La startup usa l’intelligenza artificiale per rivoluzionare gli investimenti. Il CEO Magagnini: “Utilizzeremo queste risorse per nuove assunzioni e nuove sedi”
Kellify, startup che punta a rivoluzionare il mondo degli investimenti democratizzando l’accesso ad asset alternativi grazie all’intelligenza artificiale, ha incassato un round di investimento da 1,73 milioni di dollari. Tra i vari investitori privati ci sono Alberto Adorini (ex CEO di Payleven) e Riccardo Bianco (ex CEO di Spontex Italy) oltre a diversi business angel.
La startup con sedi a Genova e a Malmo, in Svezia, è stata fondata nel 2017 da Francesco Magagnini, CEO & Product Architect e Fabrizio Malfanti, Chief Math Officer. Kellify è composta da un team eterogeneo di fisici, data scientist, economisti e product architect. Attualmente il capitale della società è controllato con il 35% ciascuno da Magagnini e Malfanti, per il 5% dagli altri membri del team e al 25% dagli investitori finanziari.
Nuove assunzioni e nuove sedi
“Le risorse saranno utilizzate per un processo di talent acquisition volto ad assumere persone di talento a Genova e Malmo” spiega Magagnini a StartupItalia!. “Inoltre utilizzeremo questi fondi per potenziare la sede in Svezia e in autunno apriremo una nuova sede a New York, dove puntiamo sul mercato dell’arte”. L’obiettivo è quello di rendere Kellify “una startup liquida e globale” e in questa direzione vanno le attuali trattative in corso con fondi di venture capital internazionali e family office italiani per un nuovo round tra i 10 e i 20 milioni di euro entro fine anno.
Kellify permette di investire in beni e oggetti della vita di tutti i giorni cogliendone le caratteristiche di massima liquidità e rivendibilità, in modo quantitativo e sistematico, guidato dall’intelligenza artificiale e non dalle emozioni che caratterizzano settori intrisi di passione e gusto come l’arte, i beni da collezione, il vino, le materie prime e gli eventi sportivi.
Studio dei dati per gli investimenti
Gli algoritmi messi a punto da Kellify, basati su tecnologie di artificial intelligence quali machine learning (il campo di studio che dà ai computer l’abilità di apprendere e realizzare un compito senza essere esplicitamente programmati a farlo), deep learning, reti neurali artificiali (che lavorano imitando il funzionamento delle cellule neurali umane) selezionano un’enorme quantità di dati sul comportamento di case d’asta, investitori e performance di artisti, opere e beni da collezione, e sono in grado di sfruttare la collective intelligence dei player che quotidianamente operano, perdono o guadagnano allo scopo di individuare quegli asset che non solo aumentino il loro valore nel tempo, ma che continuino a rimanere vendibili.
“La nostra intelligenza artificiale ci consente di far emergere la futura rivendibilità di opere d’arte, di auto d’epoca, di vini pregiati o di qualsiasi asset, purché ci siano dati disponibili per un approccio quantitativo, consentendo, nel presente, di compiere i corretti investimenti” spiega Malfanti.
“La conoscenza del reale futuro valore di un bene ci consente di ribaltare l’approccio del collezionista (trasformare denaro in beni da collezione) e di stabilire se e quanto investire in un ambiente competitivo in cui non siamo gli unici acquirenti, trasformando sistematicamente i beni da collezione in nuovo capitale” conclude Magagnini.