Sul conflitto, un top manager su due è intervenuto in prima persona. I consumatori vogliono leader coraggiosi in azienda. Intervista ad Andrea Barchiesi, CEO di Reputation Manager
Prendere posizioni forti, rispettare le opinioni altrui senza mancare di rispetto alle proprie, abbracciare la complessità, sono le coordinate che ridefiniscono la comunicazione, e il ruolo, del manager moderno. Neutralità e prudenza non sono sempre valori da ripetere come un mantra, la contendibilità per l’attenzione è selettiva, competitiva, con una memoria elefantiaca, dove ogni errore, ogni dichiarazione fuori luogo, restano per sempre. Parafrasando Humphrey Bogart, potremmo dire: “è il digitale, bellezza!”. Perciò è utile chiedersi: come comunicano i top manager sui social media? Come sta cambiando il loro posizionamento?
Ne abbiamo parlato con l’ingegner Andrea Barchiesi, CEO di Reputation Manager, partendo dall’ultimo aggiornamento del 2022 dell’Osservatorio Social Top Manager di Reputation Manager, che monitora oltre 150 profili di executive attivi in Italia.
Alcuni numeri di contesto:
- Sulla guerra in Ucraina un top manager su due è intervenuto in prima persona per prendere posizione nel conflitto.
- L’80% dei consumatori crede che i CEO dovrebbero essere coinvolti in prima persona quando si parla di politiche pubbliche o delle iniziative benefiche della propria azienda.
- 6 persone su 10 hanno affermato che, nel considerare una nuova posizione lavorativa, si aspettano che i CEO prendano posizione pubblicamente su temi sociali o politici.
- Nell’ultimo anno è cresciuta del 6% la presenza dei top manager italiani sui social media, ma il 26% di loro è ancora inattivo.
- I profili più seguiti dei top manager su LinkedIn crescono a un tasso medio del +7%. Più contenuta, invece, la crescita su Instagram, dove il tasso medio di aumento dei follower è del 2%. Twitter presenta un panorama più critico, con alcuni manager che perdono follower per la loro inattività.
- Solo un manager su due in Italia presidia il canale Wikipedia, un profilo su quattro (24%) presenta negatività legate a vicende giudiziarie.
StartupItalia: Sui social la neutralità non è più un valore?
Barchiesi: “La tendenza a prendere posizioni forti, schierarsi sui social media da parte di top manager è in crescita, uno su due è intervenuto in prima persona sul conflitto in Ucraina e i profili più seguiti dei top manager su LinkedIn crescono a un tasso medio del +7%. Ma non è una tendenza uniforme. Vanno fatte delle distinzioni fondamentali: vi sono manager molti forti e importanti, cresciuti quando i social non esistevano perciò non hanno confidenza con questi strumenti. Si affidano alla comunicazione corporate sulle pagine dei loro brand, ma non intervengono in prima persona. Poter contare su un team di professionisti competenti potrebbe non essere sufficiente, spesso bisogna intervenire in prima persona. Comunicare in modo strategico e credibile è sempre molto complicato”.
StartupItalia: Come valuta questa assenza?
Barchiesi: “È un errore che non tiene conto del cambiamento. La comunicazione in questa epoca non si può ridurre ai comunicati stampa. Eppure, nell’ultimo anno la presenza dei top manager sui social network è cresciuta del 6%, ma il 26% di loro è ancora inattivo”.
StartupItalia: In molti sono sui social, ma non li usano o li usano male…
Barchiesi: “Non basta dire le cose, ma bisogna dirle in prima persona. Siamo in uno stadio evolutivo della comunicazione, bisogna creare cultura, ma spesso manca un lavoro profondo e strutturato. La comunicazione è un asset vero e proprio, e la reputazione è duale”.
StartupItalia: Cosa intende per reputazione duale?
Barchiesi: “Vi sono due poli, il brand e il CEO che opera da ambassador; si deve impostare un lavoro di lungo periodo perché la comunicazione di un’azienda, tramite un suo manager, governa la percezione pubblica dell’azienda stessa. Un esempio? Ai tempi della vicenda chiamata dieselgate, Sergio Marchionne di Fca, con una dichiarazione bloccò il crollo azionario. Oppure pensiamo all’impatto di Elon Musk sui titoli in borsa, nel bene e nel male”.
StartupItalia: Si può essere con o contro i social, ma non si può essere indifferenti…
Barchiesi: “Sì, ma dobbiamo pensare ai social come strumenti che compongono una filiera più ampia, oppure possiamo immaginarli come se fossero le marce di un motore: Twitter è come la prima e seconda marcia, velocissimo, reattivo, con un tempo di permanenza di un contenuto molto breve, una piattaforma real time. LinkedIn, invece, è la terza e quarta marcia, dove sono consentite delle estensioni di ragionamento più ampie”.
StartupItalia: E dopo?
Barchiesi: “Chi sa comunicare in modo armonioso aggiungerà la quinta e sesta marcia, ad esempio piattaforme dove agganciare contenuti di approfondimento, raggiungibili dal web e dai social. Questo significa comunicare in modo strategico, secondo diversi strati e segmenti di pubblico, non dimenticando che sui social la pubblicazione dei contenuti funziona come una corda, quelli più recenti tirano in basso quelli precedenti. E che i motori di ricerca indicizzano gli account, perciò servono ampiezza di visione e verticalità delle competenze”.
StartupItalia: Restando nella similitudine, le marce hanno a che fare con la velocità…
Barchiesi: “Il tempo della comunicazione digitale è continuativo e tutto resta, potenzialmente per sempre. Vi sono i contenuti, e vi sono le persone con le loro relazioni, nel mezzo si crea un tessuto connettivo nel quale la comunicazione può declinarsi in tanti modi e con diversi strumenti. Serve molta cautela, il CEO activism va maneggiato con cura, non ci si può improvvisare. I contenuti vengono rilanciati immediatamente, spesso in modo disintermediato, il rischio di fraintendimento è altissimo e spesso assistiamo a operazioni di falsificazione imbarazzanti e preoccupanti”.
StartupItalia: Qual è lo stile comunicativo più diffuso tra i top manager?
Barchiesi: “Lo stile comunicativo più adottato rimane quello del Brand Ambassador, il 31% dei top manager attivi sceglie una modalità in linea con i temi e lo stile dell’azienda a cui è a capo. Ma in realtà i livelli della responsabilità e di amplificazione possono essere persino maggiori; vi sono personalità che quando parlano diventano dei country ambassador, perché sono talmente credibili, famosi e riconoscibili da potersi permettere di parlare a nome di un intero paese. Pensiamo a Giorgio Armani e alla sua risonanza comunicativa”.
StartupItalia: A proposito di stile, sembra che Wikipedia non sia presa in considerazione. Solo poco più della metà (52%) dei manager è presente. Perché?
Barchiesi: “Wikipedia è uno strumento complesso, partecipativo, dove tutto resta scritto e qualcuno, prima o poi, potrebbe tirare fuori qualcosa di scomodo. Molti manager preferiscono non avventurarsi per non rischiare di bruciarsi. Ma sempre restando sul tema delle marce, Wikipedia, se utilizzata bene, potrebbe essere quella sesta marcia ancora mancante nella comunicazione di molti leader”.
StartupItalia: Qual è il bilanciamento esatto tra un approccio data driven e l’istinto, tipico degli animal spirits capaci di intercettare gli umori dell’audience, sui social?
Barchiesi: “Preferisco partire e orientarmi sempre dai dati che sono coordinate difficili da maneggiare e interpretare, ma fondamentali per tracciare la direzione e pianificare la strategia. La comunicazione istintuale, per quanto carismatica, può provocare danni reputazionali difficile da rimediare. Elisabetta Franchi ha rilasciato numerosissime dichiarazioni negli anni, eppure si è imposta all’attenzione pubblica ultimamente dopo le affermazioni sulle donne, lavoro e maternità. Lo stesso Elon Musk con le sue dichiarazioni sulle ore lavorative e lo smartworking sta provocando effetti molto controversi”.