In collaborazione con |
Voci di rete unica si diffondono nello Stivale. Ma siamo davvero sicuri che basti una rete ad alta velocità a rilanciare le speranze del Paese?
Nella eterna discussione a riguardo della banda larga o larghissima in Italia sembrano esserci alcuni piccoli passi avanti. È da circa un decennio che se ne discute (un decennio da noi è un tempo brevissimo) e forse quando la bagarre sarà terminata i fasci di bit delle nostre connessioni avranno scelto di transitare altrove rispetto ai cavi degli operatori telefonici. A quel punto la discussione sulla fibra che arriva al cabinet, o sotto casa, o dentro il nostro appartamento, sarà del tutto filosofica. Le discussioni filosofiche (possibilmente senza ricadute pratiche) sono, del resto, il nostro forte.
Ma a parte questo, se anche fosse, se davvero nel giro di pochissimo il nostro Paese riuscisse a riunire in un unico network tutta l’offerta di connessione veloce a Internet, cancellando con un colpo di bacchetta magica antichi conflitti fra differenti operatori, soggetti terzi (come CDP e ENEL) piovuti da non si sa bene dove, e una cronica e ben nota insipienza della politica verso un tema che non l’ha mai interessata, resterà ugualmente sul tavolo una domanda non secondaria. A chi venderemo tutto questo ben di Dio? A quali aziende desiderose di connettersi in fretta con il mercato globale? A quali cittadini disposti a pagare un abbonamento mensile per accedere a tutte le informazioni del mondo?
Il divario infrastrutturale è un problema serio e un freno concreto all’innovazione del Paese, nessuno lo nega, ma il divario culturale nei confronti del digitale, quello che sta ben piantato nelle nostre teste, lo è perfino di più. Ci farà quindi comodo One Network, certo, ma sarebbe perfino più utile One Brain. Perché senza un grande cervello che pensa al futuro, l’infrastruttura rimarrà lì a prendere polvere. Anche prendere polvere, del resto, è un po’ il nostro forte.