Arrivata la fotografia dell’Istituto di statistica dei mesi del lock down. Calo senza precedenti
PIL italiano sempre più giù. E non poteva essere altrimenti, considerato che i dati dell’ISTAT fotografano quanto avvenuto nel secondo trimestre dell’anno, ovvero quelli del lock down. Nel secondo trimestre del 2020 il prodotto interno lordo, espresso in valori concatenati con anno di riferimento 2015, corretto per gli effetti di calendario e destagionalizzato, è diminuito del 12,8% rispetto al trimestre precedente e del 17,7% nei confronti del secondo trimestre del 2019.
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La stima preliminare dell’Istituto di statistica sulla variazione congiunturale del Pil diffusa il 31 luglio 2020 era stata del -12,4% mentre quella tendenziale del -17,3%. Questo vuol dire dunque che il nuovo aggiornamento è a ribasso rispetto alle previsioni iniziali ISTAT, che da parte sua rende noto che il secondo trimestre del 2020 ha avuto una giornata lavorativa in meno sia rispetto al trimestre precedente sia nei confronti del secondo trimestre del 2019, anche se non sarà stato certo quel dato a determinare i numeri che abbiamo oggi sotto al naso. La variazione acquisita per il 2020 è pari a -14,7%. Rispetto al trimestre precedente, tutti i principali aggregati della domanda interna sono in diminuzione, con cali dell’8,7% per i consumi finali nazionali e del 14,9% per gli investimenti fissi lordi.
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Le importazioni e le esportazioni sono diminuite, rispettivamente, del 20,5% e del 26,4%. La domanda nazionale al netto delle scorte ha contribuito per -9,5 punti percentuali alla contrazione del Pil, con -6,7 punti dei consumi delle famiglie e delle Istituzioni Sociali Private ISP, -2,6 punti degli investimenti fissi lordi e -0,2 punti della spesa delle Amministrazioni Pubbliche (AP). Anche la variazione delle scorte e la domanda estera netta hanno contribuito negativamente alla variazione del Pil, rispettivamente per -0,9 e -2,4 punti percentuali. Si registrano andamenti congiunturali negativi per il valore aggiunto in tutti i principali comparti produttivi, con agricoltura, industria e servizi diminuiti, rispettivamente, del 3,7%, del 20,2% e dell’11%.