Cenone della Vigilia e pranzo di Natale sono dietro l’angolo. E l’acquisto del pesce anche. Ecco le indicazioni scientifiche per scegliere, conservare e cucinare nel modo giusto pesci, molluschi e mitili
Pesce, delizia e tuttavia anche croce del Natale. Del cenone della Vigilia, certo, ma anche del pranzo del 25 dicembre. In generale, festività a parte, il consumo pro capite è in continuo aumento da decenni: dai 9,9 chili l’anno del 1960 ai quasi 20 chili del 2013. Notizia positiva: il pesce, ricco di acidi grassi insaturi come gli Omega-3, sali minerali e vitamine liposolubili, fa bene all’organismo. È tuttavia intorno ai pasti di fine anno – col conseguente picco negli acquisti – che torna a concentrarsi il dibattito: quanti sanno scegliere bene il pesce fresco? E quanti sanno trasportare e conservare in modo corretto pesce, molluschi e mitili? Quanti, infine, lo sanno cucinare senza provocare rischi per la salute? Vale la pena leggere con attenzione i precisi consigli di Luciano Atzori, esperto in sicurezza degli alimenti e tutela della salute nonché segretario dell’Ordine nazionale dei biologi.
Come si scelgono i prodotti ittici
Le caratteristiche, dice il dottor Atzori, in fondo sono poche: tipo di preparazione, qualità, origine e freschezza. Dalla ricetta alla scelta fra fresco (pescato o d’allevamento) o surgelato: “Se si vogliono predisporre delle pietanze con il pesce crudo, sushi, sashimi, tartara e altre – racconta Atzori – si consiglia vivamente l’acquisto di prodotti ittici surgelati al fine di evitare i potenziali rischi da zoonosi parassitarie come l’Anisakis”. Quale fresco scegliere? Quello dei nostri mari, dal Tirreno allo Ionio, sinonimo di freschezza. Il consiglio è porre molta attenzione alle Zone Fao che devono essere indicate nei cartellini di vendita con dei numeri precisi. I codici del Mediterraneo sono il 37.1 (area mediterranea nazionale: dalla Liguria alla Sicilia passando per la Sardegna), 37.2 (mare Adriatico e mar Ionio) e al limite 37.3 (mare della Grecia). Fra le altre informazioni da valutare ci sono la denominazione commerciale e scientifica della specie (spigola/branzino e Dicentrarchus labrax), il metodo di produzione (pescato o allevato), la Zona Fao di cattura per il pesce pescato o il Paese di provenienza per il pesce allevato e ovviamente il prezzo di vendita al chilo. Tutto questo dev’esserci: se non lo trovate, chiedete che venga specificato. Quanto al surgelato, c’è da controllare almeno l’indicazione della quantità netta o nominale, la data di confezionamento, il codice o altra indicazione che consenta di identificare il prodotto (come il numero di lotto), il termine minimo e la modalità di conservazione.
Cosa controllare quando si acquista pesce fresco
1. Odore
Il pesce fresco deve profumare “di mare” (iodio, alghe, salsedine). Mai di ammoniaca, specie i crostacei, in quanto indice di decomposizione o di cloro.
2. Colore
Il corpo dev’essere brillante, con colori lucidi metallici e iridescenti e sfumature che cambiano sotto la luce. La pelle deve essere tesa con le squame, se possedute, ben aderenti al corpo. “Il colore delle carni deve essere bianco eccetto alcune specie nelle quali può essere rosato o di altri colori tipici della specie” dice l’esperto.
3. Occhio
Deve apparire lucido e ancora turgido, non incassato, deve uscire leggermente dal bublo. Mollate i pesci con gli occhi spenti, appiattiti o, appunto, incavati.
4. Corpo
Dev’essere rigido, “a causa del ‘rigor mortis’ che si manifesta dopo la morte del pesce e si mantiene per poche ore da questa”. Il trucco? Tenete il pesce per la testa in posizione orizzontale rispetto al pavimento: il corpo deve rimanere diritto (o leggermente incurvato verso il suolo) cioè non si deve piegare completamente verso il basso. La consistenza deve inoltre apparire compatta ed elastica. Altro trucco? Sottoponete a pressione le carni con un dito o fatelo fare al venditore: devono ritornare velocemente nella forma originale, cioè non deve rimanere l’impronta. I mollusci bivalvi freschi (cozze, vongole, ostriche, e così via) devono essere commercializzati vivi e le due valve devono essere chiuse, col corpo aderente ad esse. Anche in questo caso, come nel seguente, vale il segnale del colore brillante e dell’odore di mare. Nei molluschi cefalopodi (calamari, polpi, seppie), il cui colore è spesso bianco-crema, il corpo deve infine essere sodo, lucente e rivestito da un sottile strato di muco.
5. Branchie
Le lamelle devono essere di un rosso vivo (in alcune specie rosato), chiuse e intatte. Di norma quando diventano rosso scuro (color mattone) indicano una perdita di freschezza. L’opercolo deve essere chiuso.
Attenzione all’odore: il pesce deve sapere di mare, non di ammoniaca o cloro
Come trasportare e conservare il pesce
Dopo l’acquisto i prodotti ittici andrebbero trasportati nelle cosiddette “sacche gelo”, portati in auto e spostati in contenitori a temperatura controllata o nei recipienti isotermici o ancora nelle borse termiche con i siberini ghiacciati. Il consiglio del biologo è di pulirlo, sviscerarlo e cucinarlo rapidamente oppure conservarlo in frigorifero (fra 0 e +4°C) in contenitori chiusi. In ogni caso, cucinandolo entro due giorni. Se è surgelato, la conservazione deve avvenire a -18°C. Tutto questo perché se durante il trasporto s’interrompe la catena del freddo “si può incorrere nella proliferazione dei microrganismi spesso comunemente presenti nei prodotti ittici (batteri quali i clostridi, la salmonella, ecc.) che possono causare, specialmente nel caso di blande cotture, infezioni, intossicazioni e/o tossinfezioni”, racconta il biologo. Ma anche alla formazione di istamina, sostanza che funge da indicatore della freschezza dei pesci che può causare pericolose intossicazioni, dovuta alla degradazione dell’istidina, un aminoacido molto presente soprattutto nello sgombro, nel salmone, nel tonno, nel marlin, nelle acciughe e nelle sardine, per opera di alcuni batteri.
Quali tecniche di cottura possono essere pericolose e perché
Attenzione alla cottura alla brace (barbecue, caminetto o griglia) in particolare per l’essenza vegetale utilizzata. Alcuni legnami (pini, abeti, cipressi e conifere in genere) a causa dell’abbondanza di resine possono infatti generare sostanze tossiche o cancerogene se portati ad alte temperature. Nelle cotture di questo genere i pesci ricchi di lipidi e di proteine possono inoltre produrre rispettivamente sostanze quali “gli idrocarburi policiclici aromatici, considerati interferenti endocrini e le amine eterocicliche, sostanze caratterizzate da potenziale potere oncogeno”. Gli accorgimenti? Asportare dalla griglia i residui carbonizzati, preferire i pesci magri e limitare i tempi. Se non contrasta con la ricetta, sarebbe meglio marinare il pesce prima della cottura con spezie, erbe aromatiche, succo di limone e aglio. Attenzione infine all’innesco: niente pasticciati fai da te con pezzi di gomma, legni trattati, antimuffe, stoffe o vernici.
Alla brace? Sì ma per poco e occhio a innesco, tipo di pesce e tempi di cottura
Pesce crudo: cosa sapere
Il consumo di mitili crudi, specialmente le cozze, può essere un pericolo sanitario. E no, non serve a niente qualche goccia di limone per far fuori batteri come salmonella, escherichia coli e virus: “Non esiste credenza più ridicola – commenta Atzori – in quanto l’acido citrico presente nel limone a mala pena riuscirebbe ad “accarezzare” tali microrganismi figuriamoci ad eliminarli”. L’unico sistema per consumare i frutti di mare in sicurezza assoluta è cuocerli a 120-160°C per alcuni minuti. Diffidate anche della pesca fatta personalmente o dell’acquisto da sub: servono analisi di laboratorio per stabilire se l’acqua in cui sono stati pescati è salubre, per esempio esente da contaminazione fecale. No, l’acqua limpida non è un parametro. Un trucco per chi non rinuncia a mangiarli crudi? Accertatevi che siano vivi: “Generalmente restano ben chiusi e se immersi nell’acqua tendono a cadere nel fondo mentre quelli che galleggiano tendenzialmente sono morti quindi non vanno mangiati neanche cotti” dice il segretario dell’ordine dei biologi. Dopo la cottura generalmente si verifica il fenomeno opposto.
I nuovi prodotti ittici
Commercio, globalizzazione e dinamica dei gusti ci stanno facendo conoscere nuovi prodotti, specialmente dall’Est asiatico, e nuovi modi di preparazione degli alimenti. Specialmente pesce crudo, semicotto o trattato: “Al fine di evitare la trasmissione di pericolosi parassiti, Anisakis e Pseudoterranova, attraverso il consumo di pesci crudi d’acqua marina e Opisthorchis e Diphyllobotrium latum mangiando pesci crudi d’acqua dolce, si possono attuare diverse azioni preventive” racconta Atzori. La più efficace è la cottura, ma è chiaramente un controsenso per chi ama il crudo: le temperature superiori ai 60°C per almeno un minuto fino al cuore del prodotto, come suggerisce l’Autorità europea per la sicurezza alimentare, delineano lo spartiacque tra la possibilità di infestarsi e non. Altri metodi (marinatura, carpaccio) non sono sicuri e occorre l’abbattimento termico a basse temperature. Una strategia (per le larve) è la salagione a secco solo con elevate concentrazioni e per lunghi periodi. L’affumicatura a caldo (70-80°C per 3-8 ore), se ben effettuata, riesce a uccidere le larve. Lo stesso non si può dire di quella a freddo.
L’abbattimento termico
Al ristorante, il riferimento è il regolamento europeo 853/04 che, per i prodotti della pesca che vanno consumati crudi o quasi, impone un trattamento a una temperatura non superiore ai -20°C in ogni parte per almeno 24 ore. Tecnicamente, occorre un abbattitore che in 60-90 minuti abbassi la temperatura e celle freezer per lo stoccaggio di un giorno almeno. Questo tempo può essere accorciato se si aumenta la temperatura di abbattimento. A -35°C, per esempio, le ore possono diventare 15. E a casa? Non disponendo dell’abbattitore la norma di riferimento è un decreto del ministero della Salute del 2013: si indica di congelarlo per almeno 96 ore, cioè per 4 giorni, a -18°C in una macchina contrassegnata da tre o più stelle. I commercianti sono tenuti a fornire tutte queste indicazioni.