Un report fa il punto sui due settori. Che in Italia vedono tante startup in prima linea sul food da una parte e sul turismo dall’altra. Ma quelle capaci di coniugare entrambe le cose sono troppo poche…
L’Italia è bella e si mangia pure bene. Non c’è quindi culla migliore di questa per le startup che si occupano di cibo e turismo, un legame che potrebbe essere sempre più stretto e vincente. Di imprese innovative che lavorano in questi due settori infatti ce ne sono tante, ma ancora troppo poche sono quelle che focalizzano la loro attività su entrambi contemporaneamente.
In 5 anni nessuna startup nel turismo enograstronomico
È ancora troppo bassa l’incidenza di startup innovative attive sulla valorizzazione del turismo enogastronomico, ovvero su quello che viene considerato il primo spazio di intersezione fra i due pilastri “Food” e “Tourism”. A mettere in luce questi risultati è stato l’osservatorio DBJ-Watch, dedicato appunto a cibo e turismo dallo studio legale De Berti Jacchia che vuole farne “una vera e propria “casa” per chiunque stia lavorando alla costruzione d’innovazione in due settori chiave della nostra economia e due tratti chiave della nostra identità: il buon cibo e l’accoglienza”, ha dichiarato il partner dello studio Massimiliano Gazzo. Eppure, i dati parlano chiaro, nonostante il turismo enogastronomico abbia infatti generato, a livello nazionale, oltre il 5% dei flussi turistici, negli ultimi 5 anni nessuna startup innovativa sembra realmente intenzionata a presidiare esplicitamente questo comparto.
Clima dinamico e focus sulla sharing economy
I risultati dell’analisi fotografano però un ecosistema piuttosto dinamico. Sono 31 le startup censite nella categoria “Food” e 21 nella categoria “Tourism”, con un’alta percentuale di servizi orientati alla vendita (33%) e al digital publishing (25%) “relativi ossia alle eccellenze alimentari e ricettive del nostro paese”, ha spiegato Fabio Fraticelli, il ricercatore dell’Univesità Politecnica delle Marche che ha coordinato l’osservatorio DBJWatch e presentato i risultati della ricerca “Food & Turismo: Tempo di innovare”, realizzata insieme a Chiara Corbo, ricercatrice presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore. Molto più ridotta, invece, si è rivelata la presenza di imprese orientate allo sviluppo di soluzioni dedicate agli operatori del settore e finalizzate ad ottimizzarne i processi produttivi (5% del totale). All’interno di questo quadro “strutturale” però emergono due dinamiche molto interessanti, entrambe legate al più ampio filone della sharing economy. Da un lato, infatti per la categoria “Food”, si analizzano le startup innovative dedicate ad offrire prodotti o servizi finalizzati a favorire il fenomeno del social-eating” – prosegue Fraticelli – Dall’altro lato, per la categoria “Tourism”, si esplorano le principali esperienze relative al peer-to-peer travel guiding, ovvero l’esplorazione di mete turistiche fatta da utenti locali in favore di turisti”.
Milano batte tutti, ma Napoli non scherza
La maggior parte delle startup prese in esame dal rapporto (56%) è localizzata nel nord Italia, mentre una su tre si trova al sud o nelle isole. Come per la media della distribuzione nazionale, Milano si conferma la capitale italiana anche delle startup che operano nei comparti Food e Turismo: 11 aziende su 31 si trovano infatti nella città meneghina. Al sud, Napoli è il maggior polo di attrazione delle startup (5 imprese), seguito da Salerno e Bari (4 imprese in totale).
“Gemmazione da filiera” e mancanza di incubatori
In molti casi, il rapporto definisce la nascita di una startup come un fenomeno di “gemmazione da filiera”. Ciò significa che laddove l’industria di produzione e trasformazione del cibo è più strutturata, ovvero nei luoghi in cui c’è una tradizione ricettiva più forte, si sviluppano anche nuove imprese orientate all’offerta di prodotti e servizi innovativi. Oltre che a tradizionali fattori socioeconomici, questa distribuzione geografica risulta strettamente correlata alla presenza di incubatori o acceleratori di impresa capaci di catalizzare le diverse iniziative che sorgono sul territorio. Sotto questo punto di vista, è interessante notare l’assenza di operatori specializzati nell’incubazione di startup operanti nei settori Food e Turismo.
Food su distribuzione, tourism su prenotazione
Il 57% delle startup che lavorano sul cibo sviluppa servizi orientati a favorire il collegamento fra domanda e offerta esistenti nella porzione finale (distribuzione e somministrazione) della filiera alimentare, mentre una ridotta percentuale si focalizza sugli aspetti di produzione e trasformazione degli alimenti. Gli ambiti di lavoro sono tre: e-commerce, delivering e prenotazione tavoli. La vendita di prodotti alimentari viene effettuata generalmente su marketplace multibrand anziché su e-commerce monomarca. In questi casi, l’innovazione principale proposta dalle nuove imprese consiste nella selezione di eccellenze enogastronomiche organizzate all’interno di negozi virtuali “tematici” (es. prodotti biologici). Nel settore del turismo c’è meno differenziazione. L’offerta di servizi si concentra infatti su un numero di categorie molto inferiore rispetto al comparto Food. Il 90% delle startup eroga infatti servizi di prenotazione delle strutture (booking) o di pianificazione (discovering) delle attività svolte direttamente sul luogo.