Da tempo il settore delle criptovalute è in affanno per clamorosi fallimenti e per la mancanza di norme. E adesso, dopo un 2022 segnato dalle crisi, che prospettive e quali opportunità attendono il mondo?
Molti esperti pensavano che il 2023 sarebbe stato l’anno fondamentale per le criptovalute. Lo scorso anno, gli appassionati di criptovalute sono stati colti di sorpresa da una serie di eventi imprevedibili come il crollo di Terra Luna, la caduta di FTX e il crollo del mercato. A tutto ciò, si è aggiunta la guerra in Ucraina, i rialzi dell’inflazione e del prezzo delle materie prime, con il conseguente rialzo dei tassi di interesse da parte delle banche centrali. Un quadro nero che ha determinato un crollo del mercato delle valute digitali, che ha perso il 65% del suo valore di capitalizzazione. Il mondo delle criptovalute dopo un 2021 stupefacente che aveva portato Bitcoin a sfiorare i 70mila dollari di quotazione, sembra ora essere finito in una sorta di limbo. Molti mercati promettenti ed innovativi legati alle valute digitali, come per esempio quello degli NFT (Non Fungibile Token), che parevano il nuovo eldorado per le opere d’arte e quelle dell’ingegno in generale, dopo un assai promettente avvio, con opere vendute milioni di dollari, sembrano non attirare più appassionati ed investitori. Secondo i calcoli degli esperti, attualmente il 95% delle oltre 73.000 collezioni di NFT presenti sul mercato, avrebbero un valore pari a zero.
Test crypto
Ma ad essere messo in crisi sembrerebbe essere il concetto stesso di valute digitali e al loro ipotetico utilizzo nella realtà quotidiana. Malgrado alcuni interessanti progetti di adozione, da parte di banche internazionali e società tecnologiche come Paypal, Mastercard, Amazon o la stessa Apple, avessero fatto sognare tutti i cripto seguaci, il tasso di adozione delle criptovalute è ancora bassissimo. Lo stesso progetto di Facebook e della sua valuta digitale Libra ha incontrato più ostacoli del previsto e sembra per ora essere stato accantonato. Per non dire di El Salvador, primo Stato al mondo a rendere, nel settembre del 2021, Bitcoin valuta a corso legale. Dopo gli entusiasmi inziali, il crollo della moneta ha messo in ulteriori difficoltà le casse pubbliche già disastrate del piccolo Stato centroamericano. In Italia ad aprile di quest’anno, dopo due mesi di stop, Rock trading, il più longevo Exchange di valute digitali, ha dichiarato bancarotta, per problemi di liquidità (problematica ricorrente in molti recenti flop di aziende del settore).
Cristian Miccoli, fondatore e ceo di Conio, fintech che ha come esplicito obiettivo quello di rendere le criptovalute e i pagamenti digitali alla portata di tutti, non vede tutto nero per quanto riguarda Bitcoin e il mondo crypto: «Il crescente interesse delle istituzioni finanziarie verso le criptovalute, rappresenta un cambiamento significativo nel panorama finanziario globale. Un fattore determinante in questo contesto è rappresentato dalla recente introduzione della MiCaR (Markets in Crypto-Assets Regulation)». Ma proprio il riferimento al disegno di legge europeo sul mercato apre il delicato capitolo del controllo e della regolamentazione di un mercato, accusato di avere operato in maniera troppo spregiudicata in questi anni. Allo stesso tempo però questo potrebbe anche significare un tentativo, da parte delle istituzioni finanziarie, di mettere le valute digitali sotto controllo, contravvenendo allo stesso principio fondante che ha ispirato nel 2009 chi ha creato Bitcoin. La valuta digitale avrebbe dovuto, grazie proprio alla sua autonomia da parte di qualsiasi ente centrale, evitare la deregulation del mercato che è stata all’origine della grande crisi finanziaria del 2008.
Si possono controllare le crypto?
Da tempo poi si discute di quale possa essere il ruolo del Bitcoin e della sulla eventuale correlazione con i tradizionali mercati finanziari. Fino al crollo del 2022, molti analisti pensavano che Bitcoin potesse rappresentare un utile strumento deflattivo ed essere comparato ad una sorta di oro digitale, per la sua natura di scarsità (ne saranno minati solo 21 milioni di pezzi) e per il fatto di non dipendere da nessuna istituzione centrale. Ma ora Bitcoin sembra aver perso questa sua caratteristica per assumere sempre più quella di un asset finanziario molto volatile e speculativo. In questi ultimi due anni, il Bitcoin ha avuto una correlazione diretta con l’indice tecnologico americano del Nasdaq. Come i normali indici azionari le sue quotazioni dipendono da alcune variabili macroeconomiche, come il tasso di inflazione, l’andamento dell’indice del dollaro e le decisioni di politica monetaria delle Banche centrali.
Secondo Gracy Chen, managing director di Bitget, uno dei principali exchange al mondo di criptovalute, sembra ormai assodato che il Bitcoin abbia una correlazione indiretta con l’indice del dollaro. Quando questo si rafforza, come ora con il rialzo dei tassi, il bitcoin ne soffrirebbe. «Se le banche centrali aumentano i tassi di interesse per combattere l’inflazione o per altre ragioni – spiega Chen – potrebbe aumentare il costo per investire in asset come Bitcoin. Questo potrebbe ridurre la domanda di Bitcoin e avere un effetto al ribasso sui prezzi. Al contrario, se le banche centrali riducono i tassi di interesse per stimolare l’economia, potrebbe diventare più economico prendere in prestito denaro per investire in criptovalute, il che potrebbe aumentare la domanda e sostenere i prezzi». Ma nello stesso tempo Bitcoin continua ad avere una forte attrattiva per chi desidera investire in asset rischiosi, ed è anche per questo che nel 2022 le criptovalute sono penalizzate. Ma ciò non vuol affatto dire che la situazione non possa cambiare anche nel breve, come preconizza la manager di Bitget. «Se BTC superasse con successo i 29mila dollari, si prevede un’impennata dell’attività del mercato delle altcoin e l’ETH potrebbe tentare di superare il suo precedente livello di resistenza intorno ai 2.141 dollari».
Il bitcoin a un bivio?
Un altro fatto accaduto nei giorni scorsi potrebbe nel medio periodo, portare ad un forte rimbalzo di Bitcoin ed Ethereum. Ci riferiamo alla vittoria in tribunale della società di investimenti Grayscale, che sta cercando da mesi di fare approvare un Etf in Bitcoin, dalla SEC, l’autorità che vigila sui mercati negli Stati Uniti. Il 29 agosto, un giudice ha dichiarato che la SEC aveva agito in modo arbitrario e capriccioso nel respingere la domanda di Grayscale per trasformare il proprio trust in un ETF Bitcoin. «Facendo un confronto con gli ETF spot sull’oro, a luglio 2023 il patrimonio gestito (AUM) degli ETF sull’oro avrà raggiunto circa 215 miliardi di dollari, di cui la metà in Nord America – ha commentato Chen -. Attualmente, la volatilità di BTC è circa 3,6 volte quella dell’oro. Se gli ETF sul BTC venissero approvati, supponendo che questi colossi finanziari vogliano investire in BTC con un’esposizione al rischio simile a quella dell’oro, dovrebbero investire circa 30-40 miliardi di dollari».
Secondo Eric Balchunas e James Seyffart, analisti ETF di Bloomberg, la probabilità che la SEC approvi un ETF Bitcoin quest’anno è salita al 75%, in aumento rispetto a una precedente previsione del 65%. Questo aumento è stato attribuito alla vittoria in tribunale di Grayscale. Se la SEC dovesse approvare un ETF in Bitcoin, ciò potrebbe portare a un afflusso significativo di capitali nel mercato, dando un forte impulso al prezzo del Bitcoin. Insomma, per questo e molti altri motivi, si può ben dire che questo ultimo scorcio di 2023 può essere considerato come un importante crocevia per il mondo delle criptovalute.