Mentre infuriano le polemiche degli animalisti sul menu del pranzo di Pasqua e il numero di agnelli macellati si dimezza, una startup pensa a una soluzione che metta d’accordo tutti
Pasqua, si sa, è periodo di riflessione e come ogni anno sono state tante le polemiche che accompagnano uno dei pranzi più tradizionali dell’anno. Da alcuni anni a questa parte, in particolare, è cresciuta l’attenzione attorno alla carne che più di ogni altra rappresenta il periodo pasquale, l’agnello.
Da Antonella Clerici ai menu Cruelty-free
Così, mentre su Facebook sono piovute numerose critiche sulla Prova del Cuoco di Antonella Clerici, rea di aver presentato la ricetta delle classiche costolette d’agnello, le città hanno visto aumentare il numero di manifesti che invitavano, in maniera più o meno convincente, a evitare la carne di capretto a favore di soluzioni vegetariane. La LAV, Lega AntiVivisezione, ha proposto un menu Cruelty-free a base di tofu e proteine vegetali e l’ex ministro Michela Brambilla ha preparato, con l’aiuto dello chef stellato Pietro Leemann, una serie di video-tutorial per la preparazione di piatti che non prevedono l’uso di carne o pesce. Obiettivo: lanciare messaggio “gli esseri senzienti non sono ingredienti e alimentazione non vuol dire necessariamente violenza“.
Pasqua e agnelli, i numeri
Mentre la furia vegana e vegetariana impazzava, con tanto di blitz e manifestazioni di attivisti animalisti per protestare contro la macellazione di agnelli e capretti è bastato osservare i numeri per capire quanto il consumo di carne a Pasqua sia in realtà un fenomeno ormai in calo, vuoi per la crisi, vuoi per la crescente consapevolezza alimentare. Dai dati Istat, infatti, emerge che nell’ultimo quinquennio il numero di agnelli destinati alle nostre tavole si è più che dimezzato, passando da 4.800.000 a 2.100.000 di capi destinati alla macellazione. Ad aumentare, invece, il numero di vegani e vegetariani. Sarebbero ormai 8 milioni gli italiani che hanno scelto una dieta che non prevede il consumo di carne e pesce.
La soluzione tecnologica
A porre fine a questa diatriba tra sostenitori della tradizione e amanti degli animali potrebbe essere l’invenzione di una startup americana. Il cheeseburger impossibile di Patrick Brown, biologo e fisico dell’università di Stanford, replica in tutto e per tutto il sapore di un normale burger, ne ha l’aspetto ma di carne non ce n’è traccia. Il segreto sta nell’utilizzo di un composto del ferro, l’eme, in grado di conferire un gusto e una colorazione simile a quella del manzo. Una scoperta potenzialmente in grado di scuotere l’intera industria, con un bacino di consumatori illimitato. Certo, per ora il costo di produzione di un singolo pezzo si aggira attorno ai 20 dollari, il che lo rende decisamente proibitivo. C’è da scommettere, però, che sentiremo ancora parlare di Impossible foods, non a caso la startup vede tra i suoi finanziatori un ambasciatore vegan d’eccezione, Bill Gates.