Tra i titoli più attesi del 2024 c’era senza dubbio Rise of the Ronin e non solo per via del fatto che noi gamer amiamo sempre tuffarci a pesce nelle meraviglie del Giappone feudale per compiere prodezze degne di un samurai o assassinii furtivi da ninja. L’aspetto più intrigante di questa esclusiva per PlayStation 5 riguardava infatti l’estrema libertà d’azione concessa al giocatore che, almeno su carta, avrebbe dovuto plasmare le fortune (o le disavventure) di un guerriero senza padroni a spasso in uno dei periodi più turbolenti del Paese del Sol Levante. Ci sarà riuscito? Vediamo di scoprirlo con la nostra recensione di Rise of the Ronin.
Rise of the Ronin, a spasso per il Giappone del XIX secolo
Siamo nel Giappone del XIX secolo, un periodo di grandi cambiamenti per un Paese devastato dalla guerra, Traballa lo Shogunato Tokugawa e la cortina di petali di crisantemo che ha chiuso il Paese al resto del mondo, costringendolo a un lunghissimo medioevo, si sta per squarciare.
Il Commodoro statunitense Matthew Perry al comando delle “navi nere” è alle porte e vuole costringere il Paese a tessere rapporti commerciali in esclusiva con gli Stati Uniti, lo shogun Yoshinobu Tokugawa tiene a stento l’ordine e i signorotti si dividono tra coloro che vorrebbero cacciare a pedate gli occidentali e chi invece già pregusta occasioni di arricchimento, specie sul fronte delle novità belliche.
Presupposti, questi, che lascerebbero intendere la presenza di trame e sottotrame in Rise of the Ronin, anche dal forte sapore politico. Una novità per gli sviluppatori, i ragazzi di Team Ninja, solitamente alle prese con titoli molto action (Ninja Gaiden) e poco profondi. Per loro Rise of the Ronin rappresenta inoltre il primo titolo open world.
Scordatevi però un Trono di Spade dagli occhi a mandorla: ci sono fazioni in lotta per il potere, politici spietati, spie e traditori, ma la trama è annacquata, gli eventi si succedono con fare caotico e spesso non è possibile capire che fine fanno molti dei personaggi che pure avevano occupato parte del racconto.
Non sorprende, perché, appunto, Team Ninja è noto per altri generi di giochi: l’inesperienza ha impedito di mettere a terra un canovaccio come si deve, facendolo assaporare al giocatore mentre sceglie autonomamente da che parte stare e tutto sembra ridursi solo a un pretesto in più per sguainare la propria katana dal fodero.
Allo stesso modo, l’altro grave difetto di Rise of the Ronin riguarda proprio l’open world. A tal punto che il gioco sembra diviso in due parti: finché si è all’interno di missioni dai limiti ben precisi e si combatte, ci si diverte parecchio, apprezzando la fluidità delle animazioni e la stratificazione del sistema di combattimento. Quando invece si gira per la mappa che collega le tre grandi città (Yokohama, Edo e Kyoto) che fungono da snodi cruciali per la trama, allora si avverte una certa incertezza.
Pure sul versante “Assassin’s Creed” – parliamo quindi delle scalate in modalità parkour, come pure dell’uso di rampini e alianti – il gioco non è convincente e appare lontano anni luce dall’originale francese, maestra indiscussa in questo campo. Le mappe per fortuna non sono vuote, anzi, i punti di interesse non mancano, ma come in Ghost of Tsushima (qui la nostra recensione) non vanno oltre al collezionismo e al combattimento. Con l’aggravante di non riuscire nemmeno a ricreare quei panorami che invece hanno reso d’impatto l’altra esclusiva PlayStation uscita nel luglio del 2020.
Purtroppo Rise of the Ronin sul versante grafico è davvero povero. E questo, unito a una intelligenza dei nemici prossima allo zero e a una concezione dell’open world tipicamente vecchio stampo (un enorme campo con qualche posto secondario in cui recarsi per completare la propria collezione e menare altri fendenti) fa sì che il titolo in più di una occasione venga recepito come datato, di un’altra generazione di videogiochi.
L’arte del combattimento
Com’era logico aspettarsi dai creatori di Ninja Gaiden, il combattimento è la vera gioia per gli occhi della produzione nipponica, rivelandosi fluido, solido, appagante e coinvolgente. Pure inaspettatamente profondo. Tanto più che le alleanze strette procedendo con la trama possono avere un risvolto pratico proprio in questi frangenti in cui alla lotta si uniranno i propri amici.
Il baricentro di Rise of the Ronin resta perciò spostato nettamente a favore dell’azione e ha il suo apice all’interno delle missioni in ambienti circoscritti, mentre tutto il resto (trama, open world, png…) sembra un contorno che il team di sviluppo non è riuscito a governare con uguale maestria.