Il programma dell’incubatore danese guidato da Peter Torstensen, ha ammesso tre startup italiane. Le abbiamo sentite per farci raccontare perchè hanno scelto il Nord
La strada per il successo? Potrebbe passare da Nord. Chiedetelo a Francesco Lentini, CFO di Gameotic, startup italiana attiva in ambito videoludico. Che boccia senza appello il Belpaese. “C’è un’insufficienza globale dell’ecosistema italiano, almeno per quanto riguarda progetti come il nostro”. Così Leosini e la sua azienda, dopo gli inizi da noi, sono volati in Danimarca.
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Lì hanno risposto alla call di Accelerace, incubatore danese guidato da Peter Torstensen, uno dei guru mondiali nell’ambito dell’innovazione. “Qui è molto più facile trovare un seed di 200mila euro anche per realtà early stage come la nostra – racconta Lentini – Tentativi in Italia? Ne abbiamo fatti, certo. Senza esito. Così abbiamo cominciato a cercare informazioni, e ci siamo resi conto che in nord Europa potrebbe essere molto più facile. E pensare che la popolazione della Danimarca è meno di un decimo di quella italiana”. Gameotic, che è rientrata tra le 22 startup ammesse al programma nei giorni scorsi, sarà seguita da una serie di mentor e incontrerà gli investitori locali. Che sembrano più attenti alle novità, e inclini a sperimentare.
La terapia? Diventa un gioco con Tommi, progetto italiano
“C’è più propensione al rischio, infrastrutture migliori e meno burocrazia” conferma Valentino Megale, CEO di Softcare Studios, startup italiana nata a fine 2016 che ha già seguito due programmi di accelerazione: uno in Germania, l’altro a Houston, al Texas Medical Center. Il terzo, intrapreso da poco, sarà proprio in Danimarca, e sempre con Accelerace.
Softcare Studios ha sviluppato Tommi, un ambiente immersivo di realtà virtuale pensato per ridurre gli stati di ansia e i livelli di stress nei pazienti di pediatria oncologica (leggi il nostro articolo)
Disegnato in collaborazione con un’equipe di medici, psicologi e scienziati (lo stesso Megale ha un dottorato in neurofarmacologia), il progetto consentirà – tra l’altro – di testare le capacità mnenmoniche, fisiche e cognitive senza che il piccolo paziente se ne renda conto, migliorando, quindi, l’esperienza della terapia.
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Perché l’estero? “Negli Usa l’utilizzo delle nuove tecnologie nel campo della digital health, che si tratti di stampa 3D o di blockchain applicata, è la regola – afferma l’imprenditore, che è alla guida del gruppo composto da 5 co-founder. E propone una riflessione interessante. “Qui in America si ragiona in questo modo: dato che il mercato per i big è molto competitivo e non concede margini di errore, si lascia che le innovazioni vengano dalle piccole startup”. Se poi hanno un risvolto sociale, metterle alla prova diventa un dovere.