Ultimo respiro per l’azienda UK: “Negli ultimi mesi siamo stati oggetto di accuse infondate e di denigrazioni per attività legali”
Alla fine lo “scandalo Facebook” almeno un morto lo ha lasciato sul terreno. E, dato che non poteva essere la società Mark Zuckerberg (che, anzi, ha appena tagliato il traguardo di una trimestrale d’oro), inevitabilmente a perdere la testa è stata Cambridge Analytica, additata dai media e dall’opinione pubblica come “la cattiva” della storia.
L’azienda e la sua controllante (Scl) hanno avviato le procedure di insolvenza nel Regno Unito. Cosa significa? Cessazione immediata di tutte le operazioni e avvio della messa in liquidazione per soddisfare i creditori.
L’ultima difesa di Cambridge Analytica
Nella nota con cui il gruppo annuncia la capitolazione, si legge: “Negli ultimi mesi Cambridge Analytica è stata oggetto di numerose accuse infondate e, nonostante gli sforzi della società di correggere le informazioni, è stata denigrata per attività che non solo sono legali ma sono ampiamente accettate come facenti parte integrante della pubblicità online”.
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Lo scandalo che ha coinvolto Facebook
Come certamente ricorderete, Cambridge Analytica è stata al centro dello scandalo che ha riguardato la profilazione a fini politici di 87 milioni di utenti Facebook americani e di altri Paesi, in particolare durante la campagna per le ultime elezioni presidenziali Usa, vinte da Donald Trump. Le informazioni rese ai media dall’ex analista del gruppo Christopher Wylie hanno scoperchiato un vero e proprio vaso di Pandora. Ad avere alimentato ulteriori sospetti, il fatto che a finanziare la nascita di Cambridge Analytica fosse stato Robert Mercer, miliardario simpatizzante della destra statunitense, già mecenate particolare di Steve Bannon, che della società è stato anche membro del consiglio d’amministrazione dal 2014 fino a quando, nell’estate del 2016, ha assunto un ruolo operativo all’interno della campagna di Trump, passando poi, dopo la vittoria, alla Casa Bianca come stratega. Almeno fino alla cacciata dell’estate scorsa.
La fuga di capitali dal colosso morente
Non erano bastate a calmare le polemiche le dimissioni dell’amministratore delegato di Cambridge Analytica, Alexander Nix. L’emorragia di clienti e le ingenti spese legali sostenute finora e che si profilano all’orizzonte hanno costretto la realtà britannica a dichiarare fallimento. Secondo l’accusa, Nix avrebbe collaborato con l’esperto di Trump sui social, Brad Parscale, al cosiddetto “progetto Alamo” che consisteva nel sommergere gli elettori americani con messaggi propagandistici mirati grazie a dati sensibili acquisiti da Aleksandr Kogan, l’accademico di Cambridge autore dell’app per Facebook This is your digital life, che sarebbe riuscita a carpire, globalmente, i dati di 87 milioni di persone, ceduti però volontariamente dagli iscritti. Mentre il mondo dibatte se l’operato di Cambridge Analytica sia stato legale o meno, etico o amorale, il mercato ha già deciso: capitolazione immediata.