Lo scorso 31 maggio si è chiusa Ted Lasso, la serie di Apple Tv+ a metà fra comedy e sport, che in sole tre stagioni è diventata indimenticabile. Molto merito va al protagonista Jason Sudeikis, arrivato tardi a un personaggio che ora non lo lascerà mai
Uno dei motivi per i quali a Hollywood, e per estensione negli Stati Uniti, si insiste molto sul non abbandonare i propri sogni, sul provarcela sempre, sul non arrendersi mai, è perché in effetti hanno diverse storie di successo che sembrano provare la teoria in base alla quale, se ti impegni molto e non ti dai per vinto, prima o poi l’occasione arriva. Una teoria che è pure capace di creare qualche mostro di ansia e scarsa autostima, ma questa è una rubrica leggera, quindi lasciamo da parte queste considerazioni, pur sapendo che esistono. Hollywood, si diceva, può portare molte prove a sostegno di quella teoria, perché accanto a tanti nomi arrivati al successo molto presto, ci sono anche artisti e artiste di vario genere e spessore che hanno dovuto fare molta gavetta, trovando però il modo, a un certo punto, di diventare delle star.
L’esempio forse più famoso in questo senso è Morgan Freeman, attore conosciuto e amato in tutto il mondo, che non vide la vera notorietà prima dei 52 anni (con A Spasso con Daisy) e soprattutto dei 54, con Robin Hood – Principe dei Ladri. Non ha dovuto arrivare ai 52 anni, né si può davvero dire che fosse sconosciuto fino al giorno prima, ma la parabola di Jason Sudeikis ha molto in comune con queste storie di fama tardiva. Non solo perché ha dovuto aspettare i 45 anni prima di raccogliere una quantità di fama e premi che non aveva mai visto prima, ma anche perché il personaggio che glielo ha permesso, Ted Lasso, esisteva già da una decina d’anni, e come lui ha avuto bisogno di avere pazienza.
Prima di Ted Lasso
Jason Sudeikis, nato in Virginia da genitori di origini centro ed est europee, per anni è stato un comico, e pure bravo. Abbastanza bravo per lavorare a lungo al Saturday Night Live, mitico programma tv del sabato sera di NBC, fucina di talenti ormai da cinquant’anni, ma anche per partecipare sia come attore che come doppiatore a film e serie di buon successo. Forse i più famosi, almeno in Italia, sono Come ammazzare il capo e vivere felici, e Come ti spaccio la famiglia, dissacrante commedia girata nel 2013 al fianco di Jennifer Aniston. Eppure, il buon Jason non riusciva mai a fare il vero, grande salto. Quello che ti permette di passare da onesto mestierante, da vip soprattutto locale, a vera e propria star mondiale, riconosciuta e amata dappertutto. Di solito, affinché un attore faccia questo salto può bastare una singola parte. Un ruolo in un film, o in una serie tv, che abbini l’attore a un nome, una maschera, una figura a suo modo immortale. Una lama a doppio taglio che spesso può impedire poi all’attore di fare qualunque altra cosa, senza essere ricordato come “quello di”. Ma non c’è interprete al mondo che non darebbe un braccio per avere l’occasione di dare vita ad almeno un personaggio indimenticabile. Per Jason Sudeikis, a essere interessante non è tanto, o non è solo, lo specifico personaggio che gli ha dato la fama, ma soprattutto il fatto che quel personaggio esistesse già da una decina d’anni, ben prima che, in una forma riveduta e corretta, trovasse la sua strada verso il cuore del grande pubblico.
L’ascesa di Coach Lasso
Era il 2013 quando NBC comprò i diritti di trasmissione su suolo americano della Premier League, la Serie A inglese. Per promuovere in modo simpatico e divertente questa nuova offerta, vennero prodotti un certo numero di promo in cui un allenatore di football americano veniva chiamato ad allenare una squadra di calcio inglese (il Tottenham) con l’unico, trascurabile problema che questo coach, così esperto della palla ovale, non sapeva praticamente nulla di quella tonda.
Quel coach si chiamava Ted Lasso, a interpretarlo c’era proprio Jason Sudeikis, e negli spot che ancora si trovano in rete lo vediamo alle prese con i suoi primi giorni al Tottenham, affiancato da un vice che sarà poi tale anche nella serie del 2020 (interpretato da Brendan Hunt). Quegli spot erano “solo” divertenti, pezzi di comicità cotta e mangiata che facevano parecchio ridere, ma che finivano lì, assolvendo con verve e creatività a una mera funzione promozionale. Finita quella fase, Ted Lasso finì in panchina, se non addirittura in tribuna, e a detta dello stesso Sudeikis fu la fidanzata di allora, l’attrice Olivia Wilde, a consigliargli di rispolverare il personaggio, magari dandogli qualche nuova sfumatura.
Ed è qui la vera magia: Sudeikis prende una macchietta di qualche anno prima, capisce in che direzione sta andando il mondo (una direzione costantemente polarizzata, arrabbiata, divisa come allora apparivano divisi e divisivi gli Stati Uniti di Donald Trump), e decide di trasformarla in una fiammella di speranza, nell’immagine di un’alternativa. Il risultato è una serie in tre stagioni di Apple Tv+, Ted Lasso appunto, che ha permesso a Sudeikis di vincere (finora) quattro Emmy e due Golden Globes, e di diventare un punto di riferimento per qualcosa a cui forse lui stesso non aspirava: i problemi di salute mentale e di relazione.
Il cambio di rotta
Il Ted Lasso della serie tv, al contrario di quello degli spot di qualche anno prima, è meno arrogante, meno spaccone, meno americano nel senso machista del termine, e più ingenuo, ottimista, leale e amorevole. È un uomo separato dalla moglie, con un figlio ancora piccolo, che sceglie di andare in Inghilterra per tentare una nuova, appassionante avventura professionale, senza aver davvero risolto i suoi problemi a casa e senza immaginare che Rebecca, la proprietaria dell’immaginaria squadra del Richmond, l’ha ingaggiato con il segreto intento di vederlo fallire, così da dare un dispiacere all’ex marito Rupert, ex proprietario e tifosissimo della squadra.
La storia di Ted Lasso è quella di un uomo (ma la serie è molto più corale di quanto il suo titolo farebbe pensare) che arrivato in un ambiente carico di negatività, di faide, di tensioni, lo ribalta con la pura forza della sua bontà e gentilezza, permettendo ai suoi giocatori di vincere nello sport ma soprattutto, usando un’espressione un po’ stucchevole, di vincere nella vita. L’elemento che però scardina l’idea di una favoletta inverosimile, riscattando la serie dal rischio di spargere zucchero sul nulla, è il fatto che lo stesso Ted Lasso si porta dietro degli angoli oscuri, dei traumi che gli causano attacchi di panico e di ansia. C’è dunque la necessità di un percorso che non devono fare solo gli altri personaggi, chiamati a inchinarsi alle lezioni di vita del protagonista, ma che deve fare egli stesso, nella misura in cui alcune delle sue caratteristiche fondative sono essere stesse il frutto di “qualcosa che non va”.
Un mondo che non c’è
Quello che succede, nel corso delle tre stagioni di Ted Lasso, è un piccolo miracolo televisivo ma anche sociale e filosofico. In un mondo, come detto, sempre più urlato e diviso, e in cui la serie si apre in piena pandemia (era l’agosto del 2020) e si chiude quando da un anno abbondante è tornata la guerra in Europa, Ted Lasso diventa un’oasi di pace, un momento in cui gli spettatori possono sollevarsi dalle brutture della realtà, per immaginare un mondo diverso, pieno di personaggi adorabili e storie edificanti. Un mondo in cui perfino il calcio, sempre al centro di polemiche e scontri, può diventare il luogo dove coltivare relazioni vere, d’amore e d’amicizia, e dove imparare a stare insieme con rispetto.
Soprattutto, Ted Lasso si fa portavoce di un tentativo di cambiamento della figura del classico maschio alpha da film e serie tv: nello show di Sudeikis ci sono uomini nerboruti che riconoscono il bisogno di fare psicoterapia, che lavorano per migliorare la propria percezione del mondo, che si impegnano per diventare persone migliori, più tolleranti, più rispettose, più capaci di accettare la fragilità come parte naturale della vita, e non come difetto innominabile da nascondere. Il risultato è che, a marzo 2023, il cast di Ted Lasso, capitanato ovviamente da Jason Sudeikis, vola alla Casa Bianca per discutere con il Presidente di salute mentale, e per orchestrare una buffa conferenza stampa i cui temi di fondo sono tutt’altro che sciocchi, ma sui quali questa serie tv, e questo personaggio, hanno conquistato un’inaspettata autorità. Al momento non sappiamo se, ora o in futuro, Jason Sudeikis si troverà nella posizione di vivere con frustrazione l’automatica sovrapposizione fra lui e Ted Lasso. Magari gli basterà evitare di portare gli iconici baffoni. Certo è, però, che se a un certo punto della tua carriera riesci a trasformare una piccola idea in un simbolo di amore e gioia, vincendo decine di premi e facendo commuovere milioni di persone all’idea che non vedranno mai più quel tuo singolo personaggio, evidentemente non stai più cercando di diventare una star. Evidentemente, lo sei.