Cracovia nuova capitale delle startup? L’ottimismo di qualche mese fa sembra già al capolinea. Crisi politica ed economica cambiano la situazione. Il punto
“La Polonia è pronta a salire sul podio del panorama tech europeo. Gli investimenti su innovazione e nuove imprese stanno esplodendo e Cracovia è pronta a diventare una delle prossime capitali della rivoluzione digitale europea”. Lo si scriveva solo pochi mesi fa. Ma ora la complicata situazione politica del paese, ormai in conflitto aperto con l’Unione europea, rischia di compromettere le ambizioni delle startup polacche.
La crescita economica della Polonia non si ferma
Torniamo per un attimo indietro nel tempo. Dopo l’adesione all’Ue nel 2004, l’economia polacca conosce una lunga fase di crescita sostenuta grazie all’aumento delle esportazioni, della produzione e della domanda interna, senza contare l’afflusso dei fondi strutturali di Bruxelles. Il picco è nel biennio 2006-2007, con il Pil che segna tassi di incremento superiori al 6%. Varsavia continua a crescere anche durante gli anni più duri della crisi economica: nel 2011 si registra un ragguardevole +4,3%. La Polonia sembra poter diventare uno dei nuovi traini dell’economia europea. Dopo due anni di piccola flessione, dal 2014 la crescita è tornata sostenuta e non si è più fermata. Per il 2017 il Fondo monetario internazionale prevede per la Polonia una crescita del Pil pari al 3,6%. Secondo le agenzie di rating il paese vivrà un forte aumento dei consumi tra 2017 e 2018 a causa del programma nazionale di sostegno economico 500+, dedicato alle famiglie con più di un figlio.
La crisi politica e il rischio dell’isolamento internazionale
Tutto rose e fiori dunque? Non proprio. La Polonia corre due rischi. Uno sul fronte dei conti. Molti analisti sottolineano infatti che troppe famiglie dipendono dai fondi di previdenza. Per più di una famiglia su tre gli assegni statali costituiscono la fonte principale di reddito. E nei prossimi anni il numero dei pensionati aumenterà in modo esponenziale, rischiando di sbilanciare la bilancia. Il secondo rischio, più evidente, è quello politico. La crisi, interna e diplomatica, è sotto gli occhi dell’opinione pubblica internazionale. I rapporti con l’Unione europea sono ai minimi termini dopo la querelle sulla riforma della giustizia contestata come “liberticida” da Bruxelles e dall’opposizione interna che ha riempito per giorni le piazze del paese. Alla fine il presidente polacco Andrzej Duda ha bloccato la legge ma la tensione resta altissima. Bruxelles minaccia la Polonia di sanzioni e la rimozione del diritto di voto presso le istituzioni comunitarie. E a Varsavia c’è persino chi palesa la possibilità di seguire le orme del Regno Unito e abbandonare l’Ue. Peccato che l’economia polacca si giovi, e parecchio, degli investimenti infrastrutturali finanziati con i fondi europei. Visto che il Pil pro capite del paese non superava il 70% della media europea, nel bilancio 2014-2020 Bruxelles ha destinato a Varsavia 82,5 miliardi di euro, la cifra più alta destinata a uno degli Stati membri. Soldi che non si possono certo mettere in pericolo. Alla crisi politica attuale si è arrivati dopo un’escalation derivante dalle elezioni del 2015, vinte dal partito populista di destra Diritto e Giustizia (PiS). La premier Beata Szydlo e il presidente del partito Jaroslaw Kaczynski hanno formulato leggi molto discusse. Il culmine arriva con la riforma della giustizia. Sia in patria sia all’estero Kaczynski viene accusato di aver violato la Costituzione polacca, di voler annullare l’indipendenza del potere giudiziario. Una crisi diplomatica che sta provocando ferite profonde e sta facendo precipitare la Polonia in un pericoloso isolamento internazionale.
Le conseguenze su startup e tech
La situazione politica non può che avere ripercussioni sulla scena tech. Durante lo scorso decennio il panorama delle startup polacche è cresciuto a livello esponenziale. Da pochi e sparuti team si è passati a un fiorire di incubatori e progetti innovativi, concentrati soprattutto a Cracovia, la capitale culturale del paese. Il settore ha beneficiato anche di importanti investimenti, tra i quali un imponente piano da 630 milioni di dollari. Tutto sembrava contribuire a rendere la Polonia uno dei paesi più innovativi a livello europeo e globale, nonché il principale hub tecnologico dell’Est Europa. Ora però questo sogno rischia seriamente di venire distrutto. Il PiS sta attuando una svolta protezionistica a livello economico. Le imprese straniere iniziano a non essere viste più di buon occhio. E i progetti innovativi esteri sono guardati con sospetto. I report del 2016 sono ancora incoraggianti ed elencano una buona serie di operazioni concluse riguardanti le startup polacche. Tra le altre, Estimote ha ricevuto un finanziamento da 10,7 milioni di dollari dalla Silicon Valley, Audioteka ha venduto un milione di audiolibri nel 2015 con una crescita del 50% rispetto all’anno precedente, Brainly.com ha beneficiato di una spinta finanziaria da 15 milioni di dollari. Allo stesso tempo, però, si nota che dall’estero arriva sempre meno linfa vitale per il settore. Nelle startup con base in Polonia il 95,4% degli impiegati e il 94,9% dei fondatori sono polacchi. Una percentuale altissima se confrontata con gli altri Stati Ue. La media europea vede infatti la presenza del 12% di fondatori e del 32% di impiegati stranieri. Insomma, i numeri per ora non condannano all’epilogo il sogno della scena tech polacca. Ma la situazione politica spaventa non poco e rischia di tenere (o mandare) lontano dal paese tanti progetti innovativi. Il sole sulla Polonia non è ancora tramontato ma la luce rischia di non essere più così abbagliante.