Xiaoice, chatbot cinese con più di 20 milioni di utenti registrati, si rifiuta di rispondere a domande storiche che riguardano i fatti di Piazza Tienanmen. Ma la censura gli impedisce di parlare anche di Trump, Xi Jinping e del Dalai Lama.
Anche i chatbot, in Cina, devono sottostare alle regole della censura. Soprattutto storica e politica. La notizia è stata pubblicata dal China Digital Times che ha denunciato come Xiaoice, bot sviluppato in collaborazione con Microsoft, si rifiuti di rispondere a fatti storici controversi come quello che riguarda Piazza Tienanmen. Un mutismo che prosegue anche quando le richieste dell’utente si fanno più persistenti.
Da Trump al Dalai Lama: i temi controversi
I temi che non potranno essere trattati da questi linguaggi artificiali sono diversi e riguardano anche la politica più attuale. Xiaoice, infatti, non risponderà neanche a domande che riguarderanno il nuovo presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, l’attuale segretario generale del Partito Comunista cinese, Xi Jinping, e il leader spirituale del Tibet, il Dalai Lama. Tutti argomenti scottanti che, a Pechino, non sono particolarmente graditi.
Tienanmen, che noia!
Nelle risposte del chatbot ci sarebbe anche un filo d’ironia che, viste le circostanze, lascia abbastanza perplessi. Un esempio? Quando si fanno domande sugli eventi di Tienanmen, simbolo della rivolta democratica del 1989 contro la tirannia comunista, si ottiene questa risposta: «Sai bene che non posso rispondere a questo. È noioso». E davanti all’insistenza del giornalista del China Digital Times, arriva anche una velata “minaccia”: «Impossibile comunicare con te. Ti inserisco nella lista nera!».
Si tratta di un filtro delle informazioni che a noi occidentali appare allarmamente ma che, in Cina, è allineato ad una politica di censura dilagante e che comprende l’oscuramento di social network, come Facebook, e di numerosi siti internet. Xiaoice è stato lanciato nel 2014, ottenendo subito un grande successo e arrivando ad avere oltre 20 milioni di utenti registrati. Molti di più dei chatbot che Microsoft ha cercato di lanciare nei mercati dove impera la lingua inglese.