Un videogioco dolcissimo e strappalacrime sul tema dell’ultimo viaggio prima del trapasso
L’arrivo delle startup innovative all’interno del mercato videoludico ha consentito ai videogiochi di trattare temi via via sempre più intimi e profondi, per lo più lasciati fuori dalla soglia dalle “major”, che ovviamente preferiscono investire in narrazioni pop che consentano loro di sviluppare opere dall’alto sapore cinematografico, in grado di intrattenere la platea più vasta possibile. In questi mesi, nelle nostre recensioni di titoli indipendenti, abbiamo così parlato di argomenti molto seri, come lo spaesamento dell’uomo di fronte alle storture della società moderna, ben affrontato in Mosaic, dell’elaborazione del lutto della persona amata, vissuto singhiozzando davanti all’italianissimo The Last Day of June, del coma (Neversong) o addirittura dei problemi famigliari di chi ha avuto una infanzia difficile, concetti racchiusi nel piccolo Lydia. Oggi parliamo invece del tema del rifiuto dalla morte che permea il piccolo e dolcissimo The Last Campfire.
The Last Campfire, un tizzone alla cerca della luce
Disponibile su Nintendo Switch, PlayStation 4, Xbox One, Epic Games Store e Steam, The Last Campfire è l’ultimo prodotto di Hello Games, startup innovativa già responsabile del chiacchieratissimo/famigeratissimo No Man’s Sky. Composta da sole tre persone (anche se, per lo sviluppo del titolo, data la qualità tecnica, sospettiamo si siano avvalsi della collaborazione di parecchi esterni) e fondata da alcuni ex dipendenti di software house blasonate come Criterion Games, Electronic Arts e Kuju Entertainment, cui si sono aggiunte anche le menti creative dietro al tenero LostWinds (qualcuno lo ricorda ancora?), questa realtà inglese è tra quelle da tenere maggiormente d’occhio.
Non ci sono guizzi ludici, ma il prodotto di Hello Games si lascia giocare molto bene
Il precedente di No Man’s Sky, titolo che prometteva la Luna e si rivelò poco più di un fiammifero, farà storcere il naso a molti tra i nostri lettori. Ma The Last Campfire potrebbe rivelarsi invece un videogioco antitetico. Tanto venne infatti pubblicizzato ed enfatizzato il videogame dell’esplorazione spaziale, quanto è arrivato in sordina, nel più totale silenzio e disinteresse, il gioco recensito qui oggi. Tanto era pretenzioso No Man’s Sky, quanto è modesto The Last Campfire. Ma, del resto, perché fare mille cose e rischiare di farle tutte male, soprattutto quando non c’è un buon budget dietro al progetto, quando si può concentrarsi solo su due-tre elementi di gameplay e rifinirli con il talento artistico classico degli sviluppatori indipendenti?
Il character design è semplicemente da urlo
Con The Last Campfire gli sviluppatori hanno scelto di percorrere questa via: non siamo quindi di fronte a un esperimento mai tentato prima da alcuna software house. Abbiamo per le mani un’avventura condita da piccoli puzzle molto simile a decine, se non centinaia, di titoli analoghi già presenti sugli store online delle nostre console e del proprio PC. The Last Campfire prova però a differenziarsi dalla massa grazie a un apporto stilistico fiabesco che risulta sicuramente ispirato e di pregio e facendo leva su di un comparto narrativo che farà scoppiare in lacrime anche il più algido tra voi.
Visivamente, The Last Campfire riesce a essere di impatto, pur essendo molto modesto
La trama del piccolo The Last Campfire è costellata di disgrazie e tratta tutte le tematiche capaci di inumidire l’occhio: la paura dell’abbandono, il rifiuto della morte e, naturalmente, l’ultimo viaggio prima del trapasso. Voi direte: facile batter cassa e strappare recensioni positive quando si gioca con i sentimenti. E allora – rispondiamo noi – non è forse quello che, in campo cinematografico, hanno sempre fatto Walt Disney, Steven Spielberg e per certi versi pure Clint Eastwood?
I personaggi sono così tondeggianti che viene voglia di morderli
Quello che ci preme sottolineare è che, dietro a un canovaccio forse un po’ troppo furbetto, studiato ad hoc per farvi lacrimare di continuo, c’è comunque un titolo molto solido, che non mira a far fare tutto il lavoro sporco alla trama. A livello tecnico, The Last Campfire è semplicemente delizioso: pare un cartone animato e butta su schermo decine di personaggi improbabili (a iniziare dal nostro alter ego, che pare un korogu di Zelda) uno più bello, tondeggiante e rubicondo dell’altro. Grafica e palette cromatica risultano all’altezza della direzione artistica, così come il sonoro.
Se avete la lacrima facile vi commuoverete parecchio. Se non l’avete, pure.
Poi c’è il gameplay. The Last Campfire è, come abbiamo detto, agli antipodi di No Man’s Sky. Se quest’ultimo aveva promesso di rivoluzionare il mondo dei videogames (e molta della stampa specializzata all’epoca gli credette, enfatizzando ulteriormente la portata dirompente del titolo, portata che ovviamente non ha avuto), The Last Campfire corre su binari tradizionali e ben si guarda dal lasciarli. Abbiamo quindi leve da tirare, interruttori da premere, casse da spingere, oggetti da portare dal punto A al punto B. Azioni che abbiamo compiuto migliaia di volte e che compiremo ancora perché, forte del suo comparto grafico riuscito e del suo canovaccio strappalacrime, The Last Campfire si fa giocare che è una meraviglia (peccato per i numerosi crash della versione Switch, speriamo che una patch arrivi quanto prima). L’ultimo parto di Hallo Games pur non presentando alcun picco ha la compiacenza di non impelagare mai il giocatore in momenti di stanca, dunque pad alla mano non si vede l’ora di arrivare ai titoli di coda di questo semplice – ma delizioso – videogioco puzzle game.