Il report di SIM e Italia Startup che racconta il mondo degli incubatori italiani

Per quanto riguarda la natura giuridica poi, più del 60% degli incubatori appartiene a privati, mentre solo il 15,4% è pubblico. Un altro quinto, invece, possiede invece una compagine sociale che include soggetti sia pubblici che privati.

Un quadro che il presidente di Italia Startup, Marco Bicocchi Pichi, commenta così. “Negli ultimi anni è cresciuta sempre più l’attenzione all’imprenditorialità come motore di sviluppo economico e sociale. Un ambito particolarmente importante in questo senso è quello delle attività di incubazione e accelerazione d’impresa, un settore in crescita e in forte evoluzione”.

Ma il report dice anche che dal punto di vista del fatturato nel 2016 gli incubatori non sono certo stati con le mani in mano. Hanno raggiunto ricavi pari a 1,13 milioni di euro. Dato però influenzato da un numero limitato di organizzazioni di grandi dimensioni. Circa la metà degli incubatori, infatti, ha avuto un fatturato inferiore a 250 mila euro. A partire dai dati raccolti è stato possibile effettuare una stima del fatturato totale nel settore dell’incubazione in Italia, che si aggira intorno ai 183 milioni di euro.

Quando l’innovazione è sociale

Sempre stando ai dati raccolti dal report, più della metà degli incubatori ha supportato organizzazioni a significativo impatto sociale. Analizzando i settori di appartenenza di queste organizzazioni, quello più rappresentato è legato alla cultura, alle arti e all’artigianato, mentre al secondo posto si trova il settore che include le organizzazioni che operano in ambiti legati alla salute e al benessere.

“Particolarmente interessante è la scelta di un numero crescente di incubatori di focalizzarsi su imprese a significativo impatto sociale. Una specializzazione su questa tipologia di imprese e di incubatori potrebbe essere un elemento efficace di differenziazione per il nostro Paese”, ha affermato il prof. Paolo Landoni del Politecnico di Torino che ha coordinato la ricerca.