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Sei donne premiate per la qualità dei propri lavori. E per convincerle a lavorare in Italia e fare grande la ricerca del Paese. Con l’impegno, da parte dei colleghi uomini, a non ostacolarne la carriera
Per le donne e la scienza. L’obiettivo del programma For Women in Science, un progetto della Fondation L’Oréal creato in collaborazione con UNESCO, è talmente semplice da suonare incredibilmente ambizioso: sostenere la ricerca scientifica portata avanti da donne, una risorsa preziosa che troppo spesso viene relegata ai margini e che di fatto finisce per essere quasi espulsa dal circuito accademico. Il programma di For Women in Science lo fa, nel concreto, con due iniziative: per il 17simo anno consecutivo assegna una borsa di studio a delle autentiche eccellenze italiane, sei ricercatori che spesso grazie a questo sostegno possono rientrare in Italia e invertire la tendenza dei cervelli in fuga. E poi c’è una novità, annunciata alla presenza del ministro Marco Bussetti, ovvero quella dei Male Champion: ricercatori, professori, studiosi uomini che hanno accettato di sottoscrivere una carta di impegni che possa dare nuovo respiro alla lotta contro la discriminazione di genere nel mondo della scienza.
Un vantaggio per tutti
Ci sono numeri, quelli relativi alla presenza femminile nel mondo accademico, che quando si analizzano fanno calare un velo di sconforto sulla discussione. Ad esempio, come ricorda il presidente della Conferenza dei Rettori delle Università Italiane Gaetano Manfredi, tra gli iscritti ogni anno agli atenei italiani c’è una maggioranza di donne che poi si dimostrano anche i migliori studenti nel corso di tutto il ciclo di studi: “Ma col progredire della carriera si crea una sorta di svantaggio di genere – dice al pubblico presente al Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci – Si disperde un potenziale, un contributo femminile che sarebbe strategico per gestire l’enorme complessità legata alla modernità, così come l’aspetto dell’impatto sociale della scienza”.
Temi centrali, fondanti, che sono sempre più importanti anche per rendere la scienza un tema popolare e familiare al pubblico: in questo, ma non solo in questo si intende, le scienziate potrebbero offrire un contributo decisivo. Per far sì che però la loro presenza sia, come è naturale, commisurata al loro merito occorre vigilare e individuare quei processi discriminatori che possono essere di natura esclusivamente organizzativa, o persino lessicale: a oggi, ricorda Lucia Votano (fisico di fama che ha lavorato al CERN e diretto il Laboratorio Sotterraneo del Gran Sasso dell’INFN), solo il 30 per cento dei ricercatori è donna (per non parlare degli studi che recano la firma di una donna per prima), numeri che non rispecchiano quelli che invece riguardano rendimento e risultati accademici o i contributo effettivo offerto alla scienza.
Jean-Paul Agon, presidente e CEO di L’Oréal, nel descrivere l’iniziativa parla esplicitamente di un “soffitto di cristallo che rappresenta ancora un’indiscutibile realtà”: ed è ovviamente dello stesso avviso l’AD italiano Francois-Xavier Fenart, che ribadisce come “Sono stati fatti progressi concreti nella lotta per la parità, ma la strada è ancora lunga”. Da qui l’idea di “Male For Women in Science”, un manifesto lanciato in occasione di questa che è la 20sima edizione a livello internazionale (come detto la 17sima per l’Italia) e che impegna i sottoscrittori non solo a non ostacolare la carriera delle colleghe scienziate, ma anzi svolgere un ruolo di mentor che le aiuti nel progredire delle loro carriere attraverso il supporto alle assunzioni, pubblicazioni e candidature ai premi per i quali possano concorrere. Hanno già aderito nomi importanti tra rettori, professori, direttori di poli di ricerca di livello internazionale.
C’è anche di che essere ottimisti, secondo di nuovo il professor Manfredi che cita i risultati preliminari del concorso che ha visto la selezione di 1.500 nuovi ricercatori lo scorso anno: a sentir lui, la maggioranza dei candidati in lizza per l’assegnazione di un posto sarebbe donna, a dimostrazione della preparazione mostrata già a livello di studi accademici. C’è poi un altro dato, citato questa volta da Enrico Vicenti, segretario generale della Commissione Nazionale Italiana dell’UNESCO, che sottolinea come nel 2018 due premi Nobel siano andati ad altrettante donne (fisica e chimica): “Piccoli passi verso un grande risultato” dice, mentre sprona l’accademia tutta a sfruttare ogni risorsa possibile per dare vita a quella ricerca di maggior pregio che veda il contributo creativo come fattore determinante per riportare l’Europa ai vertici della scienza mondiale.
Le borsiste italiane 2019
Sono sei quest’anno le assegnatarie della borsa For Women in Science di Fondation L’Oréal e UNESCO: la novità del 2019 è che è stata aggiunta una nuova categoria, quella dell’ingegneria, a dimostrazione dell’attenzione crescente per tutte le discipline dell’area STEM. Ad aggiudicarsi una borsa in questa categoria c’è Federica Mezzani (Università La Sapienza di Roma), con il progetto MINOR che prevede l’impiego di una flotta di droni per la localizzazione delle mine antiuomo nelle zone di guerra: un progetto dall’altissimo tasso tecnologico, che sfrutta addirittura innovativi sensori detti gravimetri per rilevare le variazioni minime di composizione del terreno e scovare quindi gli ordigni sepolti, e con un valore sociale altrettanto impressionante.
Altrettanto significative le ricerche di Teresa Mezza (Università Cattolica del Sacro Cuore) sulle terapie personalizzate per i pazienti affetti da diabete di tipo 2, di Ester Pagano (Università Federico II di Napoli) per lo studio di una proteina legata all’insorgenza del tumore nel colon-retto, così come Paola Tognini (Scuola Normale di Pisa) che si occupa di nutrizione e metabolismo intestinale e su come questo possa influenzare l’attività celebrale.
Tornando alla fisica e alla chimica, Alice Sciortino (Università degli studi di Palermo) si occupa invece di nanomateriali a base carbonio da impiegare in dispositivi di tipo ottico-elettrico come le celle fotovoltaiche. Guarda invece allo spazio la ricerca di Silvia Celli (Università La Sapienza di Roma), che attraverso l’analisi dei segnali provenienti dalle supernova tenta di costruire un metodo di studio per le particelle esotiche che vengono prodotte da questi fenomeni cosmici ad alta energia e che a oggi non è ancora possibile riprodurre negli acceleratori di particelle.