Gli amanti del lusso sono da sempre i clienti più ambiti per brand e retailer dell’industria del lusso. Pensiamo per esempio al solo fatto che negli Stati Uniti, il 10% dei cosiddetti top earners (quelli che guadagnano dai 120 mila dollari in su ogni anno) rappresentato circa la metà dei consumi nell’intero Paese.
Le preferenze di questa coorte demografica per i pagamenti online ed in generale per l’eCommerce ha imposto anche e soprattutto ai grandi brand un ripensamento radicale dei processi attraverso cui ingaggiano il cliente stesso, in una customer experience che, su tutti i canali, deve comunque essere in grado di rimanere distintiva e ingaggiante.
1. Sul fashion di lusso girano tantissimi soldi
Business Intelligence ha recentemente pubblicato un’analisi sulle abitudini e le preferenze dei potenziali clienti ideali in target per i brand del lusso online. Si è stimato che entro l’anno, questi spenderanno il 7% in più proprio nel fashion, nel travel e per cenare fuori. Complessivamente si parla di un transato di 37,8 miliardi di dollari in più nel 2016 rispetto all’anno precedente. Ciò in controtendenza rispetto al consumatore “medio” i cui consumi invece sono previsti in calo dell’1%.
2. I Millennials sono brand oriented
In particolare nel settore del luxury fashion online andranno per la maggiore accessori e borse, in entrambi i casi privilegiando l’artigianalità, la ricercatezza e l’unicità. La tendenza sembra essere quella per cui i Millennials, i più difficili da conquistare e fidelizzare, sono meno brand oriented rispetto alla generazione precedente. Le ricerche sui dati e le abitudini di consumo testimoniano infatti come questo segmento generazionale sia più sensibile ai temi della convenienza e dell’esperienza utente anche in termini di velocità e semplicità nell’acquisto attraverso i canali online e mobile.
3. Il mercato si è aperto
Molto interessante anche il contrasto di valori tra il digitale, percepito dai Millennials per definizione come aperto e accessibile ed il lusso in sé, sinonimo tradizionalmente di inaccessibilità. L’intero settore dunque sarà non solo “costretto” a fare i conti con un’ondata di maggiore sensibilità al prezzo ma anche ad innovare sotto la spinta competitiva dei retailer da un lato (Amazon tra tutti), e delle startup che impongono nuove modalità di consumo (pensiamo alla sharing economy cavalcata Drexcode, ad esempio).
4. L’user experience diventa customer experience
Una difficoltà, ma anche un’opportunità per i grandi nomi dell’industria del lusso che può cogliere l’occasione per rivedere interamente i processi e avvicinarsi ad una maggiore conoscenza e possibilità di soddisfare i bisogni dei propri clienti. La customer experience che i brand stessi sapranno assicurare può rappresentare il trade union e la chiave di volta per ingaggiare, conquistare e fidelizzare il cliente finale: sempre più a distinguere sarà l’esperienza e non il prodotto.
5. Bisogna fare tanto marketing (e storytelling)
Anche per questo è necessario che i brand del lusso investano di più su comunicazione, innovazione e digitale. Al momento infatti, secondo quanto riportato da Business Intelligence, il settore sta over-allocando budget sui media tradizionali, carta stampata soprattutto, con un ritorno sull’investimento non sempre soddisfacente. I 7 principali luxury brands negli Stati Uniti hanno complessivamente speso 133 milioni lo scorso anno in pubblicità, il 57% dei quali tutti su carta stampata ciò nonostante i tassi di recall si stiano dimostrando più alti nelle digital ads.
Emanuela Perinetti
@manuperinetti