I progetti del CIO e del CONI. I consigli di Massimiliano Rosolino per gli sportivi che vogliono restare in contatto coi tifosi. E l’expoit di Sofia Goggia
È solo perché obbligato dalla contemporaneità che il CIO coccola il mondo dei social network ? In realtà, le prime Olimpiadi social sono state quelle di Londra nel 2012: alla vigilia il comitato olimpico lanciò l’Olympic Athletes Hub, un mega-portale nel quale l’atleta più famoso di tutti (the best of us come diceva uno spot) si trovava sullo stesso piano dei più sconosciuti, con beneficio per entrambi. Oggi l’hub è diventato una vera piattaforma di servizio per gli atleti, in funzione 365 giorni all’anno. In ogni caso, sei anni dopo Londra assistiamo all’arrivo di Alibaba come partner, abbiamo già avuto i primi digital olympic reporter (primato italiano di Silvia Salis a Rio), e già si parla di un intervento di Mark Zuckerberg a Buenos Aires per gli YOG.
Olimpiadi che durano 4 anni
La sigla, ancora misteriosa per tanti, introduce gli Youth Olympic Games: aperti a ragazzi dai 14 ai 18 anni, chiamati a partecipare anche a un programma di lezioni e non solo di gare. Dovesse arrivare anche Mr Facebook in persona potrebbe scattare la più grande campagna di formazione sui social della storia, magari centrata sul cyberbullismo. La presenza di Zuckerberg è anche più suggestiva: mettere in campo anche Workplace e garantire al CIO la community più grande del mondo sarebbe una prospettiva allettante. Qualcosa di simile a quello a cui pensa il CONI, con il progetto #italiateam, che però non può garantire la piena e soprattutto la continua titolarità sulle attività social degli atleti azzurri.
Il CIO corteggia i social per un motivo identitario, per avere cioè il beneficio di diventare un fenomeno 24/7/365 nemmeno più confinato in stadi e palasport. Obiettivo per cui è nato l’Olympic Channel nel 2016, per riempire di video e di emozioni i troppo lunghi intervalli tra una edizione e la successiva dei Giochi: un espediente utile anche per valorizzare l’investimento dei partner che hanno bisogno di ribalte più lunghe di quelle garantite da 16 giorni di gare.
In questi giorni il CIO ha aggiunto altre frecce al suo arco, lanciando l’Olympic Information Service: un altro servizio tutt’altro che scadente ma con una scadenza. Qui sono gli atleti che, diventati editor, stanno cambiando il racconto dei Giochi.
I consigli di Rosolino
Prendiamo Massimiliano Rosolino, uno che festeggia due volte il compleanno: una volta per la data anagrafica, un’altra per ricordare il giorno in cui ha vinto la medaglia d’oro a Sidney. Senza saperlo nel 2009 ai Mondiali di nuoto di Roma realizzò un grande servizio social girando in Vespa per Roma con un passeggero come Michael Pelps: strizzavano l’occhiolino a Vacanze Romane. Grande apprezzamento, pochi like perché appunto eravamo, nove anni fa, ancora alla preistoria.
Oggi Rosolino è uno dei più attivi atleti sui social, dice di dover stare attento a non diventare un influencer: intanto è inviato in Corea per conto di Herbalife che ha scelto, anche per la natura della sua attività, di raccontare i Giochi da sponsor del CONI facendo viaggiare il pubblico dietro le quinte invece che con una campagna pubblicitaria tradizionale.
Rosolino è un “guru” che può insegnare tanto agli altri come quando stava in piscina (e in realtà nemmeno ha smesso, visto che si allena praticamente quotidianamente ): “Una volta gareggiavi quattro giorni all’anno, oggi sei social 365 giorni all’anno – dice – Bisogna avere senso della misura, ma bisogna anche capire cosa interessa la gente. Studiare non significa per forza copiare, anche se vedere che Shaun White ha uno staff dedicato che lavora in tempo reale qualche pensiero te lo fa venire, e non vale l’obiezione che lui è una star che ormai partecipa con cameo pure ai film”.
Massimiliano è ottimista per il movimento italiano: “Non è vero che gli stranieri sono avanti a noi. Chi personalizza il proprio profilo ottiene buoni risultati: degli atleti qui a PyeongChang vedo bene Sofia Goggia: è giovane, estroversa, ma questo non basta per avere un gran seguito, bisogna avere un piano”. C’è da scommettere che la vittoria nella discesa libera regalerà un boost notevole al seguito della sciatrice di Bergamo.
L’idea proposta da Rosolino è semplice, o almeno di facile applicazione per uno sportivo disciplinato: “Hai una tua community? Prima cosa, devi fidelizzarla. Per il momento, più che a campagne pubblicitarie, mi dedico a questo impegno. Posto la mattina, a pranzo e a cena, quando l’attenzione è massima, però su Instagram contano le stories: quelle sì che fanno la differenza. La gente vuole scoprire ciò che di solito non vede, e vuole un rapporto di fiducia. Per questo mi sforzo di rispondere a tutti”. Conta avere un piano editoriale, proprio come si ha per le gare un piano allenamenti. Ennesima versione del motto del barone De Coubertin: l’importante è comunicare, anche e non solo per sopravvivere oltre la cerimonia di chiusura.