Università di Bologna e Aster fotografano l’ecosistema emiliano che è un po’ lo specchio di quello che succede in Italia. I trend, chi cresce e come
In Italia 9 volte su 10 le startup nascono con i soldi di mamma, papà, nonni e zii. Ed è una notizia. Se la neo-impresa punta subito sull’internazionalizzazione cresce più in fretta e resiste più a lungo nel tempo, lo si sapeva già. Ad ogni modo è questa la fotografia scattata dalla ricerca dell’Università di Bologna e di Aster, il consorzio della Regione Emilia Romagna per l’innovazione e la ricerca industriale, presentata oggi sotto le Due Torri alla decima edizione di ‘R2B, Research to Business’, il salone internazionale della ricerca industriale e dell’innovazione.
Ricordando che «l’Emilia Romagna è la prima regione in Italia per numero di laureati in discipline tecnico scientifiche e per personale addetto a ricerca e sviluppo, e la seconda per numero assoluto e densità di startup», il direttore generale di Aster Paolo Bonaretti ha spiegato che «dal 2000, quando è partito il programma europeo Spinner il loro tasso di sopravvivenza è molto elevato (77%), sia rispetto alle imprese normali che a quelle innovative, e il fatturato è cresciuto mediamente del 35% in 4 anni».
La ricerca condotta dall’Università di Bologna e da Aster, su un centinaio di startup della regione, rileva che dalla fine del 2013 al 30 aprile scorso le imprese innovative iscritte nell’apposito registro nazionale sono più che raddoppiate: +123%, da 1719 a 3842.
L’Emilia Romagna rappresenta il 12,05% del totale nazionale dietro la più grande e popolata Lombardia. Quasi la metà di questa imprese ha un fatturato fino a 500mila euro e fino a un massimo di 9 addetti. Nell’88,6% dei casi le risorse finanziarie arrivano da parenti e amici, a cominciare da mamma, papà, nonni e zii. Banche e istituzioni finanziarie intervengono raramente (3%) per finanziarie a medio-lungo termine la nuova impresa.
Nel 2,6% delle volte si tratta di un debito bancario ordinario. La partecipazione di aziende industriali non va oltre il 4% così come i finanziamenti da Venture Capital si limitano ad appena lo 0,4% dei casi. Dall’analisi emerge che le province di Bologna (32,1% e settima provincia italiana) e Modena (27,1%) sono le più prolifiche per nascita di imprese innovative.
La forma giuridica prevalente (82,3%) è la società a responsabilita limitata (srl) come nel resto d’Italia. Il 72% degli startupper emiliano-romagnoli ha un titolo di studio elevato: dalla laurea di secondo livello o vecchio ordinamento al dottorato o master. La quota maggiore di persone impiegate (soci o dipendenti) è impiegata soprattutto nella commercializzazione e in seconda istanza alla ricerca e sviluppo di nuovi prodotti. Metà del fatturato è prodotto in Emilia Romagna, il 10% in Europa e resto del Mondo. «Analizzando il risultato di fatturato – ha concluso Bonaretti – si è visto che più alto tra coloro che dispongono di marchi, che hanno ricevuto un supporto per l’internazionalizzazione e per la formazione in fase di consolidamento, che hanno partecipato a concorsi a premi e hanno ricevuto un finanziamento». Per le startup dell’Emilia Romagna i finanziamenti regionali sono stati quelli più cospicui. I 2/3 delle imprese innovative osservate dall’indagine hanno chiesto finanziamenti europei, ma li ha ottenuti solo il 13%. L’80% ha fatto richiesta per quelli nazionali, ma soltanto il 5,7% li ha ottenuti. Il 47,1% ha presentato domande per quelli regionali e nel 35,7% dei casi li ha ricevuti. Il 67%, infine, ha chiesto risorse alle istituzioni locali, ma le hanno portate a casa solo il 25,7% delle volte. Quanto ai bisogni espressi dai neoimprenditori, le startup hanno bisogno soprattutto di consulenze specialistiche (62,5%), concorsi e premi per le imprese (57,5%), formazione (57,5%), informazione e orientamento (45%).