Una storia particolare quella di Bluewago, startup venduta a Venetwork per un milione, nata da un circolo virtuoso di pubblico e privato. Ecco cosa è successo e perché è un caso interessante
«Ho appena ricevuto una telefonata dal ministero dello Sviluppo economico, si sono complimentati per l’exit, è una vittoria anche per loro». La voce tradisce tutte le corde dell’entusiasmo. Nicola Davanzo ha appena la maggioranza della sua Bluewago ed è chiaro nei primi 10 secondi al telefono che per lui è una grande soddisfazione. Un fiume in piena: «E’ una vittoria di tutti, della nostra azienda, del gruppo a cui l’abbiamo venduta, dell’incubatore pubblico di Area science park di Trieste, della pubblica amministrazione che non ci ha mai abbandonato. Non so se senza ldi loro oggi sarei qui a brindare per un’exit. Lo stato quando vuole non ti abbandona».
Storia di un’exit che è un piccolo caso
29 anni, laureato in economia, ha lavorato per il team velico di Mascalzone Latino e per Luna Rossa poi. «Poi mi sono licenziato da Prada, volevo fare un’impresa mia». Ci ha lavorato tre anni. E ci è riuscito.
Quella di Bluewago, già BarcheYacht, è un’exit particolare. Non per la cifra, considerevole, 1 milione, ma non di quelle candidate a diventare un caso per l’ecosistema italiano. Ma più che altro per le modalità. La storia dell’impresa, la sua capacità di cambiare, di mutare pelle in relazione alle richieste del mercato, al suo essere nata al momento giusto, al posto giusto, all’aver usufruito bene degli strumenti di supporto del governo italiano per la nascita e lo sviluppo di imprese innovative. Proviamo a vederle punto per punto.
Davanzo fonda la sua startup nel 2013. Ottobre. BarcheYacht è un portale che vuole essere il Quattro ruote delle barche. Un sito dove raccogliere offerte, nuovi modelli, usato. Va online a marzo 2014. Ad aprile i primi ricavi. Si accorge che il progetto funziona. Ottiene un prestito di 130mila euro grazie al fondo di garanzia del ministero dello sviluppo economico (qui la nostra guida) e il sito cresce. BarcheYatch può assumere i primi collaboratori, che saranno dipendenti dal 2015. «Il Job Act ci ha consentito di assumere chi lavorava con noi con molta facilità, il costo del dipendente è molto basso e a noi servivano menti fresche e veloci come ragazzi appena usciti dall’università. Li abbiamo assunti dopo la triennale, continueranno a studiare, e quando finiranno diventeranno direttamente terzo livello in azienda. E conviene sia a noi che a loro». Un passo importante per la crescita dell’azienda, dice Davanzo. Il capitale umano a disposizione con quei contratti ha permesso alla startup di crescere, agli studenti di acquisire professionalità che metteranno subito a frutto dopo la laurea.
Tutte le exit del 2015 e gli altri fatti da ricordare dopo 6 mesi
La strategia vincente di Bluewago: puntare al turismo
Torniamo al 2014. Quello che succede nei mesi successivi dopo aver ottenuto il mutuo con il fondo di garanzia fa cambiare i piani di sviluppo. Unicredit Start Lab dà ai ragazzi di Trieste gli strumenti per capire come costruire un’impresa: «E’ in assoluto il migliore processo di sviluppo d’impresa a cui abbia partecipato». Davanzo e Co. subito stringono partnership commerciali con Lastminute.com, eDreams.com e Opodo. Il mercato di riferimento non è più quello degli skipper o wannabe skipper. Ma dei turisti. Un passaggio avvenuto mentre erano incubati in quella fucina di talenti che è Innovation Factory, fiore all’occhiello di un polo di eccellenza come l’Area Science Park di Trieste, un caso di struttura di ricerca e sviluppo completamente pubblica in grado di autosostenersi, fare utili, e far crescere il tessuto imprenditoriale locale anche meglio di un privato. «E’ un posto incredibile, impari tanto, dentro si parla solo inglese, è una palestra che consiglio a tutti, cresci tantissimo». Nota: Innovation Factoy (pubblico anche lui) ha quote di Bluewago. E quindi dall’exit che avverrà un anno dopo ci ha pure guadagnato. E che lo faccia una struttura pubblica è un caso raro.
Davanzo decide di far diventare la propria azienda un tour operator. Organizzano mini crociere in barca a vela offrendo pacchetti completi con hotel e visite. BarcheYacht diventa Bluewago. Una startup del turismo in un paese come l’Italia che ancora fatica a farne una leva di sviluppo come si deve. Ma a nord est sanno come fare gli affari. E sanno che in un’area dove la città principale è Venezia e il suo porto Bluewago è un business non male.
L’exit a VenetWork e i progetti futuri
Ottobre 2014. Un round di investimento da 210 mila euro fa entrare in Bluewago nuovi soci. Imprenditori veneti soprattutto. «Uno di loro è stata la chiave che ci ha avvicinati a VenetWork, è stato da lì che abbiamo preso i primi contatti» confessa Davanzo. Due mesi per la due diligence, il gioco è fatto. VenetWork è una holding di imprenditori veneti (tra cui H-Farm di Riccardo Donandon) che ha avviato progetti e fondi di investimento per far crescere le imprese locali. Un progetto è quello del restart aziendale (vecchie eccellenze in difficoltà che fanno rinascere, come le motocross Fantic Motor). Venetronic, dedicato alle startup digitali. E Ventura, un fondo nato per acquistare Bluewago e che promette nuovi acquisti nel campo delle startup del turismo. «Ora sarò nel gruppo di imprenditori di VenetWork, è una bella sfida, riguarda la rinascita di un’area del paese che un tempo era la locomotiva d’Italia. Un compito che mi entusiasma». La domanda di turismo mondiale arriva dall’Italia solo per il 3%. «Noi oggi possiamo puntare al restante 97%. Ed è quello che faremo».
Arcangelo Rociola
Twitter: @arcamasilum