La campionessa del tennis parteciperà all’Open Summit del 14 dicembre. Storia di una ragazza pugliese che ha portato l’Italia sul tetto del mondo. E che per noi è un esempio
“Ma tu puoi darmi una sicurezza economica?”. Aveva solo 8 anni quando lo chiedeva al papà, eppure ragionava già da grande, prima ancora di salire sul tetto del mondo, Flavia Pennetta. Che dal gradino più alto degli Us Open sarà protagonista il 14 dicembre dell’Open Summit di Startupitalia, l’evento nazionale dove tra le 10 finaliste delle 100 migliori startup del 2015 sarà scelta la migliore di tutte. La campionessa del tennis ha accolto l’invito del nostro direttore Riccardo Luna: sarà lei a dare il via ufficiale al summit di Milano, di fronte a oltre mille invitati, 100 tra giudici e speakers e tutto l’ecosistema delle startup italiano.
Da Brindisi al tetto del mondo. Storia di una ragazza che non si è mai arresa
«Quando ero piccola volevo venire qui essere la più grande», ha detto Flavia Pennetta a bordo campo dopo il match con l’amica e rivale di sempre di Roberta Vinci per la conquista del quarto tra i titoli del Grande Slam. Una finale che per la prima volta nella storia ha colorato solo d’azzurro lo stadio Arthur Ashe di New York. E’ forse l’impresa più clamorosa nella storia del nostro tennis, se non addirittura nella storia dello sport italiano in generale. Molto più clamorosa che vincere un mondiale di calcio, anche se fa meno notizia e non porta in piazza milioni di tifosi esaltati: Pennetta e Vinci hanno battuto rispettivamente la Halep e Serena Williams, le due migliori del mondo al momento.
Tra dritti e rovesci già da bambina, Flavia ha iniziato a giocare a tennis a 4 anni. A 9 già si faceva notare nei circoli sportivi e a 15 è stata convocata dalla Federazione a Roma, dove per molto tempo ha condiviso la stanza proprio con la Vinci. «Ci conosciamo da quando eravamo bambine – ha rivelato – con Roberta prima o poi potremmo scrivere addirittura un libro sulla nostra vita».
18 anni. Tanti ne sono trascorsi da quando la tennista ha lasciato Brindisi e la famiglia per inseguire un sogno fatto solo di sudore e tanta, tantissima determinazione. Anni che l’hanno vista come prima italiana a entrare nella top ten dei tennisti più grandi di sempre, ma anche cadere. E rialzarsi, sempre.
Nel 2006 la prima Fed Cup (la Davis al femminile), vinta contro la Spagna. Passa un anno e, nel 2007, dopo un infortunio al polso la fa precipitare al 92esimo posto nella classifica mondiale, trionfa nel torneo di Bangkok, battendo in finale la cinese Chan e in semifinale addirittura Venus Williams. Vittorie tutte arrivate non solo dopo un infortunio che sembrava preludio della fine della sua carriera, ma soprattutto dopo la fine di una grande storia d’amore, al punto che Flavia aveva perso oltre 10 kg. Dirà lei stessa, a proposito di quel brutto periodo: «Ho scoperto di avere una forza interiore enorme, non mi ritenevo una persona forte».
Nel 2008 alle Olimpiadi di Pechino viene eliminata al primo turno nel singolo. Si rifà però nel doppio con la Schiavone, arrivando ai quarti. Poi, finalmente, la ripresa. Nel 2009 strappa alla Francia un’altra Fed Cup. Il peggio sembra passato, ma non è così. 2012. Flavia è costretta a ritirarsi dal torneo di Auckald, poi arriva anche un secondo infortunio, all’altro polso.
Durante una presentazione del suo libro, le è stato chiesto quanto possa essere stato importante, per lei, “toccare il fondo”. La risposta è stata una schioppettata: «Sicuramente serve, devi prendere consapevolezza che non stai facendo niente delle cose che devi fare per dare il meglio. Nel nostro sport, così come dopo una sconfitta, non abbiamo tempo per piangerci addosso. O ci fermiamo o iniziamo subito ad allenarci per il prossimo match. E per vincerlo».
E due volte, tre, quattro. Ogni volta che Flavia Pennetta ha visto in faccia una sconfitta o un infortunio anziché arrendersi è riuscita a dare del tu a questi ostacoli, ad affrontarli uno ad uno. E ripartire. Nel 2013 la rinascita, che arriva ai quarti di finale di Wimbledon, e poco dopo la conquista anche della prima semifinale della carriera agli Us Open, eliminando ai quarti indovinate chi? Roberta Vinci. «Anche se da piccole perdevo sempre contro di lei», ammetterà la Pennetta.
Perché Flavia Pennetta è un ottimo esempio per chi fa startup?
Cadere e rialzarsi, dicevamo. Più volte. Gli infortuni, una carriera che in diverse occasioni per molti era già arrivata ai titoli di coda prima ancora di esplodere. Un po’ come quelli che dicevano che i Beatles non avrebbero mai avuto successo, che l’automobile sarebbe stata solo un lusso per pochi, che non sarebbero mai nati computer che pesassero meno di una tonnellata. O come addirittura Steve Jobs, che nel 1994 diceva che il mondo non si sarebbe mai ricordato di lui.
Invece Flavia Pennetta è rimasta sempre lì, con la sua determinazione, senza smettere mai di crederci. Sbagliando, rifacendo, cambiando. Tutto.
Se si fosse lasciata andare alla prima battuta d’arresto oggi non staremmo qui a ricordare la carriera pazzesca di questa giovane donna pugliese.
E anche perché vive un mondo che corre più veloce di lei, e che non risparmia sorprese. «Nel tennis – ha detto Flavia – le belle sensazioni durano troppo poco. Magari batti il migliore del mondo, ma poi dal giorno dopo torni in campo e ricominci, e spesso magari perdi. Così quello che ti sembrava un momento di felicità estrema si trasforma in delusione dopo neanche 24 ore».
Perché il tennis e, più in generale, lo sport sono imprevedibili e spesso non premiano solo chi è più bravo ma chi è più audace. C’e un bel film di Woody Allen che merita di essere visto e rivisto, Match Point: una palla, un istante, una svista, una chiamata dell’arbitro che può andare a tuo favore o meno. E cambia, sempre, tutto.
Solo chi è così bravo da riuscire ad essere parte attiva di questi cambiamenti, e non semplicemente a subirli, è destinato a vincere. Abbiamo visto tante startup arrivare dal garage alle stelle, e tante altre precipitare. Così come tanti campioni.
E da campionessa, Flavia Pennetta ha scandito a New York quel «I need to say one thing more, just one thing: this is the way I would to say goodbye to tennis», annunciando, direttamente sul campo dove aveva trionfato agli Us Open e con ancora addosso il sudore della vittoria, l’addio alle racchette.
Si dice di lei che ami internet tanto quanto il campo. Ha un proprio blog ed è molto attiva sui social, twitter in primis. Ma dopo la grande impresa dello Us Open tra un’intervista e l’altra qualche telefonata era rimasta senza risposta. A un certo punto qualcuno ha twittato “Flavia sono io, è il mio numero, chiamami”. Era Serena Williams.
Aldo V. Pecora
@aldopecora
Per iscriversi all’evento sono disponibili biglietti gratuiti su Eventbrite