La startup accelerata nel programma Prisma, trasforma gli scarti di tessuto in coperte salvavita per le persone senzatetto e per animali abbandonati. Intervista al Ceo, Luca Freschi
È possibile coniugare servizi ad alto valore sociale con il business? Il terzo settore può mantenere intatta la sua vocazione, uscendo dal perimetro della filantropia? Certamente sì, e Fody ne è la prova svolgendo diverse attività tra economia circolare, inclusione sociale e impronta ecologica. Fody valorizza gratuitamente gli scarti tessili, campionari e rimanenze, trasformandoli in coperte salvavita che distribuisce in cinque Paesi, con l’obiettivo di donare 1 milione di coperte entro il 2030, impiegando oltre mille persone con disabilità e riciclando oltre mille tonnellate di scarti tessili. I materiali non adatti a diventare una coperta salvavita vengono trasformati in prodotti sostenibili che finanziano laboratori inclusivi per persone svantaggiate. Impiegando risorse non considerate di valore, Fody ottimizza la redditività degli investimenti CSR triplicandone l’impatto positivo su persone e ambiente. Un metodo innovativo a disposizione delle aziende produttrici per smaltire gli scarti tessili, trasformandoli in nuovi prodotti sostenibili. Abbiamo intervistato Luca Freschi, Ceo di Fody, che racconta come sia possibile donare, innovare, impegnarsi socialmente e al tempo stesso fare business in modo onesto e trasparente.
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Freschi, qual è l’elemento distintivo di Fody?
Fody non rincorre le tendenze del mercato mainstream, preferiamo concentrarci sulle risorse sottovalutate. Non cerchiamo prodotti che vanno di moda, non selezioniamo persone dotate di competenze tecniche specifiche. La nostra materia prima sono gli scarti tessili, ritenuti di poca importanza. Progettiamo nuovi materiali utilizzando avanzi e rimanenze, creando percorsi di inclusione sociale e inserimento lavorativo per persone che altrimenti sarebbero escluse dal mondo del lavoro.
Qual è il vostro modello di business?
Vogliamo essere degli apripista, dimostrando che il terzo settore può uscire dall’ambito della filantropia. L’economia sociale può essere sostenibile, noi siamo imprenditori impegnati nel terzo settore ed è possibile coniugare delle attività ad alto valore sociale, con un business trasparente producendo utili e occupazione. Fody si posiziona sul mercato per integrarsi con altre realtà, non per competere. Non ci sono competitors ma benchmark ai quali ispirarsi. Nell’economia circolare esistono già realtà affermate con le quali possiamo collaborare ed avviare delle partnership, considerando le nostre peculiarità. Cerchiamo di attingere il meglio da tutti.
Luca Freschi, Ceo di Fody
Una startup impegnata nell’economia circolare, nell’inclusione sociale ma anche nella formazione…
La nostra startup vuole essere uno strumento di inclusione sociale e lavorativa anche per persone ai margini, con differenti tipi di disabilità. Nei nostri laboratori pianifichiamo dei percorsi di formazione e assistenza assimilando le competenze necessarie per entrare nel mercato del lavoro. Percorsi di formazione assistita, intervenendo anche per ridurre la differenza tra ciò che un’azienda richiede e quello che invece un lavoratore è effettivamente in grado di offrire. Cerchiamo di colmare questa distanza, facilitando l’inserimento, ma anche il reinserimento nel mondo del lavoro di persone che ne erano state espulse. Offriamo alle ETS nazionali, laboratori collettivi, tirocini professionalizzanti ed inserimenti lavorativi.
Il fattore umano al centro, ma quanto incide la tecnologia nel vostro lavoro?
Nei prossimi anni la tecnologia assumerà un ruolo molto importante per Fody: tracceremo i materiali di scarto in arrivo, li selezioneremo e li classificheremo collegandoci direttamente con le aziende produttrici. Inoltre, faremo un grande passo avanti verso la trasparenza del ciclo di vita dei nostri prodotti, realizzando il passaporto digitale. In tal senso stiamo collaborando con la startup Apuana SB, che opera nell’ambito della digitalizzazione sostenibile del manifatturiero made in Italy, per realizzare una certificazione blockchain a basso impatto energetico. La linea di prodotti realizzati con i tessuti Faliero Sarti è la prima dotata di passaporto digitale. Un pacchetto di informazioni sul prodotto, la storia dei materiali, le componenti e le indicazioni sul lavaggio e sullo smaltimento archiviato, tutto sulla blockchain sempre disponibile all’acquirente.
Cosa ha rappresentato il programma Prima?
Il programma Prisma ha rappresentato un’opportunità molto importante, consentendoci di entrare in contatto con alcune importanti aziende sul territorio. Inoltre, siamo entrati nell’ecosistema di Nana Bianca e StartupItalia e abbiamo accesso alle case delle tecnologie emergenti, conoscendo altre startup con le quali si possono attivare alcune sinergie e collaborazioni. Un’occasione di crescita e networking.
Si è poi aggiunto il premio Luce…
Sono stato sorpreso nello scoprire di essere tra le finaliste e poi la vincitrice, ma sono davvero molto felice; significa molto per noi. Ogni requisito richiesto rispettava perfettamente i valori alla base del nostro lavoro. Ci siamo presentati con molta curiosità anche per misurarci con altre grosse startup impegnate nel nostro settore, e abbiamo confermato il nostro valore.
Con un obiettivo importante: un milione di coperte distribuite ai bisognos
La nostra azienda si basa su tre pillar: ecologia, inclusione sociale e sostegno ai più deboli contribuendo a salvaguardare i diritti umani. Riferendoci al supporto alle persone più bisognose, vogliamo donare un milione di coperte salvavita entro il 2030, impiegando oltre mille persone con disabilità e riciclando più di mille tonnellate di scarti tessili. Un percorso trasparente e misurabile nel tempo con l’obiettivo di distribuire coperte in tutto il mondo. Trasformiamo i materiali pesanti in coperte destinate ai canili in tutta Europa, Ucraina e alle persone ai margini. Inoltre, ora è consentito anche ai privati accedere alla piattaforma online per donare una coperta.