Secondo la Commissione, il comparatore di prezzi di Mountain View viola le regole di concorrenza stabilite dall’Unione Europea. Google si difende e pensa al ricorso
La Commissione Europea ha comminato a Google una multa pari a 2,42 miliardi di euro per aver violato le norme antitrust comunitarie. Secondo Brussels, le strategie di visualizzazione che rendono prominente la proposta Google rispetto alla concorrenza degli altri comparatori di prezzo hanno reso di fatto nulla la concorrenza: da parte sua Mountain View si difende sostenendo che l’approccio tenuto dalla Commissione non tiene conto della realtà di un mercato dell’e-commerce, che vede come suoi veri rivali i portali dello shopping in Rete e non gli altri comparatori di prezzi.
La decisione della Commissione appare categorica: sebbene il commissario Margrethe Vestager riconosca a Google di aver creato “molti prodotti e servizi innovativi che hanno fatto la differenza nelle nostre vite”, tuttavia il comportamento e l’approccio tenuti “abusano della sua posizione di dominio sul mercato dei motori di ricerca, promuovendo il proprio servizio di comparazione dei prezzi tra i risultati, e retrocedendo quelli dei competitor”. Ciò, nelle dichiarazioni di Vestager, “è illegale secondo le regole antitrust UE: sottrae ad altre aziende la chance di competere secondo i propri meriti per innovare. E, soprattutto, nega ai consumatori europei una scelta reale tra i servizi e il pieno beneficio dell’innovazione”.
Le motivazioni della Commissione
Secondo quanto spiegato dalla UE nella nota con cui ha comunicato la propria decisione, le prove analizzate nel corso dell’istruttoria hanno dimostrato come Google fosse consapevole dei limiti e dello scarso successo del proprio comparatore di prezzi: “Froogle simply doesn’t work”, Froogle (il nome originale del servizio, oggi Google Shopping) semplicemente non funziona recitava una email interna datata 2006. Le riflessioni in merito hanno condotto Mountain View ad apportare dei cambiamenti al proprio search a partire dal 2008: garantendo una posizione prominente ai risultati del proprio comparatore direttamente nella pagina del search organico, retrocedendo di pagine i concorrenti mediante appositi accorgimenti all’algoritmo di indicizzazione del proprio motore, e di fatto dunque finendo per violare le regole UE e “abusando della posizione dominante sul mercato fornendo al proprio servizio di comparazione shopping un vantaggio illegale”.
La decisione della Commissione si basa sulle prove raccolte a partire da varie fonti: documenti forniti da Google e dai suoi concorrenti; un’analisi approfondita di 5,2 terabyte di dati ottenuti tramite 1,7 miliardi di ricerche effettuate attraverso il motore stesso; indagini e sondaggi, effettuati allo scopo di valutare l’effettivo impatto della posizione offerta all’interno della pagina di ricerca rispetto ai clic effettuati dagli utenti; una valutazione economica e finanziaria del business in questione, in particolare gli effetti della promozione del servizio di Google a scapito di altri; infine, una serie di questionari sottoposti a consumatori finali e aziende per valutare lo stato dell’arte in questo settore.
Il totale complessivo esatto della multa comminata a Google è pari a 2.424.495.000 euro, cifra calcolata valutando il fatturato generato da Google Shopping in 13 paesi europei e pari all’incirca al 3 per cento del fatturato complessivo dell’azienda: a Mountain View ora hanno 90 giorni di tempo per porre rimedio alla situazione, nelle modalità che preferiscono purché in accordo con lo spirito della decisione, così da offrire parità di trattamento anche ai comparatori concorrenti nel proprio search. Nel caso di mancata osservanza di questa decisione, la UE si riserva di applicare ogni giorno ulteriore una penale pari al 5 per cento del fatturato mondiale di Alphabet (azienda a cui fa capo Google: si parla di circa 14 milioni di dollari al giorno) fino a quando il search non scenderà a più miti consigli. Infine, la Commissione ricorda che altri due procedimenti antitrust sono attualmente all’esame per quanto attiene la condotta di Google: uno relativo alla pubblicità AdSense, l’altro inerente il sistema operativo mobile Android.
La risposta di Google
Da parte sua, Google non ci sta e rilancia: quanto ha fatto è stato ed è solo un tentativo di migliorare i servizi per i propri utenti, e la UE ha mal interpretato lo stato dell’arte del mercato per quanto attiene lo shopping in Rete. Secondo Mountain View, mostrare i risultati di Google Shopping in cima alla pagina di ricerca è solo un mezzo per rispondere meglio e più rapidamente alle richieste dei navigatori: “Quando fate acquisti online, quello che volete è trovare in maniera facile e veloce i prodotti che state cercando – afferma Kent Walker, SVP e General Counsel di Google in un post ufficiale sul caso – Allo stesso tempo, chi li vende vuole promuovere questi stessi prodotti. Ecco perché Google mostra annunci pubblicitari Shopping, mettendo in contatto le persone con migliaia di inserzionisti, grandi e piccoli, portando benefici ad entrambe le parti”.
In altre parole, i risultati sono spesso corredati anche dalle inserzioni dei merchant che pagano per comparire in cima alla SERP (Search Engine Research Page). Senza contare, inoltre, che sempre più spesso gli utenti scavalcano completamente Google quando sono in vena di fare acquisti: i consumatori si dirigono direttamente su Amazon ed Ebay per cercare quanto desiderano, e di questo secondo Google la UE non ha tenuto affatto conto. Per questo, dice ancora Walker, “Siamo rispettosamente in disaccordo con le conclusioni annunciate oggi. Analizzeremo nel dettaglio la decisione della Commissione, considerando la possibilità di ricorrere in appello, e continueremo a sostenere la nostra causa”.
Cosa succederà adesso?
Quello che probabilmente accadrà a questo punto è quanto segue: entro qualche settimana Google farà ricorso in opposizione alla decisione della Commissione, dando inizio a un contenzioso che potrebbe trascinarsi per mesi o anche per qualche anno prima di giungere a conclusione. A quel punto, nella migliore delle ipotesi Mountain View potrebbe riuscire a dimostrare le proprie tesi e smontare la multa azzerandola, o almeno ottenere un sostanzioso sconto: sta di fatto che questa decisione europea non mancherà di suscitare polemiche, soprattutto ora che l’amministrazione Trump sembra decisa a portare avanti una politica volta a difendere a tutti i costi gli interessi delle aziende americane in tutto il mondo. Una posizione che magari non sarà unanimamente condivisa, ma di cui senz’altro si dovrà tenere conto.