La software house indipendente Caligari Games fa riflettere sul mondo sovietico. Tra ospedali psichiatrici e crisi sociale
Gli sviluppatori della software house indipendente Caligari Games, fondata a Mosca nel 2018, hanno realizzato The Great Perhaps, un titolo che sfrutta una trama, tutto sommato, già vista in console, ma che arricchisce il gameplay con immagini e storie al limite della critica politica nei confronti dell’Unione Sovietica, un regime dittatoriale che non aveva alcuna cura degli ultimi e degli esclusi. Kosmos è l’astronauta che assiste alla distruzione della Terra: il cataclisma non sembra aver lasciato supertiti. Così, aiutato da L9, l’intelligenza artificiale assistente del giocatore, rientra dallo spazio per iniziare un viaggio in un mondo post-apocalittico, alla ricerca dell’unica altra forma di vita sopravvissuta alla tragedia. Soltanto grazie a una misteriosa lanterna può far luce sul proprio percorso.
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The Great Perhaps: la lanterna è il cuore
Dopo i primi passi in un paesaggio distrutto e desolato, Kosmos si impossessa di una potentissima lanterna in grado di teletrasportarlo nel passato, in un ambiente più luminoso, pieno di gente: è l’Unione Sovietica che ostentava la cura e l’interesse per il benessere del popolo, nascondendo sotto il tappeto tutti i suoi gravi problemi sociali. Il cuore del gameplay di The Great Perhaps sta nel sapiente utilizzo della magica luce: attivandola si può o vedere uno scorcio del passato, rimanendo sempre nel presente apocalittico, oppure avere a disposizione un tempo limitato per vivere pochi secondi da cittadino sovietico – sempre vestito da astronauta – ed esplorare il mondo e la quotidianità sotto la dittatura.
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L’impostazione grafica di The Great Perhaps è fedele alle scelte videoludiche della casa di sviluppo russa: il gioco bidimensionale è a scorrimento orizzontale e tutti i disegni sono stati realizzati a mano, curando dettagli storici non da poco (la software house non si è risparmiata nel maltrattare i palazzi e i simboli sovietici devastati dal cataclisma). Come vi abbiamo già accennato, la storia procede in un delicato equilibrio tra passato e presente: tutto sta in come si utilizza la lanterna, facendo bene attenzione a schivare ostacoli e pericoli in entrambe le dimensioni temporali.
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Le armi: astuzia e tempismo
Un esempio pratico può essere d’aiuto: tra i primi ostacoli che Kosmos deve superare c’è la metropolitana. L’ultimo (?) sopravvissuto sulla Terra potrebbe tranquillamente percorrere il tunnel, se non fosse che l’esplosione ha fatto crollare il soffitto: a quel punto deve attivare la lanterna per teletrasportarsi nel passato, quando però i convogli sfrecciavano. Se non si sta dunque attenti a rientrare nella dimensione sicura, l’astronauta rischia di venire investito. Questa è sostanzialmente l’impostazione del gioco: burroni, mostri (topi e insetti giganti, per citarne alcuni) e inservienti assassini dentro un manicomio mettono a dura prova il cammino di Kosmos, che deve di fatto capire qual è il suo tempo giusto.
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L’altro elemento distintivo di The Great Perhaps sta nella risoluzione di alcuni enigmi: puzzle da comporre come quadri elettrici per far funzionare determinati meccanismi. In più c’è il capitolo “oggetti da raccogliere” – sia nel presente, sia nel futuro – necessari per sbloccare porte e accessi. Capita così che per farsi gonfiare un palloncino da un clown depresso dovrete prima offrirgli una bottiglia di alcol, da recuperare nel presente apocalittico, per permettergli di evadere da un’esistenza triste e senza più speranza. L’altra difficoltà del gioco (snervante, a volte) sta nel trovare oggetti e punti luminosi – come le serrature – per passare da un ambiente all’altro.
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Su Metacritic il titolo di Caligari Games si è guadagnato un 7 dagli utenti, voto di tutto rispetto se si considera che la software house di Mosca è soltanto alle prime esperienze e si fa strada in un settore spietato se non si hanno budget adeguati. Per quanto breve, l’esperienza ci ha restituito un prodotto ben fatto in termini di grafica. L’altro merito della softare house sta infine nella critica sottile e tagliente mossa contro al mondo sovietico. Cosa non da poco per una startup che ha sede a Mosca…