La decisione del ministro Luigi Di Maio di avviare il procedimento per annullare eventualmente la gara vinta da ArcelorMittal rimette in discussione l’acquisizione del polo siderurgico. I principali punti di frizione con l’acquirente
Trenta giorni per decidere il destino dell’Ilva. I trenta giorni più caldi – non solo per via del clima – per la città di Taranto, la Puglia e tutta l’industria pesante del Paese. Sono i trenta giorni del procedimento amministrativo finalizzato all’eventuale annullamento della gara vinta dal gruppo indiano ArcelorMittal che il neo ministro allo Sviluppo Economico, Luigi Di Maio, nella serata di ieri con una nota ha annunciato di essere ponto ad attivare. Con conseguenze ancora tutte da prevedere, perché di colpo il nostro polo siderurgico potrebbe rischiare di perdere l’acquirente.
Di Maio: “Accertare impatto ambientale e sulla salute”
Oggi, il numero 1 del MISE incontrerà i vertici della compagnia acquirente. Prima, però, ha presenziato al convegno romano “Le rinnovabili al centro della transizione energetica”, a margine del quale ha dichiarato: «Se questa gara non è stata fatta in regola lo capiremo dalla procedura di accertamento e dell’eventuale ritiro in autotutela della gara dell’Ilva. Se invece la legge mi dirà che non posso farlo – ha proseguito Di Maio -, non posso farlo. Non è che la mattina il ministro si sveglia e dice ‘ritiriamo le gare’. Però è molto preoccupante il fatto che l’autorità anticorruzione abbia espresso preoccupazione e su quelle criticità abbiamo riscontri perché abbiamo letto 23mila pagine di procedura di gara e non mi sembra sia stata fatta a regola d’arte. Se una gara non è fatta bene l’impatto ambientale, sulla salute e i posti di lavoro sono a rischio. Oggi incontrerò Mittal perché avevo chiesto una controproposta, loro probabilmente verranno a portarmela, io la valuterò. Non ho pregiudizi, ma sia chiaro che prima del piano ambientale viene la legalità ».
Il ministro Luigi Di Maio all’evento “Le rinnovabili al centro della transizione energetica”
Emiliano: si ascoltino i tarantini
Senza troppe sorprese, mentre Forza Italia e Pd si sono schierati contro la decisione del ministro di rallentare ulteriormente la cessione dell’Ilva, il solo soddisfatto è parso essere il democratico Michele Emiliano, da sempre contrario al piano di risanamento del polo siderurgico. Oggi il presidente della Regione Puglia ha commentato: «Sono molti anni che io andavo ripetendo che questa vicenda andava vissuta facendo partecipare dal basso i tarantini alle decisioni, mentre le decisioni sono state imposte dall’alto». Quindi ha aggiunto:  «Taranto al momento ha l’esclusiva di queste procedure e vorremmo farlo per tutte le città pugliesi».
A che punto è la trattativa
La nuova doccia fredda arriva dal Ministero dello Sviluppo Economico a meno di 24 ore dall’ultima nota di ArcelorMittal con cui il Gruppo rendeva pubblica la propria disponibilità ad accettare «tutte le richieste sostanziali di ulteriori impegni riguardo il contratto di affitto e acquisto firmato nel giugno 2017». Insomma, gli acquirenti non si alzano dal tavolo – almeno per il momento – e stanno dimostrando la volontà di collaborare col nuovo governo. L’Ilva è stata aggiudicata al prezzo di 1,8 miliardi, con un canone di affitto annuo di 180 milioni di euro. L’offerta prevede investimenti per circa 2,4 miliardi di euro di cui 1,25 miliardi di investimenti tecnologici e 1,15 miliardi di investimenti ambientali. Non abbastanza secondo il nuovo esecutivo. Sono infatti due i nodi da risolvere: quello occupazionale e quello ambientale.
La richiesta del governo: rendere l’Ilva un polo green
Da quanto si apprende, proprio il tema ambientale è stato oggetto della nuova trattativa intavolata cinquanta giorni fa, quando Luigi Di Maio si è insediato al ministero dello Sviluppo Economico prendendo in mano il dossier avviato dal suo predecessore, Carlo Calenda. Il governo ha chiesto ai compratori di ridurre i tempi di completamento degli interventi sui parchi minerali, sulla depolverazione dell’impianto di agglomerazione e sull’intervento per la loppa dell’altoforno. Interventi necessari non solo per la tutela ambientale ma anche e soprattutto per la tutela della salute pubblica. La risposta di ArcelorMittal sarebbe stata positiva. Resterebbe solo da chiarire l’aspetto della decarbonizzazione dell’impianto che, in assenza di compromessi, rischia di diventare il nuovo casus belli tra l’esecutivo e l’acquirente indiano.
Il tema occupazionale
La trattativa con l’azienda indiana rischia di impantanarsi anche sul fronte degli esuberi. Al tavolo resterà sempre Di Maio, nella sua duplice veste di ministro del MISE e del Lavoro. A quanto è dato sapere, il piano resta al momento fissato sui 10.100 assunti al subentro e altri 400 da impiegare a fine piano industriale, nel 2023. Nella serata di ieri però l’Ansa ha fatto sapere che Mittal sarebbe pronta a definire con il sindacato «un’idonea soluzione». Adesso dunque, la palla torna ai piedi del super-ministro (MISE e Lavoro), ma serviranno appunto 30 giorni per sapere quale sarà il destino dell’Ilva.