Dopo le proteste degli scorsi mesi gli Ayatollah stanno provando a ricompattare gli iraniani offrendo un’immagine diversa a una popolazione molto giovane. Ecco in che modo
Dalle proteste contro il regime alle proteste contro gli Stati Uniti. In Iran è cambiato tutto negli ultimi mesi. La difficile situazione economica collegata alla bomba demografica hanno creato una miscela potenzialmente esplosiva per gli ayatollah. Le sanzioni di Donald Trump e il tentativo di accerchiamento diplomatico stanno però cambiando le carte in tavola ricompattando una buona fetta degli iraniani. Un processo nel quale il potere, per la prima volta, cerca di avvicinarsi, quantomeno in maniera virtuale, alla gente comune. E come lo sta facendo? Attraverso i social network.
La svolta social
La necessità era, ed è, impellente. Il regime iraniano deve cambiare qualcosa per restare ancora al potere. L’enorme Paese mediorientale ha conosciuto una crescita demografica molto importante e la percentuale di giovani nella sua popolazione è enorme. Oltre il 60 per cento degli iraniani ha infatti meno di 30 anni.
Una cifra monstre e praticamente senza eguali, della quale non si può tenere conto. In un mondo sempre più interconnesso è ovvio che a Teheran e dintorni ci sia bisogno di un metodo di comunicazione diverso rispetto a quello classico proposto da governo e istituzioni religiose. Se si aggiungono le proteste di massa degli scorsi mesi per la crisi economica scatenata (anche ma non solo) dalle sanzioni ordinate da Trump si capisce come la situazione potesse sfuggire di mano. Anzi, in molti analisti sostengono che il vero obiettivo del presidente degli Stati Uniti, messo in soffitta il disgelo del periodo Obama, fosse proprio quello di “aiutare” il cambio di regime senza nemmeno dover intervenire in prima persona. Il momento difficile non è ancora del tutto passato, ma gli ayatollah hanno saputo reagire con prontezza. In che modo? Intensificando e migliorando la propria comunicazione social, puntando su una propaganda in grado di compattare lo spirito nazionale iraniano contro i tentativi di isolamento operati dal cosiddetto “nemico imperialista”, e aprendo importanti squarci di rinnovamento digital. In principio fu Hassan Rouhani, il presidente considerato moderato, con un celebre tweet nel quale compariva sul divano di casa a capo scoperto e con la maglia della nazionale intento a seguire una partita del mondiale di calcio.
Rouhani, che si trova ancora “sotto esame” della parte di regime che vorrebbe una svolta conservatrice, ha oltre due milioni e duecentomila follower su Instagram e 810 mila su Twitter. Ma, ultimamente, c’è chi è ancora più attivo del presidente della Repubblica. In primis la guida suprema Khamenei. Anche lui annovera tra le sue fila oltre 2,2 milioni di seguaci su Instagram, social sul quale ha postato la bellezza di 50 volte nel solo mese di ottobre, una media che si avvicina ai due post al giorno. Niente male per una guida suprema religiosa. Quasi sempre si tratta di discorsi o di apparizioni pubbliche, ma c’è anche spazio per video di iraniani che intervengono agli eventi in cui lui è presente. E i sorrisi in primo piano sono un po’ più ricorrenti di un tempo. Attivissimo anche Javad Zarif, il ministro degli Esteri, che si concentra prevalentemente su Twitter dove conta oltre 1,1 milioni di follower e si intrattiene spesso e volentieri in botta e risposta vivaci con l’amministrazione Usa. A proposito di battibecchi (per usare un eufemismo) diplomatici tra Teheran e Washington, negli scorsi giorni si sono raggiunti livelli social mai toccati prima.
All’anticipazione in stile “Game of Thrones” delle nuove sanzioni da parte di Trump ha infatti fatto seguito la replica del capo dei Pasdaran, il generale Qasem Soleimani, che ha utilizzato l’arma comunicativa dello show televisivo a stelle e strisce a suo vantaggio, per dare una risposta che arrivasse a più persone possibile. Non solo all’interno dei confini iraniani, ma anche all’esterno, altro punto sul quale il regime ha capito di dover puntare molto per creare qualche squarcio diplomatico, per esempio tra Usa e Unione europea.
La svolta digital
Ma non esistono solo i social. Per coinvolgere maggiormente le giovani menti l’Iran sta puntando da qualche tempo sull’innovazione digitale e sulla ricerca scientifica. I centri universitari sparsi nella nazione sono 2983 ed i magazine scientifici iraniani sono 1047. Secondo il sito scientifico SCOPUS, è la 16esima nazione più progredita del mondo. L’Iran è uno dei 15 paesi al mondo per la nanotecnologia, visto che produce 330 prodotti che vengono oggi esportati in 15 nazioni, ed è tra i primi 10 al mondo per le cellule staminali. E ora sta provando a sviluppare anche un buon ecosistema di startup innovative. Qualche esempio? Digikala, il cosiddetto “Amazon iraniano”, la più grande compagnia tech del Paese. Con oltre 180 mila ordini quotidiani, Digikala sta crescendo a un ritmo forsennato, e già a fine 2018 arriverà a sfiorare il miliardo di dollari di valutazione. Nel 2019 potrebbe dunque diventare il primo unicorno iraniano. Il fondo di investimento Sarava sta intensificando la sua azione interna in un’ampia gamma di settori che vanno dall’e-commerce al gaming, dal mobile al cloud computing. Coinvolte aziende come ANetwork, Cafe Bazaar e Divar. Sul fronte dei pagamenti, il governo di Teheran sta intanto studiando la possibilità di emettere una propria moneta virtuale. In palio, sotto tutti i punti di vista, un Paese da 80 milioni di abitanti ed estremamente giovane.