Il Ceo della startup che ha appena chiuso un round da 61 milioni di dollari racconta la sua traversata nel mare degli affari a StartupItalia
«Ci sono regate tra le boe e altre sulle lunghe percorrenze: quella che sto vivendo è sicuramente del secondo tipo, essendo iniziata tempo addietro, ma continua a offrire la giusta dose di sfida». Carlo Gualandri, ceo e founder di Soldo, la società (il sito) specializzata nella gestione e nel controllo delle spese aziendali attraverso un conto multiutente che ha appena chiuso un round da 61 milioni di dollari, è anche un esperto e appassionato velista. Per Gualandri, essere in mare aperto con la sua barca o nel mare magnum degli affari non è così differente. StartupItalia lo ha incontrato.
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La navigazione su Internet. L’esperienza di Virgilio
Del resto, almeno sul Web Gualandri ha iniziato a navigare prestissimo: è tra i padri del motore di ricerca Virgilio, uno dei protagonisti dell’Internet economy tricolore. «Avevamo il vento in poppa», racconta oggi pensando a tempi davvero differenti da quelli odierni. «All’epoca c’era meno distanza tra USA e Vecchia Europa. Nessuno degli attori statunitensi raggiunse il risultato di essere primo nel nostro continente. Ciò ci permise di fare la nostra parte in un mercato che era molto meno globalizzato: lavoravamo in Italia guardando solo all’Italia. In più, competevamo su più segmenti: media, pubblicità … Con Fineco lanciammo una delle prime banche online».
Carlo Gualandri, fonte: BHeroes
Di colpo, la bonaccia
Quindi, all’improvviso, la bonaccia: niente più onde, niente più vento. Il mercato europeo si trasforma in una tavola. «Per tutta la seconda parte degli anni ’90 – racconta Gualandri – abbiamo pensato che anche in Europa si potesse inseguire il sogno americano pur partendo da un ecosistema molto più tradizionale. Lo scoppio della bolla ci ha riportato con i piedi per terra», spiega l’imprenditore, sottolineando che «Anche l’America ha vissuto uno “sboom”, ma ha creduto di poterlo superare e l’ha fatto, l’Europa sta iniziando a uscirne solo ora, trainata dai Paesi del Nord».
Startup del Nord e startup del Sud
E qui si arriva già al giro di boa, per Gualandri, con la decisione di andare a Londra per fondare Soldo. «I Paesi nordici sono fucine di startup, perché là la popolazione è educata, sveglia, parla inglese e ama viaggiare. Chi fa impresa al Nord, negli Stati scandinavi, lo fa per esportare. Ma bisogna avere i presupposti culturali per farlo», ammette il founder della startup che ha più volte conquistato venture capitalist statinitensi. «Noi italiani, invece, non siamo aperti, non amiamo viaggiare, non parliamo inglese e tendiamo ad affidarci troppo al colpo di genio dell’ultimo secondo».
Carlo Gualandri con Marco Montemagno
Un nanismo imprenditoriale che per Gualandri ci rende troppo esposti alle bordate della concorrenza: «Spesso, chi fa impresa in Italia non pensa nemmeno a uscire dal proprio ambito cittadino. Prendiamo per esempio a tutti i servizi per ordinare cibo che esistevano dieci anni fa a Milano: spazzati via da Deliveroo. Ecco cosa comporta vivere nel “piccolo mondo antico”». «Se costruire impresa è già di per sé difficile – si chiede retoricamente il founder di Soldo – perché farlo dove è ancora più difficile, come in Italia, che resta con pochi servizi, troppa burocrazia e forte incertezza politica?»
Soldo, un’impresa fieramente italiana
Nonostante questo «Soldo tiene testa, cuore, pancia e gente italiana», precisa il suo fondatore. La startup del fintech ha uffici a Londra, Roma, Milano e Dublino. «Un melting pot che non ci rende straordinari, anzi, ma come dovrebbe essere una moderna startup europea». Eppure, anche quel melting pot ha contribuito a far sì che a Soldo si interessassero, lungo la navigata dorata che l’ha portata a incamerare 82 milioni di dollari di finanziamenti, società di VC come Accel, – che ha in portafoglio aziende come Dropbox, Facebook e Slack -, Connect Ventures e Silicon Valley Bank. «Li abbiamo attratti perché abbiamo un mercato potenziale particolarmente promettente», chiosa Gualandri che da skipper navigato sa che è bene non sedersi sugli allori, perché in mare il tempo cambia fin troppo rapidamente.
Carlo Gualandri. Fonte: Twitter
La tempesta della Brexit
E infatti se Londra fino a poco tempo fa appariva come un porto sicuro, oggi quel mercato è spazzato dai venti tempestosi della Brexit: «Da ormai due anni e mezzo qui in Inghilterra non si parla d’altro», commenta amareggiato il Ceo di Soldo. «Questo Paese ha dimostrato che non era affatto così moderno come prometteva e si sta ora impiccando con la propria corda». Da qui la scelta di riparare la propria imbarcazione in altri lidi: «Abbiamo reagito alla Brexit spostandoci verso Dublino con l’apertura di una seconda banca. Da lì serviremo il mercato europeo, da Londra solo quello britannico. La decisione inglese permetterà ad altri Paesi di approfittarne, diventando ciò che Londra avrebbe potuto essere. Ma tra questi non vedo l’Italia, che resta troppo indietro». Insomma, un’isola sulla linea dell’orizzonte. E i veri velisti, si sa, amano veleggiare in mare aperto, dove le correnti offrono maggiori sfide.