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Storia della realtà italiana leader nella gestione patrimoniale online che ha scommesso sulla rete puntando sulla fiducia. In attesa di StartupItalia! Open Summit di dicembre 2017 intervista ad Alesandro Onano, Chief Marketing Officer di Moneyfarm
Scommettere sulla semplificazione finanziaria. Quella che fa rima con le tecnologie sicure e innovative. E poi ancora, rompere le catene di un mercato paludato, imponendosi nel giro di pochi anni come leader di un ambito specifico.
Ci vuole coraggio d’altronde per lasciare un posto sicuro e scommettere su un’intuizione, crederci fino in fondo e farla diventare impresa. Ma tant’è. Due esperti di finanza ce l’hanno fatta. Oggi una startup tutta italiana ha semplificato il mercato della consulenza finanziaria indipendente. E l’idea di Moneyfarm è diventata un punto di riferimento in Europa.
«Nati per cambiare lo status quo»
La startup è stata messa in piedi sei anni fa da Paolo Galvani e Giovanni Daprà e oggi è leader per la gestione patrimoniale online, autorizzata e regolata dalla Financial Conduct Authority e vigilata in Italia da Consob. «Di fatto siamo nel mercato dal 2012 e la nostra idea è sempre stata quella di fare le cose in casa da un punto di vista tecnologico. E quindi abbiamo un team tecnologico che ci ha permesso di crescere», racconta Alessandro Onano, manager 40enne nato a Cagliari e Chief Marketing Officer di Moneyfarm, impegnato nel digital marketing sin dai primi anni Duemila. Il suo esordio è nel mondo del gaming, poi nel 2014 l’approdo nel finance.
Moneyfarm è specializzata negli investimenti a medio-lungo termine. Tramite la sua piattaforma online offre a migliaia di clienti in Italia e nel Regno Unito una consulenza finanziaria accessibile, indipendente e trasparente. Grazie all’utilizzo delle tecnologie digitali ha sviluppato un modello che le permette di fornire un servizio di gestione finanziaria di prima qualità, semplice, trasparente e a costi inferiori a quelli offerti dai gestori tradizionali. Ad agosto 2012 è sbarcata online, aprendo la strada alla consulenza indipendente via Internet nel mercato italiano.
Investitori e round record (per l’Italia)
«L’intuizione iniziale è stata quella voglia di cambiare una situazione insostenibile. I due fondatori lavoravano in una banca di investimento in questo mercato gigantesco con commissioni spropositate. Un mercato con problemi e inefficienze e non più conveniente per gli investitori. Oggi abbiamo circa un migliaio di nuovi clienti ogni mese. Gestiamo intorno ai 300 milioni di euro di capitale in questo portafoglio e abbiamo raddoppiato le masse gestite nei primi sei mesi del 2017», racconta Alessandro. L’azienda ha come soci principali i fondi di investimento Cabot Square Capital e United Ventures, il gruppo Allianz e Vittorio Terzi (Director Emeritus di McKinsey Italia). E ha raccolto da fondi e altri investitori oltre 25 milioni di euro. L’ultimo round risale al settembre dello scorso anno, quando Allianz SE è entrato nel capitale della società attraverso un importante accordo strategico. Obiettivo: distribuire i fondi gestiti con strategia attiva di Allianz tramite la tecnologia di robot advisory.
L’intervista: mercato, trend, consigli
Alessandro, ci racconti il vostro team una volta arrivati sul mercato?
«Per i primi due e tre anni eravamo una quindicina di persone. Quindi una struttura snella. Poi ci siamo rafforzati e oggi siamo 95, con un business italiano che si è consolidato e che ha trovato anche attenzione da investitori del fintech».
Arrivare per primi fa la differenza. Ma non basta essere pionieri in un mercato. Occorre avere visione e quindi abbiamo subito creduto ad un piano di crescita ambizioso
Quanto conta arrivare per primi?
«Credo faccia la differenza. Siamo stati i primi in Italia. Ma non basta essere pionieri in un mercato. Occorre avere visione e quindi abbiamo subito creduto ad un piano di crescita ambizioso».
Il vostro punto di forza?
«Offriamo un servizio di gestione patrimoniale che si basa sulla consulenza necessaria a disegnare una soluzione di investimento personalizzata adatta al raggiungimento degli obiettivi personali»
Destinazione Londra. Cosa ha rappresentato andare Oltremanica?
«Per noi è stato il primo passo spostarsi a Londra. E lo abbiamo fatto per metterci in una posizione più centrale per attrarre talenti e investitori. Londra ha significato anche una accelerazione della crescita legata all’internazionalizzazione. Una crescita in termini di fatturato e sviluppo della tecnologia».
Nel vostro percorso c’è anche Cagliari. Perché avete scelto la Sardegna?
«Cagliari è stata una opportunità legata a fondi europei di sviluppo. Ma è stata una tappa importante: la terra sarda è un polo di tecnologie all’avanguardia, che si legano ad un costo della vita più basso. Tutto ciò favorisce l’innesto di realtà imprenditoriali tech».
In Italia si parla spesso di fintech e sembra stia uscendo dall’ambito di nicchia legato agli addetti ai lavori. Condividi questo trend?
«Ciò che sta cambiando nel fintech è la consapevolezza nelle persone che esistono sistemi alternativi – e peraltro anche più convenienti e meno problematici – legati all’economia. Sistemi che consentono investimenti sicuri e più immediati. Tutto ciò lo spiego con la propensione delle persone a superare le difficoltà legate all’adozione digitale. La diffidenza viene meno. Non ci sono più soltanto gli early adopters. Oggi anche il cinquantenne ha iniziato ad investire in fondi comuni».
C’è un elemento differenziante per fare impresa nel vostro settore?
«Credo che l’infrastruttura tecnologica sia fondamentale: ciò che sta al centro del nostro prodotti finanziari è semplice e immediato, ma a fare la differenza è la tecnologia innovativa e sicura. Ecco perché per noi l’evoluzione è legata ai linguaggi di programmazione, ma anche alla regolamentazione che consente di avere reti più aperte che facilitano gli scambi.
Credo che l’infrastruttura tecnologica sia fondamentale: ciò che sta al centro del nostro prodotti finanziari è semplice e immediato, ma a fare la differenza è la tecnologia innovativa e sicura
La regolamentazione del mercato è frenante rispetto alla tecnologia?
«Se da un lato la regolamentazione è un problema burocratico, dall’altro lato ha messo dei paletti per i quali il cliente oggi è molto più sicuro delle operazioni finanziarie che fa».
Nella scelta delle persone occorre puntare non sono sulle competenze tecniche – che restano centrali per il nostro business, ma anche soft skills
Tre consigli agli startupper in erba che si stanno affacciando in questo momento sul mercato?
«Il primo consiglio è il focus, che deve essere necessariamente sulla scelta del team. E qui occorre puntare non sono sulle competenze tecniche – che restano centrali per il nostro business, ma anche soft skills. È importante creare un ambiente di lavoro con gente motivata e che creda nella mission dell’azienda. Il secondo consiglio è sulla tecnologia: la diamo per scontata, per noi è ovvio che una startup del fintech sia necessariamente tech oriented, ma è importante mantenere vivo l’asse delle tecnologie. Il terzo consiglio è quello di mettersi in discussione, cercando di non accostarsi mai. E questo significa anche non avere paura di cambiare il modello di business».
@gpcolletti