La stretta di Cina e Corea del Sud nei confronti degli imbroglioni del gaming competitivo. Codici e programmi vietati rappresentano un pericolo per un mercato che varrà più di un miliardo nel 2018
Hacker e cheater danno l’assalto agli eSports. Il mondo del gaming competitivo si scopre vittima di chi grazie a codici e programmi vietati riesce a falsare il risultato di una partita. Aumentano le truffe e, in risposta, aumentano anche gli interventi delle forze dell’ordine in proposito.
Il Malaysian Battlefield Team (MBT) in un match di Overwatch
Multe e arresti
Basta dare un’occhiata ai numeri e si scopre che lo scorso maggio in Cina sono stati effettuati ben 15 arresti di persone sospettate della creazione e vendita sul mercato di software per truccare le competizioni. Mentre in Corea del Sud, nello stesso periodo, un anno di indagini sull’hacking in Overwatch, ha portato a due condanne: la prima con una multa di 10mila dollari, la seconda con 2 anni di libertà vigilata. Lo scorso gennaio, infine, oltre un milione di videogiocatori di PlayerUnknown’s Battlegrounds sono stati bannati dallo sviluppatore Bluehole.
In fin dei conti, il Paese asiatico è stato il primo a dotarsi di una legislazione sugli eSports per proteggere il mercato dall’azione degli hacker. Una legislazione nel 2010, in occasione del “Brood War: match-fixing scandal”, portò alla squalifica a vita per 11 pro-player accusati di aver venduto alcune partite di StarCraft.
Un business in crescita
Se qualcuno si chiede il perché, rispondere è molto semplice. Perché gli eSports, che già ora valgono molto, saranno un affare multimiliardario nel giro di pochi anni. Newzoo sostiene che nel 2018 il gaming competitivo muoverà 906 milioni di dollari (con il 38,2% di crescita annua), mentre Niko fa previsioni ancor più positive puntando a oltre un miliardo e 100 milioni.
Non c’è da stupirsi, tenendo conto che dal 2006 il gaming agonistico ha collezionato più di 600 accordi di sponsorizzazione (360 in ambito tecnologico, una cinquantina con bevande non alcoliche e oltre 40 con media online). Un mercato che dal 2014 ha conosciuto un’improvvisa accelerazione grazie all’ingresso di Red Bull e McDonald’s.
Il pubblico presente a una gaming competition
Poi è stato il turno dai colossi mondiali della telefonia (Telecom, Vodafone) e dell’abbigliamento (Adidas, Nike e Under Armour), del settore finanziario e del personal care. Fino a marchi tradizionalmente legati al settore automobilistico (Mercedes, BMW o Volkswagen). Per fare un esempio, qualche mese fa il gruppo Renault ha firmato un accordo con il Team Vitality, organizzazione francese che organizza squadre in discipline elettroniche.
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La correttezza prima di tutto
Tanti soldi, ma anche tanta passione. A salvare il futuro degli eSports potrebbero essere proprio gli appassionati. Non è un caso, infatti, che si stiano moltiplicando realtà come la Esport Integrity Coalition, un’organizzazione inglese senza scopo di lucro fondata per vigilare sulla correttezza degli eventi esportivi.
Un po’ quello che chiede il Comitato Olimpico Internazionale per dare la legittimazione definitiva degli eSports.