Il ricercatore dell’Istituto di informatica e telematica ci ha spiegato le basi di una rivoluzione di frontiera. «Non sostituirà la rete esistente. La renderà più sicura»
Quando nel 2006 la rivista Time scelse come persona dell’anno tutti noi (con una copertina storica), anticipò il trend che di lì a breve avrebbe investito l’economia globale sull’onda di internet. Con quella prima pagina si ebba un vero e proprio selfie su carta. Sappiamo come è andata a finire: i social network hanno rivoluzionato l’industria tradizionale, trasformando potenzialmente chiunque in un content creator. Di recente la stessa rivista ha pubblicato in copertina qualcosa di molto meno semplice da comprendere: “The quantum leap”, ovvero il salto di qualità, che racconta della prossima frontiera dei computer quantistici. Noi ci occuperemo di una parte di questa rivoluzione: parliamo del quantum internet con Claudio Cicconetti, ricercatore all’Istitituto di informatica e telematica del Consiglio Nazionale delle ricerche (IIT-CNR).
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Quantum internet: l’ABC
«Partiamo col dire che non è semplice: il quantum internet è un tema di ricerca di frontiera». In questa intervista Cicconetti è però riuscito a semplificare un argomento destinato ad avere, prima o poi, un impatto sulle vite di tutti noi, esattamente come l’ha avuto l’internet tradizionale o, come la chiamano gli addetti ai lavori, l’internet classica. «La rete che usiamo oggi serve per mettere in comunicazione persone o computer e scambiarsi bit di informazioni, zeri e uni. La usi per mandare WhatsApp e accedere ai servizi bancari». Snelliamo ancor di più il concetto: «I bit sono zeri e uni usati per codificare le informazioni che ci scambiamo tutti i giorni».
Bit e Qubit
Questo è ciò che abbiamo letteralmente per le mani oggi, grazie a smartphone, laptop e tablet. L’internet quantistico ci garantirà un salto di qualità, parafrasando la copertina del Time. «L’internet quantistica è una rete che mette in connessione fra loro apparati che non scambiano bit, ma Qubit, detti anche quantum bit». Non servono competenze in informatica per conoscere il ruolo dei bit nella nostra quotidianità.
Nei computer quantistici non ci sono i bit, ma i Qubit, le cui caratteristiche sono profondamente differenti. «Se i bit rappresentano o il valore 0 o il valore 1, i Qubit possono rappresenta nello stesso istante tutti i possibili valori tra 0 e 1. Questo perché si sfrutta la sovrapposizione, proprietà della fisica quantistica». Fatto nostro questo elemento di base, cerchiamo di capire insieme che cosa questa particolarità rende simili calcolatori così interessanti e che cosa ci si potrà aspettare in futuro.
Quantum internet: cosa potremo farci
Il quantum internet ha un importante vantaggio legato al delicato argomento della cybersecurity. «I Qubit, a differenza dei bit, non possono essere copiati per la loro proprietà intrinseca. Facciamo l’esempio di messaggio inviato via chat: io posso hackerarlo senza che il mittente lo scopra; al contrario, con i bit quantistici il valore si distrugge non appena viene letto». Ciò vuol dire che quando l’informazione arriva tramite Qubit chi riceve è sicuro che nessun altro vi ha avuto accesso.
“L’internet quantistico darà sicurezza e la fornirà in maniera più efficiente”
Sicurezza non da poco quando si tratta di informazioni e dati sensibili che già oggi circolano in rete e che spesso cadono nelle mani sbagliate. Come ci ha spiegato Cicconetti, l’Europa è al lavoro da tempo su questo fronte con il progetto EuroQCI. «L’UE sta finanziando la messa in campo di reti ottiche per installare applicazioni e distribuire chiavi per la comunicazione sicura». Ma il quantum internet garantirà anche maggiore velocità di connessione per chi lo utilizzerà? «Meglio precisare: l’internet quantistico non sostituirà l’internet che utilizziamo da anni. Semplicemente lo affiancherà. Se io metto una rete classica insieme a quella quantistica ho più funzioni a disposizione».
Ma c’è anche un altro aspetto interessante che ci permette di tornare sull’argomento computer quantistici. «Oltre a garantire la sicurezza, il quantum internet consente la comunicazione tra computer quantistici. Ad oggi ce ne sono pochi e li troviamo dentro società come IBM, Google e Microsoft». Il problema è che sono isolati. «Da fuori assomigliano a candelabri giganti, che devono essere vicini allo zero assoluto di temperatura, per raffreddare un chip piccolissimo». Ciascuno di questi calcolatori riesce a manipolare un numero limitato di Qubit: nell’ordine di 100-150. «Se venissero messi in comunicazione tra loro col quantum internet, allora potrebbero lavorare insieme per risolvere problemi ancora più complessi».
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Le tempistiche
Il ricercatore che abbiamo intervistato lavora nell’IIT-CNR, ovvero una delle istituzioni di ricerca pubblica d’eccellenza del nostro paese. La sua materia di studio, come anticipato, è di frontiera e non è direttamente collegata a prodotti pronti per il mercato di consumo. «Non è facile fare previsioni dal nostro punto di vista. Ma è probabile che nei prossimi cinque anni ci saranno le prime reti quantistiche che collegheranno enti di ricerca, laboratori e università in Europa. Un po’ come è stato con Arpanet (l’antenato di internet, ndr) nel secolo scorso».
“Se i computer quantistici venissero messi in comunicazione tra loro col quantum internet, allora potrebbero lavorare insieme per risolvere problemi ancora più complessi”
Ma c’è una stima sugli anni che ci dividono da una messa a terra mainstream del quantum internet? «Direi 15 anni. L’infrastruttura avrà bisogno di nodi di rete quantistica per consentire agli utenti di collegarsi. L’internet quantistico darà sicurezza e la fornirà in maniera più efficiente». Trattandosi di una tecnologia che verrà tendenzialmente utilizzata da sempre più persone, è probabile attendersi un impatto ambientale di questi meccanismi in termini di emissioni? «Tutto dipende da come verrà ingegnerizzata la tecnologia: oggi i prototipi son molto energivori».
Pubblico e privato
Per concludere questa presentazione dell’internet quantistico, Cicconetti ci ha presentato uno scenario di ricerca che vede una grande collaborazione tra istituzioni pubbliche e Big Tech, come quelle sopracitate. «Sulla stampa spesso si parla di una corsa all’oro. Nella realtà invece ci sono grandi aziende che mettono a disposizione la propria infrastruttura. Il CNR, ad esempio, è parte dell’IBM quantum network: ciò significa che possiamo usare i loro calcolatori quantistici». Un esempio come tanti altri, ha concluso il ricercatore, di grande cooperazione e collaborazione «Nel settore dell’intelligenza artificiale non esiste una situazione equivalente».