Size Five Games torna con una nuova autocitazione di Ben e Dan. La nostra recensione
L’autoreferenzialità va evitata come la peste quando si creano contenuti. Diverso il discorso se il progetto a cui si sta lavorando è talmente coinvolgente da imporci un passo in più: perché ci impone di diventarne i protagonisti in tutto e per tutto. Deve esser successa una cosa simile agli sviluppatori di Lair of the Clockwork God, videogioco che StartupItalia ha provato su Nintendo Switch. In questo platform sviluppato dalla software house indie Size Five Games, sono gli stessi Founder – Ben Ward e Dan Marshall – i due player character. E, a dire il vero, non è la prima volta che cedono a questa irresistibile autocitazione. Molto diversi tra loro, sia per stazza sia nel carattere, Ben e Dan affrontano un cammino ricco di puzzle ed enigmi da risolvere.
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Lair of the Clockwork God: da scervellarsi
Ben è lo spilungone, un tizio che porta con sè un sacchetto appeso al bastone come un vagabondo. Ama raccogliere oggetti che gli tornano utili durante il viaggio e, in più, ha la capacità di attivare pulsanti e altre robe tech. Dan, invece, è un tappetto decisamente più energico: salta di qua e di là e può spostare oggetti per aprirsi la strada. In Lair of the Clockwork God il gameplay rimbalza come la pallina durante una lunga partita di ping pong: per procedere bisogna passare da Dan a Ben e da Ben a Dan in continuazione.
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Il trucco è scoprire chi può fare cosa in un preciso momento. La storia dietro alle loro gesta è presto servita: i due sviluppatori devono salvare il mondo da un’apocalisse e quindi occorre far presto. Lair of the Clockwork God è stato uno dei videogiochi più apprezzati del 2020 dal pubblico, tanto che su Metacritic – che, attenzione, non va sempre e comunque presa come la Bibbia – si è guadagnato il 16esimo posto tra i migliori videogiochi del 2020.
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Enigmi su enigmi
Nel corso del viaggio, Ben e Dan incontreranno NPC e dovranno risolvere enigmi parecchio cervellotici. A scorrimento orizzontale, il videogioco si caratterizza per una grafica retro, senza troppe esigenze sulla pixel art. A tratti si notano piccole falle, con qualche bug tra un salto e l’altro, ma la ricchezza del mondo da esplorare e degli oggetti da utilizzare fa di questo un titolo tra i più interessanti dell’universo videoludico indipendente.
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I dialoghi in inglese – non sempre facili visto che viene utilizzato un linguaggio slang – sono il pepe aggiunto a Lair of the Clockwork God. Senza peli sulla lingua e con un sacco di riferimenti espliciti al mondo dei videogiochi, il titolo è un vero spasso per chi ama i platform fitti di punti ciechi e soluzioni da trovare.