Come sono stati i dodici mesi appena trascorsi per il settore dei viaggi? E perché siamo animati dal Revenge Travel? Parte la nuova rubrica “Around Tech World” di Celia Guimaraes, una delle firme sul digitale più note in Italia. La sua intervista al tecno-specialista Simone Puorto
Avete visitato una qualsiasi meta turistica nel 2023? Siete riusciti ad avvicinarvi ai principali punti d’interesse? Quasi impossibile, da noi, in città come Roma Venezia o Firenze. Ma è andata così anche all’estero, racconta il tecno-specialista in Travel e Hospitality Simone Puorto. «Lavoro con clienti del settore in tutto il mondo e il 2023 è stato sicuramente un anno record per tutti noi, in tutti i mercati, nessuno escluso». Città d’arte o piccoli centri, stesso sold-out. «Parigi ha fatto un più 40%, ma anche hotel in Thailandia erano nell’ordine del più 20, 25%, numeri enormi, una crescita che non è naturale. Il primo motivo di questo trend anomalo è quello che io chiamo Revenge Travel, l’entusiasmo cioè di chi magari non ha viaggiato per due anni di fila a causa della pandemia e voleva una rivincita».
Hotel AI
L’altra faccia della medaglia e fattore rilevante del 2023, in questo caso per gli albergatori, è stata la loro richiesta di avvicinarsi all’intelligenza artificiale generativa. «Nel 2023 ho partecipato a circa 110 eventi. E l’argomento è stato sempre lo stesso. Tutti mi hanno chiesto sempre di parlare di intelligenza artificiale, magari con declinazioni diverse, ma comunque il 90% degli eventi ai quali ho partecipato avevano come topic principale l’AI».
Quello che ha potuto osservare Simone Puorto nel Travel è senso comune ormai in gran parte delle iniziative del 2023. Che si tratti di terzo settore, per esempio sul volontariato nelle carceri, o le startup che ricercano nuovi materiali biotech, l’intelligenza artificiale è la reginetta del ballo di ogni conferenza. «Non solo il mio speech o il mio intervento ai corsi era centrato sulle AI ma anche il contesto generale era comunque legato all’intelligenza artificiale generativa». Moda passeggera o reale necessità? Siamo un passo avanti perché la decliniamo come generativa, ma sappiamo di cosa parliamo? Non sempre, a quanto pare. «Eppure immagina imprenditori o comunque enti che avevano bisogno di aggiornamento e che non lavorano nel campo delle AI necessariamente. Hanno cominciato ad avere la percezione che qualcosa stesse cambiando dopo il rilascio di ChatGPT al pubblico». Una percezione, in un settore che dalla pandemia in qua ha dovuto affrontare molte sfide, adesso è sentita ovunque.
Serendipity tecnologica
L’intuizione di Simone a riguardo viene da lontano. Con Hotel Distribution 2050 – (Pre)visioni sul futuro di hotel marketing e distribuzione alberghiera, proponeva, in tempi non sospetti, un manuale per navigare verso l’industria turistica post-umana, mettendo in luce come l’intelligenza artificiale e l’automatizzazione possano assumere ruoli operativi, consentendo agli albergatori di concentrarsi sull’essenza della loro professione, vale a dire la cura degli ospiti. «Io quest’anno ho fatto 50.000 km con gli eventi in Norvegia, UK, Germania, Slovenia e ti posso assicurare che la competenza di base su IA è comunque molto bassa e credo anche molto polarizzante, proprio per il fatto che l’intelligenza artificiale di per sé è un argomento emotivamente carico per alcune persone, già preoccupate per l’automazione e le perdite di posti di lavoro, eccetera».
Quando parliamo di Hospitality e Travel di solito pensiamo ad un settore vecchio e tecnologicamente arretrato, ma in verità è proprio all’opposto, e non da oggi. «Un albergo per funzionare ha bisogno di venti o trenta software, spiega Simone, e questo già trent’anni fa. Se tu domani volessi aprire una piccola attività, un bed and breakfast da dieci camere, avresti comunque bisogno di almeno cinque o sei software di base. Quindi la necessità di tecnologia è intrinseca per noi e molto più alta rispetto ad altri settori.» Questo è anche il dilemma: trovarsi con sistemi sviluppati negli anni ‘80/‘90, pre-internet addirittura. Significa lentezza per mettersi in pari con tecnologie che in verità ci sono già. «L’altro aspetto, più centrale è che siamo stati il settore più colpito da lavoratori che non vogliono rientrare nel settore» dopo le batoste dei lockdown e la diserzione dei turisti. «Il 70% di chi è uscito dal mondo dell’Hospitality o del Travel in generale, si è reso conto che effettivamente ci sono dei lavori meno stressanti, meglio pagati, meno demanding da un punto di vista anche fisico. Quindi noi oggi abbiamo grandissime difficoltà non solo a mantenere il personale ma proprio a trovarlo. Io ho clienti che si sono trovati a metà stagione con lo chef che se ne va e l’impossibilità di rimpiazzarlo».
In modo del tutto inatteso, si è creata una tecno accettazione quasi filosofica del fatto che, mentre prima l’automazione veniva vista come l’antitesi del rapporto umano, oggi è diventata una necessità. «Quindi, negli anni 80 avevamo la necessità di integrare tecnologia non perché tecno entusiasti, ma semplicemente perché non potevamo fare altrimenti. Oggi stiamo accettando l’Automation, la robotica». In sintesi, se da una parte c’è tecnologia di base, necessaria per far funzionare le infrastrutture, dall’altra, automatizzare ottimizza le funzioni più proprie del personale. La Serendipity della pandemia.
Più dell’AI può il Web 3
Scrittore e podcaster prolifico, Simone ha anche fondato Travel Singularity per studiare l’intersezione tra la tecnologia e l’industria del travel, con una particolare enfasi sulle implicazioni del Web3 e della decentralizzazione nell’Hospitality. Ed è proprio la decentralizzazione, dice, la chiave di volta del settore. «Io infatti dico sempre parliamo di AI, di Metaverso o di Blockchain. Ma in verità la conversazione più alta è sul Web 3. Perché tutte queste tecnologie convergono verso il concetto fondamentale della decentralizzazione. Quindi qual è il problema della rete? Faccio un esempio semplice: il problema delle recensioni fasulla. Sia su Amazon che su Google, cito a caso, la recensione è approvata da Amazon o da Google, su un server centrale, centralizzato».
In Token We Trust
Secondo questa logica, «se provi a far rimuovere una recensione falsa – non del cliente che si lamenta del telefono rotto – ma del cliente che si lamenta perché ha dormito in hotel dove è stato rapito da un alieno», non ci si riesce. L’idea è quella di un token, un certificato decentralizzato. «Non più sul server di Amazon o di Google o altro ma su tutti i nostri computer sulla blockchain e grazie a questo certificato io posso scrivere una recensione. Significa che chi mi rilascia il certificato avrà la sicurezza che se io scrivo una recensione ho usufruito di quel bene o di quel servizio e in più il controllo viene fatto a livello crittografico». Rimpiazzare la fiducia con la verità, questo è l’obiettivo.