Un giorno da mentor del Coderdojo visto con gli occhi di una studentessa di 18 anni. Arianna Moro, tra gli speaker della Maker Faire 2015, racconta la sua giornata da insegnante di condig per i più piccoli a Francavilla Fontana
Sempre caro mi fu quest’ermo colle, e questa siepe che da tanta parte dell’ultimo orizzonte il guardo esclude
A Leopardi è bastato il limte rappresentato da una siepe ad accendere il bisogno di immaginare l’infinito, in me è bastato un pomeriggio trascorso con voi per vedere nei vostri occhi quell’infinito che ho tanto cercato. Dodici bambini, dodici computer ed un software di programmazione visuale, Scratch. Non è servito niente altro.
Il 10 ottobre nella sede dell’Associazione Nuovaria a Francavilla Fontana sono stata la mentor principale del primo Coderdojo della città, mi son preparata pomeriggi interi immaginando e pensando a cosa dire, a come presentarmi, a come non farvi annoiare, a come catturare la vostra attenzione, ma tutti i lunghi discorsi si son cancellati di fronte alla vostra fame di sapere, il vostro desiderio di conoscere, di fare. Non potevo perder tempo…
«Immaginate di avere di fronte uno spazio vuoto. Oggi faremo diventare quello spazio cosa vogliamo, ci metteremo dentro qualsiasi oggetto o personaggio ed immagineremo, costruiremo e creeremo insieme un giochino».
Si, vi ho detto uno spazio e non un piano, perché per la vostra immaginazione un piano sarebbe stato un limite e voi non potete avere limiti. E’ stato palese quando, iniziando a parlare di programmazione, vi sono bastati pochi input per far scatenare nella vostra mente intuizione, logica, fantasia. La mia postazione era di fronte a voi, ma io non meritavo quel posto, nessuno lo merita, ho preferito essere tra di voi con gli altri mentor, dietro di voi, per seguirvi, accompagnarvi e, se necessario, aiutarvi.
Ho approfittato di quel posto solo per potervi ammirare, per potervi guardare tutti, per poter cogliere quanta più energia possibile. Ed è stato per me un onore poter accendere quella scintilla che vi ha fatto gioire, sorridere, sognare, divertire, giocare, creare.
Il rumore delle foglie evocò in Leopardi l’eterno, l’abbandono alle sensazioni e al ricordo. Il rumore dei vostri pensieri, la forza dei vostri sogni ha scatenato in me gli stessi sentimenti. Ho voluto per un istante essere spettatrice di questo mondo, un mondo fatto di adulti che, timorosi, impauriti ed insicuri sono certi di costruire un mondo migliore per i loro bambini; e un mondo di bambini che hanno più strumenti di voi grandi e che sanno benissimo affrontare il vostro già troppo vecchio mondo, perché non hanno paura dei cambiamenti.
Ed io, io dove sono? Tra chi sono? A 18 anni, mentre tra università e lavoro devo decidere cosa voglio diventare, cosa fare del mio futuro, sono adulta o bambina?
Per una volta, voglio decidere io e voglio essere bambina, voglio spazi immensi da sognare, non piani limitati su cui crescere, voglio poter volare e soprattutto voglio quella speranza, quella forza, quella decisione che mi avete regalato, voglio poter dire anche io senza paura “Voglio fare un portale”. Quel bambino, di fronte a me, con il sorriso stampato in volto, stava sognando, ed in quel momento avrebbe potuto fare tutto, aveva il mondo tra le mani e non ha avuto il minimo timore di puntare in alto. Io, a 18 anni, non so farlo.
Ho ancora bisogno di quei messaggi lunghi chilometri, di consigli, rassicurazioni, esempi di forza. E questa esperienza non sarebbe mai potuta andar bene se non ci fosse stato quello sguardo rassicurante, quel “Cattura la loro attenzione, alza la voce, devono capire che tu sei la loro guida, che li stai aiutando, non perderli”, detto da chi da cinque anni è la mia guida, da chi, insieme ad un altro esempio per me importantissimo che non era con noi, mi sta insegnando ad insegnare.
Spero, piccoli sognatori, che voi non smettiate mai di immaginare l’infinito.
Così tra questa immensità s’annega il pensier mio: e il naufragar m’è dolce in questo mare
(Articolo precedentemente pubblicato su Coderschoolitalia.it)