Da Odencat, software house giapponese che non ha paura di trattare argomenti impegnativi, un’avventura grafica tenera e commovente
I bambini sono spesso protagonisti delle pellicole dello Studio Ghibli. L’infanzia è quell’età fatta di purezza e innocenza che, da adulti, ci dimentichiamo di aver vissuto. Quante volte, ad esempio, ci scordiamo del prezioso valore dell’amicizia e dell’importanza di avere sempre qualcuno di fidato al nostro fianco? Meg’s Monster, sviluppato da Odencat, software house non a caso giapponese che ci ha già deliziato con titoli morbidi che affrontano con tenerezza tematiche importanti come la morte, torna a proporci una interessante avventura narrativa alla scoperta di un legame, che con sè porta amicizia e spirito di protezione verso una creatura troppo debole e troppo preziosa.
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La storia di Meg’s Monster mescola elementi da fine del mondo, con mostri che si cibano di umani per poter sopravvivere e singole storie che gettano una luce di speranza sul futuro. La speranza, in questo caso, ha un volto e un nome. Meg è una adorabile bambina che incontriamo all’inizio del gioco. Terribili vicende l’hanno scaraventata nel Sottomondo, il luogo perduto dove gli umani sono prede facili di bestie assassine. Che fine potrebbe fare una bambina quaggiù?
L’elemento narrativamente parlando intrigante è che quando si combatte Meg’s Monster ci mette al comando di un avatar potenzialmente indistruttibile. Roy, infatti, è imbattibile. Peccato però che i danni da lui subiti abbiano una terribile ricaduta sulla bambina. Se infatti inizia a piangere darà il via a un effetto a catena che porterà all’apocalisse. Come si mettono dunque a bada i piccoli che piangono? Sventolando giocattoli per strappargli un sorriso e rassicurarli. Così accade nel videogioco.
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Il punto di forza di Meg’s Monster è senz’altro la storia, che si conclude in poco più di cinque ore. A livello di gameplay tutto è invece abbastanza ripetitivo e purtroppo poco esplorato. Se non è inedito affiancare una bimba a un mostro (Monsters & Co vi dice nulla?), il titolo riesce comunque a conquistare perché come in altri videogiochi di Odencat non diventa morboso, ma anzi tocca argomenti con leggerezza.