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“Il disegno di legge imbavaglia il diritto di famiglia: mette al centro il rapporto tra i genitori e solo in secondo piano l’interesse dei figli”, denuncia l’avvocato Manuela Ulivi. E la battaglia finisce in Rete
“La proposta del senatore leghista Simone Pillon ci porta indietro di quasi cinquant’anni, e imbavaglia il diritto di famiglia“. A dirlo è l’avvocato divorzista Manuela Ulivi. Insieme a un cospicuo gruppo di legali civilisti milanesi e all’associazione “Casa di Accoglienza delle Donne Maltrattate” di Milano (CADMI), la legale, divorzista da 30 anni, sta portando avanti una battaglia contro il ddl Pillon.
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Gli aspetti più critici del ddl Pillon
Tra i punti cardine della riforma, ci sono: il mantenimento diretto, in sostituzione all’assegno; l’obbligo di rivolgersi, in caso di separazione, alla figura del mediatore familiare (a pagamento); oltre al fatto che i figli dovrebbero trascorrere almeno 12 giorni con ciascuno dei genitori. Caratteri che fanno del ddl Pillon un progetto di riforma contrario ai principi di questo gruppo di avvocati che urla No alla riforma! e, già da una settimana, porta avanti una petizione su change.org. Per adesso, i firmatari sono più di 67.000. “Ma aumenteranno, ne siamo certi”, dichiara l’avvocato Ulivi, a capo di questa singolare battaglia nonostante vada anche contro i proprio interessi economici dato che, il ddl Pillon, allungando i tempi delle liti incrementerebbe pure i guadagni dei difensori.
Il mediatore familiare: viola la Convenzione di Istanbul
“L’obiettivo non enunciato, ma comunque evidente, è quello di rendere talmente complicata la strada per la separazione da far rinunciare i genitori a perseguirla. Partendo già dalla figura del mediatore familiare che, con questa riforma, diventerebbe obbligatoria e non più facoltativa“, spiega l’avvocato Ulivi, precisando che il ricorso al mediatore implicherebbe costi ulteriori.
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In questo senso, aspetto ancor più grave, in molti casi di violenza domestica, si potrebbe incorrere in una situazione di questo tipo: “Mettiamo il caso che una donna subisca violenza – spiega l’avvocato – nel caso in cui decidesse di separarsi dal marito, sarebbe costretta a fare ricorso al mediatore. Oltre a dover avvertire il coniuge, il quale potrebbe ulteriormente accanirsi contro di lei, la vittima sarebbe pure obbligata, in un momento così difficile della propria vita, a ritrovarsi faccia a faccia con il violento e discutere con questo della situazione. Un’ipotetica casistica di questo tipo non solo è inconcepibile, ma, addirittura, andrebbe a violare il divieto di mediazione previsto dall’articolo 48 della Convenzione di Istanbul“.
Ma chi è, nella sostanza, il mediatore familiare? “Bella domanda – risponde la legale – Questa riforma istituisce un apposito albo dei mediatori. Per farla breve, chiunque sia in possesso di una laurea e di una specialistica in campo medico, pedagogico, psicologico, legislativo o sociale, ed abbia frequentato corsi di formazione specifica, può diventare mediatore familiare”. Ma, anche sotto questo punto di vista, l’avvocato fa notare che questa professione potrebbe anche essere esercitata anche da chi non ha esperienza pregressa nel campo. Altro punto anomalo, data la complessità delle problematiche che interessano le coppie in fase di separazione con figli a carico.
Il rapporto tra genitore e figlio e il piano genitoriale
Con il ddl Pillon, il minore sarebbe obbligato a rimanere “almeno 12 giorni con ognuno dei due genitori”. “Questa clausola non tutela i figli, anzi. Non tiene conto dell’età, delle esigenze, degli interessi, delle abitudini dei bambini. Immaginiamo di cambiare casa continuamente. La norma non vale, chiaramente, nel caso in cui i tempi di permanenza presso il padre, o la madre, possano essere pregiudizievoli per il minore (per es. in caso di violenza)”, commenta l’avvocato.
Quanto al piano genitoriale previsto dal disegno di legge: “Si tratta di un piano stilato da entrambi i genitori, dove si deve prevedere cosa accadrà al figlio nel corso del tempo, (luoghi, persone frequentate, scuola, attività, vacanze, etc…). Questi accordi rimarranno la base di riferimento anche in caso di successivo contenzioso e dovrebbero, nel vero senso della parola, prevedere il futuro. Per cambiare il piano si dovrà ricorrere al giudice e al mediatore, tenendo aperto un continuo contrasto tra le parti, oltre ad un notevole dispendio di risorse economiche”, continua l’avvocato.
Il mantenimento diretto
Altro aspetto non meno criticato degli altri, anzi, probabilmente la parte della riforma che più accentua le differenze tra madre e padre, è l’introduzione del mantenimento diretto. Stop all’assegno di mantenimento. Ogni genitore dovrebbe provvedere, in base alle proprie disponibilità economiche, al figlio.
“Mettiamoci nei panni di una madre che, per il proprio figlio, abbia rinunciato ad una carriera, ad un lavoro. In rari casi ogni genitore ha le medesime possibilità economiche dell’altro. Seguendo la riforma, ci si troverebbe nella situazione in cui, quando il figlio si trova con il genitore economicamente più abbiente, non gli mancherebbe niente, e il contrario viceversa. Oltre a rappresentare una condizione decisamente svilente nei casi di difficoltà, come si procederebbe nel caso in cui questo dovere economico non fosse ottemperato? Si avanza una causa se il coniuge non ha comprato le scarpe al figlio? Si chiede di presentare, a fine giornata, gli scontrini o le fatture? E’ ridicolo”, prosegue l’avvocato.
Il senatore Pillon
Insomma, il ddl Pillon sembra voler fare tutto meno che riappacificare il rapporto tra madre e padre. “Se fosse approvata così come è scritta, ci sarebbero meno matrimoni, meno figli e meno divorzi. E tutto questo non tutelerebbe né il minore né le donne vittime di violenza, e neppure il rapporto genitoriale. Pur di non separarsi, i genitori lotterebbero tra le mura di casa. Ingiustamente”, conclude l’avvocato. Alla domanda se, comunque cambierebbe qualcosa riguardo la normativa vigente, risponde: “Se proprio dovessi cambiare qualcosa, escluderei in toto l’affido condiviso in casi di violenza, ed agirei contro la strumentalizzazione dei figli da parte dei genitori”.