Il governo ricatta i creditori, allettati da interessi troppo alti per essere soddisfatti: o accettate il nostro piano di rientro o si va verso il crac
Ci risiamo. Il tango argentino sta nuovamente per concludersi con una caduta clamorosa. E nessuno può dirsi sorpreso, ormai. Chi ha buona memoria e segue da vicino i mercati ricorderà probabilmente che il rischio di un ennesimo default dell’Argentina per gli analisti figurava già tra le carte “imprevisto” che l’economia globale avrebbe potuto pescare dal mazzo nel 2019. È stato posticipato di qualche mese, ma difficilmente non si verificherà quest’anno, sommando così alla “Coronacrisis“, la spaventosa crisi economica che seguirà la pandemia di Coronavirus, anche la comparsa sul mercato di crediti deteriorati che nessuno vorrà avere in tasca quando la frittata sarà fatta. Una brutta esperienza che molti azionisti del nostro Paese ricordano certamente fin troppo bene: il fallimento argentino del 2002 travolse infatti circa 450mila risparmiatori italiani per un totale di 14 miliardi di dollari spesi in «tango bond» e mai più restituiti.
Verso il nono default dell’Argentina?
Parrebbe proprio che la china intrapresa dall’Argentina sia quella del fallimento. Il nono default nella sua storia, il terzo in questo millennio. Il Paese, che si trascina nuovamente un debito pubblico di 323 miliardi pari all’88% del PIL, sta già provando a ristrutturare il proprio debito, ma con scarsi, scarsissimi risultati. La sua propensione ormai storica a fallire fa il resto, rendendo gli investitori particolarmente guardinghi. Il giorno dell’esame sarà il 22 maggio prossimo, quando il governo sarà chiamato a onorare i debiti contratti con la vendita dei titoli di Stato.
Immagini di repertorio dei precedenti default dell’Argentina
E il governo, inutile girarci attorno, quei soldi non li ha ora e non li avrà per quella data. Gli ultimi due incontri con i creditori erano finiti in un nulla di fatto proprio perché non era stata trovata la quadra sul piano di rientro presentato da Buenos Aires. Entro quest’oggi dovrà pervenire l’ok sulla proposta del Governo di Alberto Fernandez che prevede una manovra da 67 miliardi di dollari. Il Ministro delle Finanze Martin Guzman ha chiesto ai creditori internazionali di digerire una moratoria di 3 anni per la sospensione del pagamento degli interessi cui si aggiunge un taglio della cedola al 2,33%. Il taglio della cedola, in termini di minori interessi pagati, si tradurrebbe per il Paese in un risparmio di 37,9 miliardi. Una enormità difficile da accettare, anche perché non è detto che alleggerire il debito pubblico salvi l’Argentina dal fallimento.
La folle danza dei Tango bond
Non dimentichiamo però che la propensione del Paese a finire gambe all’aria a ogni piè sospinto ha reso particolarmente vantaggiosi – benché ampiamente speculativi – i suoi titoli, se si considera che il rendimento medio ponderato ammonta annualmente al 7% e sfonda pure tale percentuale il bond a 100 anni emesso sotto la legislazione internazionale. Chi ha investito lo ha fatto insomma nell’ottica di lucrarci e pure parecchio, sapendo però che stava giocando una partita con un banco che rischiava di saltare. E adesso c’è nuovamente il tema dei Tango Bond: dove sono? Rischiano di creare voragini in istituti importanti? Borsa Italiana ha già disposto la sospensione degli strumenti sul mercato EuroTLX: dai bond in scadenza fra il 2021 ed il 2022 al titolo di Stato centenario in scadenza nel 2117.
Immagini di repertorio dei precedenti default dell’Argentina
“Un debito infinanziabile, inaccessibile e insostenibile”
L’Argentina al fallimento è ormai abituata da tempo e non sembra più farne questione d’onore. Ai privati che hanno risposto picche all’offerta la Casa Rosada ha fatto presente che il debito sovrano è “infinanziabile, inaccessibile e insostenibile”. Insomma, quella di Buenos Aires non è una offerta, ma un ultimatum. Tra le righe pare di capire che all’esecutivo in fondo un nono default non costa nulla, a rimetterci saranno solo i creditori. Tra loro c’è il Fondo monetario internazionale che rischia di non vedere rientrare 44 miliardi di dollari. E al buon cuore dell’FMI sembra appellarsi l’Argentina: con la spaventosa crisi economica del Covid-19 alle porte, il Fondo potrebbe non aver voglia di bruciare tutti quei soldi, concedendo al governo ulteriori dilazioni. Ma, anche in quel caso, senza una politica economica più seria e responsabile, il default dell’Argentina sarebbe soltanto rinviato.