Flying Wild Hog ha confezionato un’opera in un Giappone feudale vero, senza stereotipi
Scomparso nel 1998, Akira Kurosawa è ricordato come uno dei più grandi registi giapponesi di tutti i tempi. Leone d’Oro a Venezia nel 1950, i suoi film sono pietre miliari nella storia del cinema, soprattutto per un’impronta stilistica inconfondibile. Se non avete mai visto I Sette Samurai potete segnarvi il titolo per il week end e, magari, fare un salto nel trailer che vi pubblichiamo qui sotto. Trek to Yomi, sviluppato dalla polacca Flying Wild Hog, è un’avventura 2,5 D in un Giappone feudale, dove come spesso accade un guerriero viene travolto da una disgrazia in giovanissima età e dà inizio al percorso di crescita interiore per trovare risposte. Il titolo è un evidente omaggio al lavoro di Kurosawa. Inarrivabile, certo, ma che continua a ispirare a decenni di distanza.
Disponibile su Xbox Series X/S, console dove lo abbiamo testato, Trek to Yomi è anzitutto un videogioco che invita il gamer all’osservazione del contesto, soffermandosi sul ben di dio che gli sviluppatori hanno posizionato nei fondali di gioco. Come scritto poco sopra, il videogioco è un action game in 2,5D, che procede in tutte le direzioni, non solo quella orizzontale. Il combat system non è secondario, attenzione: è la prima cosa al quale il gamer deve pensare appena avviato il titolo.
Giovane samurai al cospetto del suo maestro Sanjuro, Hiroki è un allievo promettente, al quale ovviamente il mentore non risparmia l’allenamento duro. Il combattimento in Trek to Yomi avviene in real time e sfrutta le tecniche marziali di attacco e parata. Senza spoilerarvi troppo dei primi istanti di gioco, quando la pace di un villaggio viene travolta dalla distruzione portata da violenti briganti, ci siamo purtroppo più volte accorti di un input lag davvero troppo penalizzante: in altre parole, pur sentendoci piuttosto confidenti con i comandi dopo il tutorial, il nostro protagonista non parava in contemporanea ai nostri comandi, esponendosi alla lama nemica.
Il combat system risulta poco fluido e per via di questo corposo difetto temiamo possa generare non poca frustrazione in un prodotto che, va detto, mantiene comunque più pro che contro. Passiamo dunque agli aspetti convincenti di Trek to Yomi. Il videogioco si regge su una sapiente sequenza di paesaggi, che ci porteranno alla scoperta di un Giappone credibile, fatto di commercio, vita quotidiana, affetti e amicizia, odio e violenza. Prendetevi tutto il tempo di girovagare nei vari livelli, per raccogliere oggetti nascosti che potranno raccontarvi un frammento di storia dell’epoca.
A livello grafico promuoviamo a pieni voti la scelta di proporre il bianco e nero, segno che gli sviluppatori hanno voluto inserirsi in un dibattito costruttivo su come cinema e videogiochi possono costruire nuovi linguaggi, senza scimmiottarsi a vicenda. Un ottimo esempio, a nostro avviso, è quello di White Shadows, opera distopica e orwelliana che abbiamo avuto il piacere di raccontarvi per Xbox, frutto di una software house che pesca a piene mani dal mondo del grande schermo.
Trek to Yomi dura meno di dieci ore e rappresenta senz’altro un titolo di valore per chi ha sete di storia giapponese senza stereotipi masticati e rimasticati. In questi giorni il pubblico dei gamer ha avuto modo, tra l’altro, di notare i passi avanti fatti dal motore di Unreal Engine 5 – date un’occhiata qua se ve li siete persi -, assaporando un piccolo antipasto (più finger food) di quel che potrà correre su console nel futuro prossimo. Trek to Yomi è realizzato in Unreal Engine e, fatto salvi i volti non proprio impeccabili, in certi scorci ci ha davvero conquistato per la sua tensione verso il fotorealismo. Non vogliamo (macché, vogliamo eccome) immaginarci la potenza narrativa di certe storie impreziosite dall’imminente nuova generazione grafica.