La serie, non troppo conosciuta nel mondo dei videogiochi, ha compiuto 21 anni e col quinto episodio prova a fare il grande balzo. Se non ci riesce un canguro…
Kao the Kangaroo non è uno degli eroi più famosi del mondo dei videogiochi. Occorre ammetterlo, questo nonostante sia in circolazione da ormai 21 anni e sia apparso in altri quattro titoli, l’ultimo uscito nel 2005. Questo simpatico canguro pareva essere destinato al dimenticatoio ma poi Tate Multimedia ha deciso di rispolverare il brand…
Kao the Kangaroo, un po’ Crash, un po’ Rayman
L’epoca dei grandi platform 3D è tramontata da un pezzo. Ok, Super Mario non conosce crisi, ogni capitolo dimostra al mondo che l’idraulico ha nella tasca della salopette un elisir di funghi 1UP dell’immortalità , ma tutti gli altri ormai faticano parecchio a imporsi sulle scene e non poteva essere altrimenti dato che, tra gli anni 90 e i primi anni 2000, sono usciti così tanti cloni della fortunata formula Nintendo che il genere si è velocemente inflazionato.
Ogni tanto se ne rivede qualcuno, ed è il caso Kao the Kangaroo, coloratissimo platform polacco che sembra proprio voler riesumare meccaniche di gioco di qualche generazione di console fa. Questo nuovo titolo, fresco di debutto sui sistemi Nintendo Switch, PlayStation 5 e PS4 e Xbox One e Series X|S (oltreché PC), pone i giocatori nei mutandoni da boxeur di Kao, sfortunato cangurello che, dopo aver perso in circostanze misteriose il padre Koby, assiste pure alla sparizione della sorella Kaia, rapita da loschi figuri in una notte da tregenda. Gli resta solo la madre (che pare peraltro un muratore bergamasco), che lui a sua volta abbandona, mettendosi sulle tracce dei famigliari scomparsi.
Ha così inizio un platform 3D incredibilmente classico palesemente ispirato ai videogiochi di Crash Bandicoot (a proposito, letta la recensione di Crash Bandicoot 4: It’s About Time?) e di Rayman. Rispetto ai Super Mario, insomma, nella produzione polacca non si affrontano molti mondi che si estendono in larghezza, dato che i livelli sono per lo più (non sempre) simili a lunghi corridoi da percorrere in profondità .
Qua e là ci sono gli immancabili enigmi ambientali e le variazioni sul tema rappresentate da furibonde corse verso lo schermo tallonati da un nemico invincibile e da combattimenti su ring improvvisati (per fortuna il nostro Kao non tarderà a rinvenire i guantoni da boxe del padre) contro mostriciattoli che dovranno essere necessariamente mandati K.O. per proseguire.
Per il resto, nella miglior tradizione dei platform anni 90, Kao the Kangaroo abbonda di casse da distruggere, monete da recuperare, lettere (K-A-O) da rinvenire e questo perché i livelli, benché piuttosto lineari, riescono comunque a presentare un buon numero di bivi e strade nascoste.
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Il sistema di controllo è piuttosto legnoso e la telecamera parecchio primitiva e fastidiosa: non proprio il massimo anche perché, a dispetto delle apparenze, Kao the Kangaroo non tarda a metterci al cospetto di una curva di difficoltà piuttosto esigente. Molte sezioni richiedono salti calibrati al millimetro, peccato però che il nostro marsupiale si muova con l’agilità di un sacco di patate e la telecamera fornisca le inquadrature più idonee a falsare la prospettiva.
Bisogna avere insomma un po’ di pazienza e farci il callo. Naturalmente speriamo che intervenga una patch risolutrice. A prescindere da questo, comunque, Kao the Kangaroo è un’avventura molto simpatica che, forte di una discreta veste grafica (purtroppo la versione per Nintendo Switch è quella più sottotono, troppo) e di una convincente caratterizzazione dei personaggi, anche grazie all’immancabile e innegabile fattore nostalgia, riuscirà a conquistare soprattutto chi è venuto grande coi titoli dell’inossidabile Nintendo 64. Non raggiungerà i livelli della compianta saga di Banjo – Kazooie o di Rayman, non avendo nemmeno il medesimo budget a disposizione, ma sa farsi apprezzare.