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L’ultima versione è sempre la migliore di sempre. Guida pratica alla smitizzazione della retorica di Silicon Valley
Nel romanzo di Jarett Kobek Io odio Internet – un libro molto divertente che vi consiglio – l’autore utilizza spesso, in maniera ripetitiva alcune frasi celebri del marketing della Silicon Valley. Una di queste è: iPad ha cambiato tutto. L’intento è ridicolizzare una certa retorica digitale e la sua pretesa di sintetizzare in uno slogan un cambiamento non sempre così evidente. Una simile narrazione coinvolge un po’ tutti: dai capitalisti di ventura agli uffici marketing, dai media tecnologici ai semplici appassionati.
Tutto trama per ridurre alla maggior sintesi possibile il racconto dell’innovazione in un formato che assomigli al trionfo. Siamo ormai abituati a questi superlativi assoluti in eterno cambiamento. In nessun ambito come quello della trasformazione tecnologica la sintesi e l’esagerazione ci colpisce in maniera tanto rapida ed efficace.
Potremmo addirittura identificare i vari periodi digitali, identificandoli con una parola in grado di descriverli. Si tratterà spesso di parole che abbiamo preferito dimenticare, pur di non essere costretti a riconoscerne la parzialità, l’inesattezza e l’esagerazione.
All’inizio del secolo c’erano i blog. Poi è stato il tempo del web 2.0, poi la sharing economy di Uber e Airbnb. Negli ultimi tempi, dopo un veloce innamoramento per l’Intelligenza Artificiale e gli algoritmi, la parola d’ordine per chi desidera cavalcare in maniera utile l’innovazione, è certamente blockchain: termine esoterico che potremo applicare a quasi tutto, dalla finanza al giornalismo.
Dovessi fare una previsione direi che la prossima parola chiave dell’innovazione spiegata al popolo sarà con ogni probabilità 5G. Il 5G –direbbe Kobek – ha cambiato tutto.