Il capoluogo del Friuli Venezia Giulia sarà Capitale della Scienza nel 2020. A abbiamo chiesto al comitato promotore qualche anticipazione sui progetti che rilanceranno la città. Dall’Europa e dalle istituzioni italiane in arrivo tra i 4,2 e i 4,7 milioni di euro
Una città che incarna un ponte tra due Europe, e che ha un rapporto strettissimo con la ricerca scientifica: sono le qualità che hanno permesso a Trieste di essere designata, lo scorso 11 luglio, Capitale europea della cultura (Esof) per il 2020. Raccoglierà il testimone di Tolosa, in Francia, che ospiterà nel 2018 l’evento biennale organizzato dall’ente europeo EuroScience come occasione di dibattito e confronto per scienziati, responsabili politici, investitori economici e grande pubblico.
“Trieste ha vinto non solo per il suo backgroud scientifico ma perché ha dimostrato di essere un punto di integrazione tra le due Europe, quella occidentale e quella centro-orientale” racconta a StartupItalia! Pierpaolo Ferrante, ingegnere e project manager del comitato promotore, uno dei principali artefici della candidatura del capoluogo giuliano.
Un ponte verso Oriente
Al di là della densità di ricercatori – altissima, sono 35 ogni mille abitanti – la carta in più della città è stato proprio il legame con i paesi dell’Est, che ha sopperito alle difficoltà per un progetto partito in ritardo e per il fatto che già un’altra città italiana, Torino, fosse stata capitale della scienza pochi anni fa, nel 2010.
Nel bando di EuroScience per l’edizione 2020 c’era però un punto determinante: l’attenzione ai paesi dell’Europa orientale. “Se si fosse candidata una loro città – spiega ancora Ferrante – avrebbe avuto un occhio di riguardo. Nessuna lo ha fatto, e noi siamo riusciti a ottenere il sostegno di moltissimi ministri e scienziati di quelle nazioni, che hanno da decenni legami molto stretti con le istituzioni scientifiche triestine”. E che hanno redatto la maggior parte delle 160 lettere d’appoggio incluse nel dossier di candidatura: “I commissari hanno capito come Trieste sia la capitale di un’area più vasta: un punto d’integrazione tra l’Europa centro-orientale e quella occidentale, e un nodo fondamentale per spingersi oltre, lungo quella ‘via della seta’ che la Cina ha rilanciato con forza”.
A Trieste, poi, la scienza è di casa grazie alla presenza, tra gli altri, del Centro internazionale di fisica teorica (ICTP) e della Scuola superiore di scienze avanzate (SISSA). Il motore principale della candidatura triestina è stata invece la Fondazione internazionale Trieste per il progresso e la libertà delle Scienze (Fit), attiva da oltre cinquant’anni per promuovere la diffusione della scienza e valorizzare gli scambi con i centri di ricerca presenti nella città giuliana. Tutte queste istituzioni hanno un uomo in comune: il fisico Paolo Budinich, scomparso a 97 anni nel 2013, che ha avuto un ruolo fondamentale nella loro nascita.
“È alle sue idee che si richiama lo slogan che abbiamo scelto”, Libertà per la scienza, scienza per la libertà, spiega Stefano Fantoni, anche lui fisico, presidente della Fit e del comitato promotore di Esof Trieste 2020. “Budinich diceva che ‘davanti a una lavagna siamo tutti uguali’. Significa che la scienza è un linguaggio universale e un veicolo di libertà e pace: basta pensare al CERN di Ginevra, forse l’unico strumento che ha messo insieme vincitori e perdenti della Seconda guerra mondiale. Per la scienza, la libertà si declina nell’essere priva di preconcetti, ma anche nell’essere vincolata alle domande della società, ad esempio per quanto riguarda lo sviluppo sostenibile o la salute: tutti argomenti su cui a Trieste non mancherà occasione di discutere”.
Porto vecchio cuore dell’evento
Il percorso verso il 2020 è già avviato, dice ancora Fantoni: “In autunno inizieremo un progetto che si può definire ‘pro-Esof’. Un insieme di attività ‘satellitari’ da svolgere a partire dal 2019, ma soprattutto la costruzione di una rete di scambi che coinvolga scienziati e imprese, mettendo assieme esponenti di tutta l’area coinvolta in Esof 2020, dal Triveneto ai paesi dell’Est: un bacino da 260 milioni di persone”. L’idea del comitato è creare un “network operativo di discussione” che rafforzi gli scambi fra Trieste, l’Italia e i paesi vicini e che resti in eredità al capoluogo giuliano anche dopo l’anno da Capitale della scienza.
Il nuovo Museo della Scienza
Un altro lascito di Esof dovrà poi essere un nuovo Museo della scienza, su cui tutto il comitato organizzativo punta moltissimo. Un istituto simile alla Città della Scienza di Napoli, che “nelle intenzioni di Budinich avrebbe dovuto avere un gemello a Trieste”, ricorda ancora Fantoni.“Qui – spiega – ce n’è uno più piccolo ma già ben strutturato, l’immaginario scientifico, dedicato soprattutto alle scuole. A partire da quell’esperienza vogliamo svilupparne uno più grande e dinamico, uno Science center rivolto a tutti e incentrato sull’innovazione e sul futuro”.
La creazione di questo nuovo istituto, sostengono Fantoni e Ferrante, dovrà essere il simbolo della riappropriazione da parte dei cittadini di un luogo simbolo di Trieste, da troppi anni considerato un corpo estraneo: l’area del vecchio porto, situato alle spalle della stazione ferroviaria, dove troveranno spazio tutte le strutture di Esof 2020, come indicato nel dossier di candidatura.
Per circa settant’anni quest’area enorme – circa 600 mila metri quadri, l’equivalente di oltre 80 campi da calcio – è stata quasi intoccabile perché vincolata come “punto franco” secondo quanto stabilito dai trattati di pace successivi alla Seconda guerra mondiale. Solo nel 2016, dopo anni di trattative, il demanio ha rimosso il vincolo e ha restituito questa parte di città al Comune, che ha deciso di concederne l’uso in comodato gratuito per l’organizzazione di Esof. “Lo svincolo del porto è arrivato giusto in tempo per presentare la candidatura, che non avrebbe potuto fare a meno di quest’area” dice Ferrante. “Useremo i vecchi magazzini 26 e 27 e altri spazi, alcuni già ristrutturati: dovranno solo essere allestiti per ospitare le sale convegni, gli uffici, la zona delle esposizioni” e il nuovo Science center.
Il tutto per una spesa compresa tra 4,2 e 4,7 milioni di euro, che saranno stanziati in gran parte dall’Unione Europea e dalle istituzioni italiane. Il resto dovrà arrivare da finanziatori privati: “Due fondazioni hanno già contribuito durante la fase preliminare, ma vogliamo coinvolgere altri soggetti e siamo convinti di farcela” conclude Ferrante con un tocco di ottimismo per “l’entusiasmo impensabile che ho visto quando abbiamo deciso di candidare Trieste, e che ha contagiato politici, imprenditori e cittadini: un sostegno che ci sprona a impegnarci al meglio per dimostrare che la città è all’altezza di essere Capitale della scienza”.