La sezione italiana sbarra l’accesso al sito per protestare contro la “tassa sul link”
Niente Wikipedia. Almeno per oggi, anche se non è dato sapere per quanto andrà avanti la singolare forma di protesta. Panico tra i maturandi che, lasciati alle spalle gli scritti, si stanno frettolosamente preparando in vista degli orali e all’improvviso perdono uno dei siti da cui tradizionalmente attingono. Anche noi giornalisti, sarebbe ipocrita negarlo, ci scopriamo un po’ in difficoltà , ma siamo in buona compagnia, visto che gli orfani della nota enciclopedia on line sono milioni di persone, solo in Italia.
La decisione di oscurare il sito è collegata al nuovo corpus normativo sul diritto d’autore, che l’Europarlamento voterà il prossimo 5 luglio. Secondo Wikipedia tale novella legislativa «minaccia la libertà online e crea ostacoli all’accesso alla Rete imponendo nuove barriere, filtri e restrizioni. Se la proposta fosse approvata, potrebbe essere impossibile condividere un articolo di giornale sui social network o trovarlo su un motore di ricerca. Wikipedia stessa rischierebbe di chiudere».
La battaglia di Wikipedia
Da qui la decisione di sensibilizzare l’opinione pubblica. Come? Nel modo più vecchio, anche se siamo sul Web: con uno sciopero che crei disagio agli internauti. «La comunità italiana di Wikipedia ha deciso di oscurare tutte le pagine dell’enciclopedia. Vogliamo poter continuare a offrire un’enciclopedia libera, aperta, collaborativa e con contenuti verificabili. Chiediamo perciò a tutti i deputati del Parlamento europeo di respingere l’attuale testo della direttiva e di riaprire la discussione vagliando le tante proposte delle associazioni Wikimedia, a partire dall’abolizione degli artt. 11 e 13, nonché l’estensione della libertà di panorama a tutta l’UE e la protezione del pubblico dominio», si legge provando ad accedere al sito.
Wikipedia, inoltre, ricorda che la sua posizione è condivisa da oltre 70 studiosi informatici, tra i quali il creatore del web, Tim Berners-Lee (qui), 169 accademici (qui), 145 organizzazioni operanti nei campi dei diritti umani, libertà di stampa, ricerca scientifica e industria informatica (qui) e di Wikimedia Foundation (qui).
La Link Tax che spaventa tutti, colossi inclusi
Ad agitare i detentori del sapere online la previsione di una cosiddetta “tassa sul link”: le nuove norme in votazione di fatto impongono a tutti di pagare per ogni contenuto protetto che viene condiviso. Questo significa che qualsiasi richiamo a giornali, film e, più generalmente, qualsiasi opera dell’ingegno (persino un meme!), sarà sottoposta a tassazione. La morte dei “collegamenti ipertestuali”, insomma e, anche, lo sfilacciamento della Rete, almeno così come la conosciamo noi oggi.
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A rischio siti, sitarelli, ma anche i colossi del Web, a iniziare da Youtube, che già da tempo ha iniziato una seria lotta per la tutela del materiale protetto da diritto d’autore, applicando filtri audio/video sempre più intelligenti e affinati. A soffrire più di tutti, però, sarà Google, che vive di collegamenti: se la norma passasse così com’è il gigante di Mountain View dovrebbe pagare dazio alle testate giornalistiche solo per indicizzarle, capovolgendo il ben noto paradigma che oggi fa in modo che il sistema operi all’opposto.
Non resta che attendere il 5 luglio
In realtà , l’Europarlamento aveva già previsto di mitigare la portata delle nuove norme: pubblicando solo estratti di articoli apparsi altrove e non il pezzo intero non dovrebbe scattare l’obbligo di pagare alcuna tassa. Per lo stesso motivo, con ogni probabilità , si potranno pubblicare tranquillamente anche 10/15 secondi di un film o di una canzone. La ratio, del resto, è quella dell’attuale norma sul diritto d’autore vigente in Italia che permette di fotocopiare solo una determinata percentuale dei testi ma impedisce di andare oltre. Ora che si è mossa Wikipedia (almeno quella italiana: è curioso il fatto che in Francia, Spagna e Germania il sito sia online regolarmente), tuttavia, forse qualcosa potrebbe smuoversi, nelle coscienze degli Europarlamentari.