Il game designer taiwanese Yao Zhuangxian ha impresso una forte caratteristica action alla sua storica serie RPG
Se solo il mondo fosse semplice come quello videoludico, dove può capitare che una software house di Taiwan sviluppi una intera saga, della quale Sword and Fairy Together Forever è solo l’ultimo capitolo, che è in realtà una vera e propria lettera d’amore a tutto ciò che la Cina e la sua millenaria cultura hanno rappresentato per l’Oriente e non solo…
Sword and Fairy Together Forever, la recensione
Nonostante la saga ideata dal game designer taiwanese Yao Zhuangxian e sviluppata da Softstar sia in giro ormai dal lontano 1995, per giocare a Sword and Fairy Together Forever non serve alcuna familiarità coi numerosi capitoli passati. E nemmeno col folklore cinese, anche se quest’ultimo aspetto probabilmente aiuterebbe ad avere qualche appiglio in più e a comprendere quali e quanti miti siano stati bonariamente riciclati a uso e consumo del canovaccio.
Canovaccio che, come da tradizione, non vi sveleremo in questa recensione di Sword and Fairy Together Forever, in quanto fermamente contrari a ogni forma di spoiler. Sappiate solo che nell’universo ideato dagli sviluppatori di Taiwan, che è poi una versione fantasy della Cina feudale, esistono due mondi: uno degli umani e uno delle divinità .
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Dopo lunghe lotte gli umani, ora divisi in Tre Regni, sono riusciti a sigillare i demoni nelle cosiddette Prigioni Celestiali, ma all’improvviso, a causa di alcuni eventi fuori da ogni controllo, ha inizio l’invasione delle creature demoniache e lo scontro con gli esseri umani divampa nuovamente.
Venendo alle meccaniche di gioco, quattro membri andranno a comporre un party di eroi di stampo piuttosto classico. Abbiamo la giovane Yue che assomma in sé le caratteristiche della spadaccina e della guaritrice, la divinità Xiu Wu che, al contrario, basa tutto sulla forza bruta, mentre Bai MoQing si affida ai talismani elementali e Sang You preferisce attaccare dalle retrovie, con la sua balestra.
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Noi potremo ‘zampettare’ da un eroe all’altro in battaglie – per la prima volta in questa serie – in tempo reale che paiono far virare questo RPG asiatico verso l’action ma comunque imbrigliate da un sistema di lancio degli incantesimi eccessivamente ingessato (non consente schivate, come nei GDR tradizionali, con combattimenti a turni) e da tre pattern d’attacco, ciascuno con un effetto finale diverso a seconda del personaggio utilizzato.
Il fatto che la barra dei punti magia si ricarichi costantemente mentre si eseguono gli attacchi fisici fa sì che le battaglie di Sword and Fairy Together Forever non siano mai troppo soggette a chissà quali strategie: generalmente è possibile difatti scagliare incantesimi in gran quantità . Salendo di livello, poi, non si tarda a imparare quelli più devastanti. Il vero neo degli scontri è legato più che altro al lock on del nemico che, unito a una gestione della telecamera tutt’altro che convincente e da una eccessiva spettacolarizzazione delle magie (veri e propri tripudi di effetti pirotecnici), rischia di trasformare ogni duello in zuffe da bettola piuttosto caotiche.
Quando non si è impegnati negli scontri, comunque frenetici e appaganti, nonostante le sbavature, Sword and Fairy Together Forever permette di esplorare un mondo piuttosto “open” (niente di paragonabile però a Zelda Breath of the Wild) che, sebbene non faccia gridare al miracolo per la qualità tecnica, riesce comunque a donare diversi scorci niente male.
Purtroppo, però, è piuttosto vuoto e, complici alcune fasi platform sporcate da animazioni eccessivamente rigide e da diverse side quest davvero risibili per portata, minigiochi connessi e ricompense, difficilmente si avrà voglia di abbandonare la strada principale spinti dalla curiosità di scoprire ciò che ci aspetta al di là di qualche poligono mal tagliato e pitturato con texture scialbe e stiracchiate.
A prescindere però dai suoi limiti, innegabili, tanto sul fronte tecnico quanto su quello ludico, Sword and Fairy Together Forever si rivela un action RPG sorprendentemente valido che andrebbe provato, dal momento che permette di fare incetta di folklore orientale e, soprattutto, dato che la stagione estiva comunque non offrirebbe niente di altrettanto valido e strutturato.