Una proposta firmata anche dall’ex ministro dell’Istruzione stabilisce una scansione scientifica delle età evolutive e dell’uso dei dispositivi. Insieme alle sanzioni per i genitori
Quindi, dopo infinito discutere, dibattere e approfondire, la soluzione è vietare. Per legge, come in un perfetto stato etico. I telefonini via dalle mani dei ragazzini sotto i 12 anni. Pena: multe salatissime per i genitori. No, non è una barzelletta ma una proposta di legge (ecco il testo) presentata da qualche giorno alla Camera dei deputati da un gruppo di parlamentari del Movimento 5 Stelle di cui fa parte anche l’ex ministro dell’Istruzione Lorenzo Fioramonti. Prima firmataria è invece Rosalba De Giorgi.
La proposta non si limita a replicare il divieto di usare gli smartphone a scuola, introdotto in Francia tre anni fa ma limitato ai luoghi d’insegnamento e in generale a quelli scolastici. “La presente proposta di legge – si legge nella relazione – non solo intende introdurre anche in Italia quanto già previsto in Francia nell’ambito scolastico, ma intende andare oltre, non circoscrivendo il suo campo di azione a un solo contesto“.
Come? Scadenzando anno dopo anno, età per età, il rapporto che i bambini e i ragazzi devono avere con il telefono. Nei primi tre anni di vita divieto assoluto. Dai tre ai sei, invece, “è consentito far avvicinare gradualmente il minore alla tecnologia per non più di un’ora al giorno“. Nella fascia fra i sei e gli otto, invece, si può passare a tre ore giornaliere. Infine, “dai nove ai dodici anni di età la fruizione dei media device dovrà essere limitata a quattro ore giornaliere, sempre sotto la supervisione dei genitori“. Se questi consentono strappi (non si sa bene vigilati da chi, in questo surreale testo che fra l’altro non tiene in considerazione alcun genere di necessità educativa, DaD e simili), o meglio se “consentiranno ai propri figli non ancora dodicenni di navigare on line e di utilizzare smartphone, tablet e qualsiasi altro dispositivo digitale senza accompagnamento e presidio educativo” rischieranno una sanzione dai 300 ai 1.500 euro.
Una proposta che no, assolutamente, “non vuole essere una ‘crociata’ contro la tecnologia che, come da anni sostengono illustri esponenti della Società italiana di pediatria, in determinate situazioni può anche avere un impatto positivo sull’apprendimento in età prescolare a patto che vi sia il costante affiancamento dei genitori, ai quali spetta sempre e comunque di vigilare e di dare il buon esempio” spiegano i firmatari. Ma l’impianto “iraniano” della legge, che prescrive anno dopo anno e passo dopo passo il rapporto fra un dispositivo, dimenticando che il problema sono semmai gli ambienti digitali a cui questo dà accesso non certo lo strumento, non sembrano esattamente su questa linea.
Si leggono poi dei passaggi davvero scivolosi, come questo: “La struttura ossea di un bambino ha uno spessore ridotto” rispetto a quella di un ragazzo o di un adulto e ha anche “un tessuto cerebrale in grado di assorbire maggiormente l’energia trasmessa dai telefoni“. Otto articoli, insomma, per vietare i telefoni a scuola, elementari e secondarie di primo grado, per campagne di sensibilizzazione a cui destinare la miseria di 50mila euro, per il blocco totale di questi dispositivi ai 12enni e per fissare le sanzioni pecuniarie destinate ai genitori.
Il commento
“Vedo un problema reale ma con una finta-soluzione – spiega la psicologa Danila De Stefano, Ceo e fondatrice della startup Unobravo che individua psicologi e terapeuti più adeguati ai singoli pazienti in base a un algoritmo – multare i genitori che non “vigilano” non è una soluzione. Numerosi studi comportamentali mostrano che le punizioni (come in questo caso, le multe) non portano a benefici nel lungo termine. I genitori, dopo multati, probabilmente staranno ben attenti a non farsi accorgere della cattiva abitudine che proseguirà. Quello che invece può fare la differenza è l’educazione, la cultura: se i genitori avessero chiari gli effetti del prolungato utilizzo dei dispositivi sulla salute mentale e fisica dei loro figli potrebbero sviluppare una maggiore motivazione a contrastare questa pratica, semplicemente perché ne vedrebbero le conseguenze negative, che oggi non vedono o vedono solo parzialmente. Finanziare e creare iniziative con le scuole, che coinvolgano anche i genitori in questo processo culturale, potrebbe essere molto più efficace. Anche perché, parliamoci chiaramente, i ragazzi principalmente usano i dispositivi elettronici nelle loro case. Come controllerebbero, i controllori?”