In Corea ci sono molte aziende italiane che lavorano per la riuscita dell’evento. Fornendo attrezzatura e tecnologia che funziona alla grande: restando invisibile
Finiti i Giochi di Londra nel 2012 il Governo britannico, non il Comitato Olimpico, organizzò un volo charter e portò subito a Rio le aziende del paese che avevano lavorato con e per le Olimpiadi. Non era una gita premio, al contrario era un viaggio di affari.
Noi invece siamo rimasti impigliati nelle polemiche tra giunta Raggi, colpevole di chiusura oltranzista e di mancata conoscenza della materia per come si è evoluta negli ultimi anni, e CONI, colpevole di un racconto troppo verticistico mentre lo sport oggi è organizzato proprio come la rete esaltata dai 5 Stelle: basti dire che per ogni grande evento si muovono migliaia di volontari, ma noi ancora non siamo riusciti a capire che i Giochi Olimpici sono un gran business.
Così invece che partecipare come una squadra davvero rappresentativa del Paese dobbiamo censire iniziative singole, eccellenze che altri invece riconoscono subito, e scopriamo in ritardo quanto made in Italy c’è  sempre in un evento come i Giochi.
Ogni città olimpica si trasforma per due mesi abbondanti, perché dopo i Giochi ci sono pure le Paralimpiadi, in un luccicante ombelico del mondo dove le vetrine sono le case di ogni Paese. Casa Italia a PyeongChang è un gioiello, i tecnici del CONI hanno rivestito un già elegante golf club e lo hanno trasformato in Prospectum: una galleria del meglio del design che si richiama alla storia di chi appunto grazie alla prospettiva cambiò il modo di vedere il mondo. Gli Azzurri potranno slalomeggiare tra sgabelli firmati Riva 1920, divani Pack, e questo sarà lo scenario anche del tradizionale incontro di Assosport.
Made in Italy in pista
Ma il made in Italy più coerente con l’evento è quello che si vede in pista. Si vede il D-air Ski, l’airbag per discesisti di Dainese: un prodotto che ormai ha 3 anni sulla neve, e molti di più sui circuiti del motomondiale dove è nato, che sarà indossato da una ventina di sciatori e che può diventare oggi un sussidio persino per le persone più anziane che possono proteggersi così da cadute rovinose per loro (e non solo sui campi di gara). Dunque vedremo sedici anni di ricerche che hanno fatto meritare a Dainese pure le attenzioni della NASA per questo capo di abbigliamento intelligente: il D-air protegge chi lo indossa in modo discreto, anche e soprattutto quando l’indossatore non può controllare la situazione. Curioso che a Vicenza, quartier generale di Dainese, siano partiti dalle moto per arrivare allo sci, e poi allo spazio.
In provincia di Bergamo hanno fatto il percorso inverso: il Motomondiale sta valutando per i suoi circuiti i materiali utili alla protezione dei piloti a bordo pista. Nelle gare di sci i prodotti di Liski li vedremo benissimo ma non ci faremo caso, e sarà proprio questa la misura del loro successo. A Brembate lavorano sulla neve da una cinquantina di anni. La svolta a Torino 2006: da allora sono i fornitori di quanto serve per le gare olimpiche. Non solo i paletti come il Chrono, risultato di una collaborazione col tecnico azzurro Ravetto, che ha trasformato i paletti in suoi assistenti che sui percorsi di allenamenti e gare registrano ogni passaggio, ma anche la rete di protezione a bordo pista e i gonfiabili in zona arrivo vengono dalla azienda che ha un nome particolare. Si richiama sia agli sci che all’impegno di far filare tutto liscio.
Neve italiana per le discese coreane
Infine, in questo primo viaggio alla scoperta di bandiere tricolori nascoste per discrezione, ma ben presenti a chi ha scelto il made in Italy per le gare più importanti, arriviamo a svelare i meriti della TechnoAlpin di Bolzano. Normale che in una regione come il Trentino Alto Adige ci siano tecnici che sanno trattare, e persino realizzare la neve: come i ricercatori di Nevexn che non ha un nome singolare, ma dichiara semmai l’ambizione di regalare agli appassionati quel sogno sempre più difficile da trovare che è la neve perenne. La startup inglobata nel Polo Meccatronica di Rovereto punta a realizzare neve, sostenibile, anche in condizioni climatiche particolari con la temperatura sopra lo zero.
Una sfida completamente diversa, viste le temperature in Corea, la devono affrontare i team di TecnoAlpin al lavoro da più di un anno per garantire il giusto ambiente ad almeno 25 gare. Hanno installato 250 generatori per garantire la miglior qualità della neve e magari hanno dovuto usare pure una cautela aggiuntiva trovandosi in Corea: era lecito e sensato parlare di cannoni sparaneve o si è preferito usare altri termini?