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La vita dei cittadini, la nostra vita, dipende sempre di più dai servizi digitali. Ed è soggetta alle condizioni d’uso e alla qualità del servizio di questi nuovi oligopoli tecnologici
Una delle ragioni, forse la più importante, per cui gli oligopoli andrebbero smantellati è che mediamente non funzionano. O che, nel lungo periodo, tendono a non funzionare: creando un danno ai cittadini. Non ci sono grandi dubbi che oggi, a soli vent’anni dalla nascita della Internet commerciale, di oligopoli digitali ce ne ritroviamo almeno tre. Quello di Google, quello di Facebook e quello di Amazon.
Seguendo una simile regola aurea Google, Facebook e Amazon, ognuno a proprio modo, tendono a funzionare sempre peggio. Aumentano la propria influenza su di noi offrendo un servizio sempre più ampio ma sempre meno buono. Il motore di ricerca di Mountain View offre ricerche deludenti, i nostri amici di Facebook sono nella migliore delle ipotesi soggetti poco raccomandabili, Amazon annichilisce ogni concorrenza e il suo marketplace sembra ormai un suk libanese pieno di gadget elettronici che sembrano quello che non sono.
Qualche mese fa l’Economist stilò una breve lista di provvedimenti necessari per ridurre la centralità delle grandi aziende Internet, anche ricordando che fra le dieci aziende più ricche del mondo secondo Fortune almeno cinque sono aziende tech (Apple, Microsoft, Alphabet, Facebook, Alibaba, Amazon). Fra questi provvedimenti necessari alcuni riguardavano in particolare Facebook che, come è noto, possiede oltre alla piattaforma sociale più utilizzata al mondo anche Instagram e Whatsapp e che si candida per questo ad essere il più articolato degli oligopoli. Si trattava di consigli semplici da applicare prima degli inevitabili “spezzatini”, riservati a quando ormai la situazione ha superato i limiti di guardia.
Oggi, secondo il New York Times, Facebook sta pensando di connettere fra loro i sistemi di messaggistica delle sue tre piattaforme: creando un nuovo inedito e solido giardino recintato, non tanto sui dati condivisi dagli utenti (che almeno teoricamente sono criptati end to end) ma sui metadati di simili connessioni. Secondo Sarah Jamie Lewis, direttrice di Openpriv, riunire una simile gigantesca miniera di (nostre) informazioni sarà molto utile anche nei rapporti con il potere.
Che è poi il soggetto che dovrebbe domani decidere sul destino degli oligopoli.