Ha lavorato per il Governo americano, poi per la più grande agenzia spaziale del mondo. L’imprenditore con la sua Electra Vehicles ora è alla ricerca di talenti italiani. «Dopo grandi sacrifici arrivano grandi soddisfazioni»
A 23 anni da Milano parte per Boston: vuole rimanerci un anno per un Master alla Northeastern University. Ci resta 14 anni, lavora prima per il Governo americano, poi per la NASA e mette le basi per una startup che vuole rivoluzionare il settore dell’elettrificazione nelle auto. Questa è la storia di Fabrizio Martini, ingegnere meccanico e imprenditore che da Boston adesso è alla ricerca di talenti italiani per la sede torinese della sua Electra Vehicles. Lo abbiamo intercettato per farci raccontare la sua incredibile storia.
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Fabrizio, come è nato il tuo “American dream”?
Ho studiato al Politecnico di Milano Ingegneria Meccanica e Meccanica dei Veicoli, poi ho deciso di fare un Master di un anno all’estero, a Boston. Avevo 24 anni e tante aspettative. Dopo il Master, ho intrapreso un dottorato di ricerca in Batteria ed Energy storage e ho avuto la fortuna di potere iniziare a lavorare per il Governo americano, prima al Dipartimento di Energia, poi per il Dipartimento della Difesa e, infine, per la NASA.
Che cosa facevi per la NASA?
Nella NASA ero “principal investigator”. Questa figura so che in Italia non esiste, ma corrisponderebbe al responsabile per la gestione di fondi pubblici per una serie di attività scientifiche. Con il team ho creato un brevetto per la progettazione del pacco batteria di un drone elettrico per l’esplorazione di Venere e, tramite analisi predittiva, con un anno di anticipo siamo stati in grado di prevedere se la batteria avesse avuto dei problemi. Inoltre, la mia funzione era quella di inviare aggiornamenti software dalla Terra a Venere per migliorare il controllo della batteria, così da avere più percorrenza e vita utile.
Quali sono le skills e, a livello personale, gli insegnamenti che hai appreso dall’esperienza alla NASA?
Il lavoro alla NASA è stato fantastico. Cercano persone un “po’ pazze” che non dicano mai «Non lo so fare, è impossibile» ma che pensino: «Non pensare a ciò che è possibile ma risolvi ciò che è impossibile». Di italiani ce ne erano tantissimi perchè siamo persone molto creative e andiamo oltre le regole. Quello che mi è rimasto più dentro di quell’esperienza è avere la capacità di andare oltre le regole, superando i confini del possibile. Ho imparato che premia sempre.
Come sei passato dalla NASA alla fondazione di Electra Vehicles?
Nel team con NASA, di circa 12 persone, avevamo un budget di 2 milioni e mezzo e in un anno abbiamo sviluppato un codice software che si basava sull’accumulo di dati. Davamo tutti questi dati in pasto a reti neurali che ci restituivano i potenziali danni della batteria. È stata una grande soddisfazione, ho chiesto indietro il brevetto e me lo hanno concesso ma mi hanno chiesto di rimanere in America e assumere solo americani per almeno 4 anni. Nel 2015 a Boston è nata Electra Vehicles, di cui sono cofounder e AD. Inizialmente ho investito 65mila dollari del mio portafoglio in questa società. Mio padre mi chiese se ero impazzito. Feci richiesta per aprire Electra un venerdì sera, lunedì la società era aperta. Adesso il team è presente in quasi 50 Stati, lavorando totalmente da remoto e siamo alla ricerca di talenti italiani per la nostra sede di Torino. Il problema è che non li troviamo.
Di che cosa ti occupi in Electra Vehicles?
In Electra sono confluite le mie competenze che sino ad oggi ho imparato. Nello specifico, ho messo al centro di un veicolo un software su ruote. Si chiama “EVE-AI”, dove EVE sta per “Estorage, Veicolo, Environment”, combinato all’intelligenza artificiale. Con Electra riusciamo ad aumentare le performance della batteria con extrapercorrenze fino a con 30/50 km in più e riusciamo a raddoppiare la vita della batteria che può arrivare a 14 e 16 anni di durata. Inoltre, prevediamo con un anticipo di 3 mesi eventuali fallimenti della batteria grazie al machine learning e all’IA.
Quali sono le differenze principali che hai notato tra l’America e l’Italia?
Le Università americane ti inseriscono nel mondo del lavoro, si accertano che tu sia soddisfatto e che tu abbia trovato un’occupazione inerente a quello che avevi studiato. Anche la ricerca di occupazione è molto più semplice, ci sono molti benefit. D’altro canto, quello che mi manca dell’Italia è la creatività, il supporto tra le persone, la previdenza sociale.
Quali traguardi hai raggiunto Electra Vehicles sinora?
Dal 2018 abbiamo iniziato a vendere i nostri software in licenza a case automobilistiche e ad altri esperti del settore. Abbiamo iniziato con un round di finanziamento da un milione, seguito da un altro round da 3.6 milioni e adesso ne abbiamo appena chiuso uno da 23 milioni guidato da Stellantis, Blackberry e United Ventures. Abbiamo portato a termine un contratto per 200mila veicoli e speriamo che diventino milioni, potenzialmente. Il nostro fatturato sta raddoppiando ogni anno, da 50 persone dobbiamo passare a 100 e siamo in fase di assunzione ma, in Italia, stiamo facendo fatica a trovare menti e candidati. Electra adesso ha due sedi: a Boston, con un team di 40 persone e alle OGR di Torino, dove contiamo 10 persone, ma lavoriamo tutti da remoto. I nostri tre pilastri sono l’open book management, il cloud based e l’agilità. Adesso i nostri prossimi obiettivi si concentrano nello spostamento dell’asse in Europa: la domanda sta crescendo e contiamo di arrivare a 77 milioni di veicoli elettrici entro il 2025, adesso oscilliamo tra i 10 e gli 11 milioni di veicoli elettrici. Al momento, nell’Unione Europea siamo in accordo con il gruppo cinese Donfang, con cui abbiamo chiuso contratto annunciato a gennaio.
Quali sono i vostri prossimi obiettivi?
Puntare al mercato europeo per essere presenti al 50% in Italia e al 50% in America. Nell’Unione Europea vogliamo firmare contratti pluriannuali con qualche grossa corporate e vogliamo dare i nostri software a più persone possibili.
Per concludere, cosa consigli ai giovani startupper?
Osare e andare oltre, pensare in grande. Dopo grandi sacrifici arrivano grandi soddisfazioni.