25milioni di consumatori negli Usa. Al Tech Crunch San Francisco è arrivata seconda Green Bits, app per vendere cannabis. E Snoop Dogg lancia un social per i fumatori di marijuana
Stando ai dati ufficiali, 2010 al 2014, ventinove società di venture capital hanno investito oltre 95 milioni di dollari in startup (più o meno tutti gli investimenti fatti in Italia in startup nello stesso periodo, più o meno dallo stesso numero di venture) che in qualche modo hanno offerto soluzioni per la commercializzazione, la coltivazione, talvolta l’uso della cannabis. Un mercato esploso negli Stati Uniti non appena il governo ha deciso di legalizzarne la vendita sia a scopo terapeutico che ricreativo. Il Colorado è diventato uno Stato simbolo della vittoria degli antiproibizionisti. Mentre in Silicon Valley e a New York sono aumentati gli investimenti in un settore che ha scoperchiato possibilità di guadagno enormi, facendo leva su una popolazione di consumatori di circa 25 milioni solo negli Usa.
Al TechCrunch di San Francisco vince Green Bits
A consacrare la cannabis come opportunità di business per le startup, da ultimo, c’è stata la finale raggiunta al Tech Crunch Disrupt di San Francisco di Green Bits. Un Pos, nient’altro che un Point of sale service che permette di tracciare pianta e consumatore nei negozi abilitati a vendere la cannabis. La vittoria le è andata a Agrilyst, ma tra i sei finalisti c’era, per la prima volta. una startup legata al mercato dei cannabinoidi, insieme ad una del fashion (Preemadonna) una fintech (Leap Financial) una education (Scrumpt) e una healtcare (Stitch).
Snoop Dogg e Willie Nelson, i vip che hanno investito in startup di marijuana
La vendita di cannabinoidi negli store degli Stati Uniti è infatti regolamentata da una struttura di permessi che traccia ogni singola pianta di marijuana e ogni grammo di cannabis prodotta da ogni pianta. Chi la vende è tenuto a tenere conto di provenienza e destinazione di ogni bustina. Il pos elaborato da Ben Curren consente di ridurre tutte le operazioni in un’unica procedura di pagamento integrando i database degli Stati in cui produrre e vendere l’erba è legale in un’app. Risultato: vendita più semplice per i commercianti e più sicurezza per la burocrazia. Secondo classificato e plauso generale in un’edizione del TechCrunch che ha visto la consacrazione di Snoop Dogg a startupper e venture dopo nel settore dei cannabinoidi. Startupper per aver lanciato nella tre giorni di San Francisco Merry Jane, un social network di fumatori di marjiuana per fare in modo che “finalmente possano dire al mondo che gli piace fumare”. Venture perché ad aprile ha lanciato una raccolta per chiudere un fondo da 25 milioni di dollari per investire in startup della cannabis. Ma non è l’unico personaggio dello showbiz ad essersi inserito in questo business. Sul lato produttori, il cantante country Willie Nelson ha appena ottenuto il sostegno di una società di private equity per vendere le sue di coltivazioni nello stato di Washington e Colorado: “Ho comprato tanta erba nella mia vita, è arrivato il momento di venderne un po’” ha detto al Wall Street Journal.
Vendere marijuana in modo semplice e sicuro
Ben Curren stesso è un po’ una sintesi del trend che si sta affermando negli States. Lo scorso anno ha venduto la sua prima startup fintech a GoDaddy. Poi, un piccolo vuoto che generalmente fa seguito a chi ha fatto una grossa exit, riempito da un’intuizione: “Il mercato della cannabis sta per esplodere ma venderla è ancora complesso, perché non creare un’app che aiuti a comprare e vendere marjuana in maniera semplice e sicura?”. Detto fatto. E che la sua intuizione fosse corretta lo ha confermato non solo la vittoria al Techcrunch ma anche un forte interesse riscosso dagli investitori. In America quella della vendita della cannabis è una rivoluzione in atto. Solo lì si contano 25 milioni di consumatori che hanno un mercato che finora è in larga parte in mano alla criminalità più o meno organizzata. Il Colorado legalizzando la cannabis ha portato nelle casse dello stato 125 milioni di dollari nel 2015, il doppio rispetto all’anno precedente quando sono stati legalizzati uso e vendita. E ora si vendono più cannabinoidi che alcolici. Una rivoluzione del business, sì, ma a pensarci anche culturale. Sarà interessante vedere lo sviluppo di questi dati nei prossimi anni.
Poco in Europa, mente Israele vuole diventare un hub mondiale della cannabis
E in Europa? Ancora pochissimo sul fronte StartUp, a causa di limitazioni e proibizionismo. Mentre secondo un’analisi di Techcruch è Israele lo stato a noi più vicino in odore di diventare una superpotenza della cannabis. Merito di un circolo virtuoso tra stato e imprese (sì, ancora una volta come ai tempi di startup nation) e di tecniche avanzatissime in campo agricolo facilmente declinabili sulla coltivazione di marjiuana. In questi mesi si sono moltiplicati eventi come iCan e Cannatech, dove dai talk è risultato palese come il Governo di Tel Aviv abbia fiutato le potenzialità del business in termini di ritorni economici. Addirittura Tamir Gedo, CEO di Breath of Life ha dichiarato che gli affari che si potrebbero fare dalla coltivazione e vendita di prodotti legati alla cannabis siano superiori in potenza di quelli che si fanno attualmente con il business delle armi.
Intanto nella mappa sopra si può vedere l’evoluzione e la quantità degli investimenti fatti negli ultimi due anni. I dati ufficiali sono fermi al 2014, mentre in rete si moltiplicano su testate autorevoli guide, informazioni utili, consigli a chi vuole fare soldi con la cannabis. È il mercato bellezza. E quando ci sono forti guadagni in ballo sono tutti contenti. Consumatori, privati e pubblico.