocean Grazer
Il mare può essere, come anticipato, un alleato fondamentale per la transizione ecologica. O, addirittura, un magazzino dove stoccare energia. Ci sta provando la startup olandese Ocean Grazer, che ha partecipato all’ultimo CES di Las Vegas. Qual è la sua idea? Si tratta di una batteria che, installata in fondo al mare, sarebbe in grado di immagazzinare energia da distribuire poi nei parchi eolici offshore dove, in caso di bonaccia, le pale non smetterebbero di funzionare. Grazie a questo sistema l’energia da fonti rinnovabili non dipenderebbe più soltanto dal meteo, potendosi invece affidare anche alla tecnologia per una produzione continua. Nel video che pubblichiamo qui sotto ci si può rendere conto del meccanismo.
Ogyre
Torniamo ora in Italia. Lo scorso anno abbiamo intervistato il CEO di Ogyre, Antonio Augeri, che ci ha presentato il modello della sua startup. «La plastica negli oceani è uno dei più grandi problemi ambientali dei nostri tempi, basti pensare che ogni anno finiscono in mare 11 milioni di tonnellate di plastica, che mettono a rischio la vita di 1,4 milioni di specie». Così l’azienda ha puntato sul cosiddetto fishing for litter: grazie all’aiuto dei pescatori – regolarmente pagati e sollevati dagli oneri di conferimento dei rifiuti causati da un buco normativo – l’azienda recupera l’immondizia che galleggia; a quel punto, una volta a riva, il materiale viene affidato ad alcune ONG, stoccato, riciclato e trasformato in qualcosa di nuovo. Anche il mare ha così spazio per contribuire all’economia circolare.
Ittinsect
Mare significa pesci. La startup Ittinsect, che vi abbiamo raccontato in questo pezzo intervista, è nata durante un viaggio in catamarano. «Mentre navigavamo – ci ha spiegato il founder Alessandro Romano – notavamo una quantità spropositata di pescherecci che montavano grandi reti a strascico utilizzate soprattutto per catturare pesce azzurro. Mi sono chiesto chi mangiasse tutto questo pesce. Ho scoperto che la maggior parte delle sardine pescate ogni giorno diventa farina e olio di pesce, destinati soprattutto al mercato dell’itticoltura come mangime per gli allevamenti di pesce». Per contrastare questo problema – la sovrapesca – l’azienda ha sviluppato mangimi specializzati ad alta efficienza biologica a base di insetti e sottoprodotti agricoli.